sabato 20 aprile 2024
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di AA. VV.
il Timone N. 171 di Marzo 2018

Humanae vitae, la pietra d’inciampo

L’enciclica del beato Papa Paolo VI del 25 luglio 1968 scaturì da un lato dal clima di allarme creatosi in quegli anni per la temuta sovrappopolazione del pianeta, dall’altra dall’avvento nel 1957 della pillola contraccettiva, di facile impiego, efficace, capace di annullare cronicamente la fertilità della donna fintanto che veniva assunta. Si trattava dunque di verificare se le mutate circostanze e questo nuovo strumento contraccettivo rendessero ancora valida la proibizione della contraccezione insegnata nella Chiesa sin dagli albori e ribadita dal Magistero dei tre Papi precedenti.

Dopo la sua pubblicazione si scatenò un dissenso intra ecclesiale improvviso e violento. «Per quanto io possa ricordare, mai nella storia della Chiesa la solenne proclamazione di un papa è stata ricevuta da un gruppo di cattolici con tanta mancanza di rispetto e tanto disprezzo», commenterà il cardinale Shehan, arcivescovo di Baltimora.

Dopo cinquant’anni dalla sua pubblicazione, la rilettura di Humanae vitae, cui deve far seguito un «cambio di paradigma», sarebbe attuata alla luce di Amoris laetitia. Questo ci consegnano le cronache. Ma dire che l’antinomia «pillola sì – pillola no», così come quella relativa a «comunione ai divorziati sì – comunione ai divorziati no», è soltanto «un gioco polemico» non comporta che lo siano anche tutte le grandi questioni morali, a partire dall’aborto, e così pure quelle di fede, come l’idea stessa di peccato?

Humanae vitae è un insegnamento immutabile? Perché la Chiesa dice no alla contraccezione? Quale era il cuore di questa enciclica? A queste domande risponde il dossier del Timone n. 172, con contributi di Aldo Maria Valli, Renzo Puccetti, Giorgio Carbone e Tommaso Scandroglio

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