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14.12.2024

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Hanno scritto… hanno detto…
31 Gennaio 2014

Hanno scritto… hanno detto…

Il Timone n. 116 – anno 2012 –

«Molti sacerdoti consacrano l’eucaristia nel contesto di un linguaggio narrativo, senza porre quello stacco rituale, che immette nel diverso modo di pronunziare le parole del Signore, a carattere performativo. Debole o inesistente è l’inchinarsi e il pronunziare “con somma pietà” le parole dell’Istituzione. Ciò produce nei fedeli l’impressione di un semplice racconto, senza percepire il Mistero che, qui ed ora, si realizza nell’evento sacramentale. L’elevazione delle sacre specie, solo indicata, ma non descritta dalle rubriche, viene compiuta in modo insufficiente, inespressivo e talvolta indegno. Un’elevazione veloce, bassa, a una sola mano, quasi impercettibile e subito travolta dal flusso delle parole successive del Canone, distoglie chiunque da un minimo di attenzione orante e sembra invocarne la sua soppressione. Occorre che le rubriche ne definiscano con precisione le modalità: elevare le Specie con le due mani, fin sopra il capo, sostando nell’esposizione adorante, deponendo con pietà, genuflettendo con dignità ».
(Don Enrico Finotti, Vaticano II. 50 anni dopo, p. 314).

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«Pio XII anticipò e preparò il Concilio Vaticano II, basti pensare, nel suo immenso Magistero, ai documenti sulla riforma liturgica da lui avviata (su tutti l’enciclica Mediator Dei) o all’enciclica Divino afflante Spiritu sullo studio della Sacra Scrittura. L’ultimo Concilio, quindi, non ha fatto che portare a conclusione quello che era stato avviato sotto il Pontificato Pacelliano. Eppure il processo di canonizzazione è stato per decenni rallentato finché, con il riconoscimento unanime delle virtù eroiche del Servo di Dio da parte della Congregazione per le Cause dei Santi l’8 maggio del 2007, ne sono state subito sancite da Papa Ratzinger, con il decreto del 19 dicembre 2009, le virtù eroiche».
(Giuseppe Brienza, Il magistero di Pio XII e l’ordine sociale, pp. 14-15).

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«La santità è riservata ai virtuosi e ai perfetti? I poveri, i feriti di ogni tipo, i peccatori possono pensare, con le loro lacerazioni e perfino attraverso le loro cadute, di aspirare alla santità? Se è vera questa parola di Gesù: “Ai poveri è annunciata la Buona Novella”, allora la santità deve essere offerta e accessibile a chi è più ferito e bisognoso. Non bisogna mai confondere la santità con la realizzazione della perfezione morale attraverso le virtù naturali. Ogni persona, per quanto povera e ferita, può aspirare alla santità a partire dalla sua situazione reale, fosse pure la più estrema dal punto di vista psicologico o morale».
(André Daigneault, La via dell’imperfezione. La santità dei poveri, p. 11).

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«Troppo spesso ci dimentichiamo che abbiamo a che fare col principe di questo mondo, con satana. È vero che Dio ha già vinto. Infatti, la nostra scelta non è tra due forze contrapposte, ma tra l’eterna e infinita onnipotenza del Bene e il vuoto del male. Ma dobbiamo ricordarci che siamo in esilio su questa terra e il demonio continua la sua battaglia. La vera posta in gioco è la salvezza. Oggi possiamo affermare non solo che siamo tutti chiamati alla santità, ma anche al martirio; forse non quello “rosso”, ma sicuramente a quello “bianco”. La forza del male si scaglia con inaudita cattiveria contro la Chiesa, contro i suoi ministri, contro il popolo di Dio e contro ogni persona. Non dobbiamo sottovalutarlo e non dobbiamo perdere l’orientamento di fondo. Non dobbiamo dimenticare che l’angelo di luce continua a girare intorno a noi cercando il momento giusto per farci crollare ».
(Chiara Amirante, con la collaborazione di Davide Banzato, Nuovi evangelizzatori. Centri di evangelizzazione: una esperienza, una proposta, p. 30).

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«Oggi molti dicono: in tutte le religioni c’è del buono. O addirittura: tutte le religioni sono uguali; sicché ognuno può scegliere quella che gli va bene come può scegliere il colore della sua cravatta o il luogo della sua villeggiatura. Credo che si possa anche dire così, purché però si capisca bene che in questo discorso il cristianesimo non c’entra niente. Perché il cristianesimo, a differenza di tutte le altre visioni religiose o filosofiche o etiche, è prima di tutto un avvenimento: l’avvenimento del Figlio di Dio che si fa uomo, muore in croce, risorge; e ci coinvolge, se ci lasciamo coinvolgere, in questa vicenda di morte, di risurrezione, di una vita destinata a diventare una “vita eterna”».
(Giacomo Biffi, L’ABC della fede. Proposta sintetica per l’Anno della fede, p. 9).


IL TIMONE N. 116 – ANNO XIV – Settembre/Ottobre 2012 – pag. 34

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