Molto raramente “sociologia” fa rima con “apologetica” e ciò – evidentemente non per motivi linguistici, ma di metodo.
Tuttavia, recentemente, proprio colui che è considerato il maggior sociologo delle religioni vivente, nell’ambito di un suo ampio e articolato studio sul monoteismo, pur nel rigore dell’approccio value free (cioè, privo di giudizi di valore) che caratterizza la sociologia coltivata negli ambienti accademici, ha permesso a chi si vuole occupare di apologetica di attingere a piene mani dai dati nudi e crudi elaborati in sede scientifica, sfatando alcune “leggende nere” che riguardano talune vicende della storia della Chiesa cattolica. Leggende che circolano ancora in maniera massiccia nella vulgata comune e di cui si trovano ampie tracce sia nella saggistica storica che nella letteratura divulgativa.
Rodney Stark – ordinario di Sociologia delle religioni all’Università di Washington e padre (con altri) della teoria dell’economia religiosa, che da qualche anno nell’ambiente accademico prevale rispetto alla teoria della secolarizzazione come chiave per comprendere dal punto di vista sociologico la situazione della religione in Occidente – è infatti l’autore del volume in lingua inglese (ma di cui auspichiamo la traduzione italiana, pur con qualche debita precisazione su cui ci soffermiamo di seguito) For the Glory of God. How Monotheism Led to Reformation, Science, Witch-Hunts, and the End of Slavery (Princeton University Press, Princeton 2003).
Nel nostro Paese, l’attenzione sull’opera di Stark è stata richiamata dal collega Massimo Introvigne – che con il sociologo americano è autore di un volume di prossima pubblicazione: Dio è tornato. La rivincita di Dio in Occidente, Piemme, Casale Monferrato 2003 – attraverso un’ampia e articolata recensione, disponibile per la consultazione sul sito del CESNUR, di cui Introvigne è direttore:
http://www.cesnur.org/2003/mi_stark.htm.
In Far the Glory of God, Rodney Stark prende in esame in particolare quattro vicende della storia del cristianesimo in Occidente ritenute in qualche modo problematiche: le eresie medioevali e la Riforma, la nascita della scienza, la caccia alle streghe e la schiavitù.
Particolarmente interessanti si rivelano le pagine sulla caccia alle streghe, una questione storiografica che costituisce un capitolo significativo dell’ampia “leggenda nera” di origine illuministico-massonico-marxista relativa all’Inquisizione (meglio sarebbe dire Inquisizioni, al plurale), tema a cui il Timone ha dedicato un dossier (cfr. il Timone, anno V-n. 23, gennaio/febbraio 2003, pp. 31-42), a cui chi scrive rimanda il lettore giustamente desideroso di inquadrare la problematica che affronteremo nel più ampio contesto storico in cui si colloca.
L’autore dichiara di accostarsi alla questione esaminando prima di tutto la letteratura storica, ma dedicando pure attenzione ai testi di carattere divulgativo e notando che, fortunatamente, le opere più recenti hanno ridimensionato la stima relativa addirittura a nove milioni di vittime – che peraltro compare ancora in alcune opere di carattere meno scientifico – quale risultato di una lotta sommaria alle streghe e riducendola a una più realistica cifra di circa 60.000. Ciò, naturalmente, non toglie nulla ai drammi individuali di chi ha rappresentato un’unità delle circa 60.000 vittime, ma mostra comunque con quanta disinvoltura i fautori della “leggenda nera” hanno spacciato dati tanto stratosferici quanto irreali.
Se è vero che le scienze sociali della religione insistono sulla coesistenza nel tempo dell’esperienza magica propria della stregoneria – con quella religiosa, è altrettanto vero che, secondo la distinzione tipica introdotta dal fenomeno lago delle religioni rumeno Mircea Eliade (1907-1986), la magia si distingue dalla religione in quanto l’esperienza magica più che un’esperienza del divino o del sacro (ierofania) è un’esperienza del potere (cratofania), dove l’uomo manipola il sacro e lo mette al proprio servizio. Se dunque l’uomo religioso invoca l’intercessione di Dio, il mago e la strega pensano di manipolare forze soprannaturali o preternaturali. È in questo senso che la Chiesa cattolica già a partire dalla Didachè (il più antico manuale conosciuto per l’insegnamento cristiano) – e, ancor prima, dall’Antico Testamento – da sempre condanna l’esperienza magica, la negromanzia, i sortilegi e la stregoneria come pratiche superstiziose.
Dunque, è di fatto un luogo comune appartenente appunto alla “leggenda nera” l’idea per cui all’Inquisizione sia da collegare automaticamente la caccia alle streghe.
Infatti da sempre per il Magistero cattolico la magia è in primis configurabile come superstizione e per tale peccato, come per gli altri peccati, risultano competenti vescovi e sacerdoti confessori. L’Inquisizione se ne occupava nella sua attività ordinaria soltanto se le pratiche magiche lasciavano trapelare qualche sospetto di eresia. Abbiamo evidenza dai documenti pontifici che i Papi raccomandarono sempre agl’inquisitori d’intervenire in relazione alla stregoneria limitatamente ai casi in cui vi fossero presenti elementi tali , da far supporre il sacrilegio o l’idolatria, ovvero quando alla superstizione si aggiungeva, di fatto, l’eresia.
