I laicisti all’attacco negano il diritto allo studio. Ma i cattolici hanno ragione: giusta la parità tra scuola statale e privata. Entrambe un pubblico servizio.
E una battaglia importante, senza esclusione di colpi, quella che si gioca sulla parità scolastica. Colpi laicisti, ovviamente. Il muro contro muro tra cattolici, da una parte, e chi ha perso anche il buon senso, dall’ altra, sembra inevitabile e difficilmente componibile. Interessi e diritti contrapposti si affrontano, anche se c’è chi sospetta che la questione sia stata appositamente esasperata per poterla archiviare con un nulla di fatto. Archiviarla tra un po’ di tempo, quando le acque si saranno calmate e il buonismo oggi di moda avrà spalmato burro e zucchero sugli animi dei più litigiosi. E, temiamo, come spesso è accaduto, noi cattolici finiremo per accontentarci delle briciole, o di qualche promessa. Le motivazioni sbandierate contro la parità scolastica, quindi contro il finanziamento statale alle scuole private, e contro il diritto alla studio aggiungiamo noi, rivendicati dai cattolici sono essenzialmente quattro: incostituzionalità, mancanza di fondi, necessità di varare prima una riforma complessiva della scuola statale e, da ultimo, la storiella della laicità dello Stato che non deve favorire la Chiesa. Non stanno in piedi, se si ragiona. Ma ragionare è un lusso che possono permettersi in pochi, in quest’epoca che vive di slogans e di pensiero debole.
Veniamo alla prima. Dicono, i laicisti, che la Costituzione proibisce allo Stato di finanziare scuole private. Sentiamola questa Costituzione. Articolo 33: “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”.
Dunque, fare scuole ed educare alunni lo possono far tutti, enti e privati; è un diritto, che un Paese libero deve riconoscere. Ma che non sia lo Stato ad accollarsi gli oneri. Eccola qui la parolina dello scontro: “oneri”.
Se lo Stato non deve assumersi oneri, dice la Costituzione, non deve dare soldi alle scuole private, a suore, preti e laici cattolici che per secoli ne hanno seminate migliaia e migliaia, di ogni ordine e grado, in tutta la Penisola.
Ma chi ha detto che oneri significa denaro, soldi, moneta sonante? “Senza oneri per lo Stato non è un divieto a spendere, ma un obbligo a spendere bene”, spiega Pier Giorgio Liverani, opinionista di Avvenire. E prosegue: “La Costituzione avrebbe detto “senza spese” se avesse voluto escludere qualsiasi finanziamento alla scuola non statale”. Tanto più che la stessa Costituzione vieta qualsiasi discriminazione: sia economica, altrimenti il povero non potrebbe scegliere la scuola che preferisce; sia di opinione”.
Passiamo alla seconda motivazione: mancano i fondi per finanziare la scuola privata a causa della precaria situazione economica italiana.
Dunque soldi, quelli disponibili, mal spesi se destinati alle scuole non statali dicono i laicisti. Perché mai lo Stato italiano, così fortemente impegnato nel risana mento dei conti economici e a legittimare la sua entrata in Europa, dovrebbe investire denaro in scuole che non gli appartengono? O in scuole di uno Stato estero come la Chiesa, ci è capitato di sentire?
Ma per stare in Europa, si potrebbe ribattere, non dovremmo uniformare anche la nostra legislazione a quella degli altri Stati? E allora, perché mai l’Italia è l’unico Paese europeo a non aver ancora reso effettiva la parità scolastica?
Qui, però, il problema riguarda i conti. Non ci sono soldi, anche la più bella volontà di aiutare la scuola privata non si può realizzare. Attenti, cattolici! Queste sono scuse. Nella scuola statale uno studente costa in media 7,5 milioni all’ anno e li paghiamo con le tasse di tutti. Nella scuola privata costa in media solo 4,5 milioni. Vuoi vedere che allo Stato italiano converrebbe molto di più sostenere uno studente delle private che non uno delle statali?
