Il 13 luglio del 1953, cinquant’anni fa si spegneva Hilaire Belloc, uno scrittore purtroppo ancora poco conosciuto in Italia e che fu definito più versatile e brillante del cattolicesimo inglese”.
Fu discepolo del Cardinal Newman, di cui ereditò la trasparenza dello spirito e la chiarezza della prosa.
Fu giornalista, saggista, storico, apologeta a anche politico, venendo eletto due volte al Parlamento di Londra. L’essenza della vita e dell’attività di quest’uomo è riassunta nelle parole di un suo amico, a scrittore nonché uno dei protagonisti della rinascita cattolica inglese del ‘900, Monsignor Ronald Knox: “La lotta era il suo destino, e non l’amava…”
Questo straordinario personaggio, che per lunghi anni condivise con il celebre Gilbert Keit Chesterton amicizia, fatiche, battaglie, gioie, delusioni e soprattutto la passione per il cristianesimo, e che diede alla cultura inglese ed europea del XX secolo un notevole contributo, aveva delle radici e delle origini variegate – era nato nel 1870 in Francia da madre inglese e padre francese, a sua volta di madre irlandese – che fecero di lui in primo luogo un Europeo e un cattolico.
L’incontro con Chesterton determinò un rapporto di grande amicizia e collaborazione professionale: Chesterton si rivolse con passione ai miti, alle fiabe, alle leggende, Belloc scrutava a fondo nella storia.
Autore competentissimo di numerosi saggi storici, compose anche molte narrazioni di viaggi: viaggiare fu una delle più grandi passioni della sua vita, una passione vissuta con spirito antico. Non fu mai un semplice turista curioso o un esploratore avido di emozioni o un girovago in cerca di esperienze, ma fu un vero e proprio pellegrino, che affrontò le strade del mondo cercando di incontrarsi e confrontarsi con l’umano e con il divino.
Percorse i paesi che descrive nei suoi libri in gran parte a piedi, viaggiando come facevano i pellegrini del Medioevo, fermandosi alle locande, parlando con le persone in cui si imbatteva per strada, senza aver fretta, osservando a fondo la realtà che poi descriveva nei libri con la precisione che può avere solo chi di un paese ha assaporato ogni colore, ogni ora del giorno, godendone la bellezza e assaporandone la polvere.
Il succo del suo impegno di narratore, di saggista, di apologeta, fu la lotta all’idolatria. “Quando gli uomini abbandonano l’adorazione di Dio e dei Santi – scrisse nel suo Saggio sull’indole dell’Inghilterra contemporanea – si volgono all’adorazione di se stessi”. Il distogliere lo sguardo da Dio per Belloc conduceva inevitabilmente agli idoli, dal proprio ego fino alle nazioni, dalla cultura alla politica, passando dall’economia. Belloc denunciò gli esiti nefasti dell’idolatria del potere e del denaro in una delle sue opere più significative: Lo Stato servile, un’opera profetica del 1912 in cui si denuncia il ritorno della schiavitù nella modernità, anche se sotto forme più subdole di quelle dell’antichità. Per porre rimedio a questa perdita di una “mente libera”, come scriveva, e all’oblio spirituale che ne consegue, Belloc si impegnò fondando negli anni ’20 con Chesterton il Distributismo, un movimento politico e culturale che si ispirava, con grande entusiasmo e creatività, alla dottrina sociale della Chiesa.
Un’altra delle sue opere fondamentali fu Europe and The Faith, l’Europa e la Fede, del 1920: un libro capace di comprendere ciò che veramente cercano gli uomini nella storia, cioè una traccia, un significato, un perché. L’interpretazione di Belloc della storia europea è una salda sintesi unitaria e spirituale delle vicende di duemila anni di Europa, tesa a interpretarle e a spiegarle, non secondo una propria soggettiva visione, ma secondo una coscienza. Belloc parla di “coscienza” cattolica della storia, non di “punto di vista cattolico” sulla storia. Ciò vaIe in particolare per la storia europea, poiché il cattolico guarda l’Europa dall’interno, e non può esistere un punto di vista cattolico della storia europea così come una persona non può avere un punto di vista su se stessa. “L’uomo sente in sé la coscienza che è voce di Dio. Per essa non solo viene a conoscere che il mondo esterno è reale, ma che è pure reale la sua personalità”. Così è della grande storia dell’Europa e di coloro che hanno la Fede.
Per Belloc non ci sono dubbi: “La Fede è l’Europa e l’Europa la Fede”.
IL TIMONE N. 26 – ANNO V – Luglio/Agosto 2003 – pag. 63