Come riferisce Stark, fra il XIV e il XVI secolo in Spagna il tasso degl’imputati di stregoneria corrisponde allo 0,2 per milione di abitanti ed è il più basso d’Europa. Ciò, evidentemente, a dispetto di quanti, sedicenti storici, nel corso dei secoli hanno diffamato la “famigerata” e “sanguinaria” Inquisizione spagnola, che in realtà ebbe la funzione di impedire la caccia alle streghe, reprimendo duramente non le streghe ma i loro aspiranti cacciatori. Non stupisce pertanto se si nota che nelle Fiandre la caccia alle streghe cessò proprio con l’avvento dell’occupazione spagnola.
La situazione evidenziata dal sociologo relativamente alla Spagna trova conferma anche nel dato riferito all’Italia, dove nello stesso periodo si possono contare 14,4 imputati di stregoneria per milione di abitanti. Altre zone tuttavia, presentano dati meno confortevoli: in aree di lingua tedesca come la Svizzera si contano 376,9 imputati per milione di abitanti, mentre nell’area di Norimberga il tasso sale addirittura a 956,5.
L’ampia divergenza fra le stime che si riferiscono a zone geografiche contigue, nel medesimo periodo storico, non è da ricercarsi nella maggiore o minore diffusione della magia popolare, che appare ben presente sia in Italia che in Svizzera (d’altra parte è nota l’espansione dell’occultismo e del pensiero magico nel tardo Medioevo e nel Rinascimento). Piuttosto, se si vuole trovare una differenza fra l’Italia e la Svizzera (o l’area di Norimberga) si deve notare sia la debolezza dell’autorità centrale, politica e religiosa, sia la presenza di conflitti armati e di anarchia politica e, in seguito, soprattutto nelle zone di lingua tedesca, di un forte conflitto tra cattolici e protestanti.
Alla luce di questi dati il sociologo ritiene che la caccia alle streghe nasca dalla concomitanza di tre fattori: (1) la pratica diffusa della magia e la sua interpretazione demonologica da parte della teologia che, a partire dal Medioevo, ricercando il perché occasionalmente la magia “funzioni” ritiene logico ipotizzare l’intervento del Demonio; (2) una situazione di conflitto religioso quale i ripetuti scontri fra cattolici e protestanti nel XVI secolo – che rende più difficile tollerare le espressioni di dissenso; (3) la debolezza dell’autorità centrale che non riesce a opporsi con successo alle proposte locali di perseguire le streghe.
Rodney Stark non è certo un apologeta e il suo scopo dichiarato è quello di studiare le conseguenze sociologiche del monoteismo (e non di scrivere una “controstoria”). Tuttavia la sua lucida analisi ci consente – una volta in più – di confutare una” leggenda nera”: quella della caccia alle streghe, a cui le autorità della Chiesa cattolica certamente si opposero e che altrettanto certamente non favorirono e addirittura impedirono, proprio nel momento in cui dilagava in Europa a livello popolare e locale una fobia antistregonica, legata direttamente alla diffusione dell’occultismo e poi alla psicosi del demoniaco introdotta dalla Riforma protestante, i cui eredi – sulla scia di Martin Lutero (1483-1546) e di Giovanni Calvino (1509-1564), di cui è nota una certa ossessione per il demoniaco – si resero attori di una caccia alle streghe che passa spesso sotto silenzio, ma di cui alcuni eventi storici – a partire dalla vicenda delle “streghe” di Salem (Massachusetts, 1692), che ha ispirato molta letteratura horror danno testimonianza.
Dunque, nessuna persecuzione dei cattolici contro una religione pagana clandestina, secondo un’idea notevolmente diffusa negli ambienti del revival neopagano contemporaneo; nessuna prepotenza patriarcale e maschilista contro le donne, dato che molti dei condannati erano uomini; nessun desiderio di impadronirsi dei beni degli accusati, che spesso erano poveri e neppure alcun fanatismo del clero, dato che le campagne contro la stregoneria nascevano molto spesso da iniziative popolari: la verità storica dimostra che le autorità ecclesiastiche si opposero alla caccia alle streghe e il loro successo fu tanto più evidente dove il loro potere, unitamente a quello dell’autorità politica, era più forte, come dimostra l’eloquente caso della Spagna.
Le conclusioni di Stark – e ciò rappresenta il vero pregio e la forza “apologetica” intrinseca, peraltro non intenzionale, del suo volume – appaiono credibili anche per chi analizza le vicende storiche da una prospettiva diversa rispetto a quella cattolica, per il fatto stesso che l’autore rimarca di non essere mai stato cattolico e precisa di non voler in alcun modo far proprio il metodo dell’apologetica, ma unicamente quello dell’analisi sociologica. Al contrario, e a conferma di ciò, lo stesso volume talora contiene affermazioni non in linea con l’ortodossia cattolica (Stark ritiene, per esempio, valida la successione della Chiesa anglicana) che, se dal punto di vista della fede cattolica “macchiano” purtroppo il testo di qualche errore dottrinale, da un’altra prospettiva rendono l’autore disinteressato e perciò insospettabile e libero da qualunque accusa di faziosità, rendendo ancora più inoppugnabili i suoi dati.