La terza motivazione: bisogna varare prima una riforma della scuola statale, poi si penserà alle private, tuonano i laicisti.
Ribattiamo. E se per il risanamento, con la rapidità che caratterizza le decisioni dei politici nostrani, occorressero trent’anni? Che cosa fanno le private, muoiono di vecchiaia? E ancora: la questione della effettiva parità tra scuola statale e privata non è essa stessa segno di risanamento dell’intero sistema scolastico? E infine: se la riforma della scuola vedrà lo Stato arrogarsi il diritto di scavalcare la famiglia, per formare cittadini modello, omologati al sistema, che cosa accadrà alle scuole private? Dovranno adeguarsi, con le buone o con le cattive? E la persona umana? E la sua dignità? E la sua libertà? Meglio non aspettare improbabili riforme globali da scaltri politici esperti di chiacchiere.
L’ultima motivazione laicista: finanziando le scuole private, lo Stato favorirebbe la Chiesa. Una storiella, ma la bevono in tanti. Si risponde: preti, suore e laici cattolici che istituiscono scuole sono cittadini italiani a pieno titolo, pagano le tasse e obbediscono alle leggi. Non appartengono ad uno Stato estero, sono italiani. Come i loro conterranei non cattolici, hanno il diritto che lo Stato tuteli la loro libertà, rimuova “gli ostacoli di ordine economico e sociale” che possono impedire “il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti” all’ organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Parola di Costituzione, articolo 2.
Discriminare chi desidera essere educato secondo criteri culturali che originano dal patrimonio della propria fede è una palese violazione proprio di quella Costituzione tanta cara ai laicisti. Perché le famiglie povere non possono scegliere di mandare i loro figli in una scuola privata? Stando alla Costituzione, lo Stato non ha forse il dovere di rimuovere ogni ostacolo, fosse anche di carattere economico, se uno studente meritevole vuole studiare in un istituto privato piuttosto che statale?
Il muro contro muro sembra essere tra cattolici e buon senso da una parte e quanti il buon senso lo hanno prepensionato dall’ altra. È una battaglia che noi cattolici dobbiamo condurre a buon termine: ne va della libertà di tutti.
RICORDA
– “La scuola così come oggi è strutturata è stata inventata da S. Giovanni Cola sanzio.”
– “Le università sono nate e si sono diffuse grazie alla Chiesa” .
– “Agli istituti non statali viene destinato lo 0,2 per cento della spesa per l’istruzione che ammonta a 70mila miliardi. E questo nonostante la metà dei bambini delle materne, circa 700mila, frequenti istituti non statali. Inoltre, se ipoteticamente gli istituti non statali chiudessero in contemporanea, lo Stato dovrebbe sobbarcarsi un aggravio di spesa di 7500 miliardi, esclusi i fondi che sarebbero necessari per l’edilizia scolastica”.
(Mario Mauro su “Avvenire” del 5.12.98)
– “Le scuole di iniziativa non statale offrono un servizio il cui costo per alunno, 4.500.00 in media, è sostenuto interamente dalle famiglie (qualche aiuto nella fascia dell’obbligo).
Le scuole di iniziativa statale offrono un servizio il cui costo per alunno, 7.500.000 in media, è coperto interamente dallo Stato (la tassa di frequenza al liceo è di 29.000 lire!), cioè dalle imposte pagate da tutti, anche da chi manda i figli nelle scuole non statali”.
IL TIMONE n. 1 – Anno I – Maggio/Giugno 1999 – pag. 3 – 4
Riceverai direttamente a casa tua il Timone
Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone
© Copyright 2017 – I diritti delle immagini e dei testi sono riservati. È espressamente vietata la loro riproduzione con qualsiasi mezzo e l’adattamento totale o parziale.
Realizzazione siti web e Web Marketing: Netycom Srl