15.12.2024

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I ‘cinque sassi’ di Davide
31 Gennaio 2014

I ‘cinque sassi’ di Davide

 


«Saul rivestì Davide della sua armatura, gli mise in capo un elmo di bronzo e lo rivestì della corazza. Poi Davide cinse la spada di lui sopra l’armatura e cercò invano di camminare, perché non aveva mai provato. Allora Davide disse a Saul: “Non posso camminare con tutto questo, perché non sono abituato”. E Davide se ne liberò. Poi prese in mano il suo bastone, si scelse cinque ciottoli lisci dal torrente e li pose nella sua sacca da pastore, nella bisaccia; prese ancora in mano la fionda e si avvicinò al Filisteo» (1 Sam 17,38-40).

Davide compare per la prima volta nella Bibbia dopo il peccato di superbia di Saul come il sostituto scelto da Dio e consacrato mediante l’unzione del profeta Samuele (1 Sam 16,3). Il primo fatto d’armi che lo vede protagonista e vincitore è esemplare: una singolar tenzone con un guerriero feroce, gigantesco e blasfemo. Golia si presenta con supponenza e sicurezza di sé, che gli vengono dalla sua forza e dalle sue armi; Davide al contrario appare come piccolo – anche se di bell’aspetto (v. 42) – ancora troppo giovane per quell’impresa, ma animato da una fede semplice e serena. Rifiuta, dopo averla provata, l’armatura che il re Saul gli mette addosso, perché la trova di intralcio e preferisce ricorrere a quell’arma semplice a cui è abituato: la fionda.
I Padri della Chiesa hanno visto in questo scontro come il paradigma dell’economia cristiana. Davide qui è figura di Cristo e Golia del demonio. Le armi sono da una parte quelle della fede, dall’altra quelle della forza bruta. Il piccolo Davide preferisce rivestirsi dell’«armatura di Dio» e rifiuta per questo di porre la sua fiducia in una armatura soltanto umana, alla quale peraltro non è abituato e di cui la sua prudenza gli fa intuire l’inutilità. «Indossate l’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. Prendete dunque l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno cattivo e restare saldi dopo aver superato tutte le prove. State saldi, dunque: attorno ai fianchi, la verità; indosso, la corazza della giustizia; i piedi, calzati e pronti a propagare il vangelo della pace. Afferrate sempre lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutte le frecce infuocate del Maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio. In ogni occasione, pregate con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, e a questo scopo vegliate con ogni perseveranza e supplica per tutti i santi» (Ef 6,11-18).
Che, in fondo, la sua unica arma sia la fede in Dio lo si capisce dalle sue parole: «Tu vieni a me con la spada, con la lancia e con l’asta. Io vengo a te nel nome del Signore degli eserciti, Dio delle schiere d’Israele, che tu hai sfidato». Che questa fede non sia solo fatta di parole vuote, ma viva ed efficace lo si comprende dal fatto che Davide con essa avanza e il suo avanzare non è sprovveduto e inoperoso – “velleitario” – ma accompagnato da gesti proporzionati allo scopo: «prese in mano il suo bastone, si scelse cinque ciottoli lisci dal torrente e li pose nella sua sacca da pastore, nella bisaccia; prese ancora in mano la fionda e si avvicinò al Filisteo». I Padri non faticano a riconoscere nel bastone da pastore del piccolo Davide una figura della croce e nel sasso scagliato che colpisce mortalmente Golia alla fronte il simbolo di Cristo, la pietra scartata dai costruttori che è divenuta testata d’angolo (cf Mt 21,42). La forza della fede infatti consiste proprio nel fatto che mediante essa è Cristo che vince. Chi ha veramente fede non confida infatti più in sé stesso ma in quell’unico vincitore che ha già sconfitto il nemico sulla croce. «Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino » (Lc 11,21-22).
Perché Davide sceglie proprio cinque «ciottoli lisci» dal torrente? Il testo non ci dà una risposta e – per quanto ne so – non la danno neppure i Padri. Ma credo sia legittimo fare a questo punto un’applicazione, secondo un senso che si chiama tecnicamente “senso accomodatizio”. Esso è sempre stato utilizzato soprattutto dai predicatori. È tanto più legittimo quanto più si inserisce armoniosamente nel senso spirituale che la Chiesa ha già accolto e quanto meno fa sembrare il testo sacro come una semplice “occasione” del suo intervento. I cinque sassi hanno certamente a che fare con la preghiera che è il normale esercizio della speranza che nasce dalla fede. Un’arma formidabile contro il maligno è la Parola di Dio contenuta soprattutto nella Scrittura: essa è infatti «la spada dello Spirito». I sassi, con la loro semplicità disarmante, sono come un digiuno, cioè una rinuncia ad altri mezzi più sofisticati che – data la situazione – sarebbero anche assolutamente legittimi. Rimandano a Cristo che si fa presente in noi mediante il suo perdono (sacramento della penitenza) e sotto le apparenze del pane e del vino consacrati (Eucaristia). Ecco le “cinque” armi semplici e terribili con cui anche noi, piccoli Davide, possiamo sconfiggere la prepotenza del maligno e realizzare così la profezia di san Paolo: «Il Dio della pace schiaccerà ben presto Satana sotto i vostri piedi» (Rm 16,20).

 

 

 

 

 

IL TIMONE  N. 116 – ANNO XIV – Settembre/Ottobre 2012 – pag. 60

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