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11.12.2024

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I corsi di preparazione. Intervista a p. Maurizio Botta
29 Settembre 2014

I corsi di preparazione. Intervista a p. Maurizio Botta

 
 
Spesso sono un vero disastro. A chi intende sposarsi in chiesa bisogna dire che il matrimonio è un Sacramento per discepoli di Cristo: chi sa già che dopo, per esempio, on andrà più a Messa è meglio che lasci stare. E non è tempo perso parlare di castità e della immoralità della contraccezione: c'è chi cambia vita. Intervista a padre Maurizio Botta

Li chiamano “corsi per fidanzati” , o ancora «corsi prematrimoniali» e troppo spesso finiscono per essere una delle tante voci da spuntare nella lista dei preparativi per le nozze. L'obiettivo per molte coppie resta quello di ottenere l'attestato di frequenza da presentare al parroco, eppure quanto sia cruciale questo momento di preparazione lo ha ribadito più volte san Giovanni Paolo Il che nel 1960, quando era ancora cardinale a Cracovia, ai giovani fidanzati diceva: «Attenti a ciò che fate! Tutto ciò non resta solo al livello dell'uomo, non è una questione solo umana. Se è un sacramento, è una cosa divina. Dio qui è chiamato a testimone, e non si può chiamare Dio a testimone invano».
Sulla stessa linea si pone padre Maurizio Botta, giovane e appassionato oratoriano di San Filippo Neri, nonché vicario alla Parrocchia di Santa Maria in Vallicella a Roma che quando gli chiediamo di parlarci dei corsi prematrimoniali subito precisa: «Veramente io preferisco parlare di percorso in preparazione al Sacramento del matrimonio, è il Sacramento che bisogna mettere al centro. Quello della preparazione al matrimonio è un momento importantissimo per una cop­ pia: è carico di attesa ma anche denso di insicurezze, i futuri sposi hanno bisogno di qualcuno che li incoraggi e li conforti perché attorno c'è soltanto la desolazione, sia a livello mediatico che sociale è tutto un remare contro il matrimonio, ecco perché è importante far intravedere subito la grandezza del Sacramento che si apprestano a celebrare».

 
Eppure anche tra i cattolici, ahinoi, a volte si tende a mettere in secondo piano proprio l'aspetto sacramentale del matrimonio …
«Purtroppo è vero, me ne rendo conto proprio durante questi corsi e, anzi, me ne rendo conto anche confrontandomi con coppie già sposate. Quando parlo del Sacramento del matrimonio vedo delle persone che rimangono a bocca aperta, uno stupore così grande che arrivano a dirmi "con questo incontro è cambiato il nostro modo di vivere il matrimonio, come se non fossimo mai stati sposati". Come è possibile? Aveva ragione Benedetto XVI, quando nel 2005, da poco eletto Papa, ad Aosta, rispose a braccio ad una domanda relativa alla questione dei divorziati e risposati dicendo che la mancanza di fede può essere una causa di nullità matrimoniale. Non parlava di fede intesa come sentimento, ma come comprensione autentica di quello che significa il Sacramento».
 
Se però si è persa la dimensione sacramentale del matrimonio, allora forse dovremmo farci delle domande proprio su questi percorsi che forse non vanno in profondità. Come mai?
«Come è facile immaginare, è un panorama a macchia di leopardo: ci sono delle realtà che lavorano molto bene e ci sono dei quadri desolanti. Spesso sento raccontare di percorsi strutturati su pochi incontri organizzati con alcune figure specifiche: lo psicologo, il sessuologo, l'avvocato, il facilitatore di coppia, alle quali magari poi si aggiunge anche un incontro con un taglio vagamente spirituale, ma se il corso si riduce a questo a parer mio non resta molto. lo a chi si vuole sposare dico questo: "il vostro amore, l'amore con cui vi presentate qui, può essere di buona o cattiva qualità, ma questo riguarda voi, io lì non ci entro. lo sono qui per dirvi che cosa lo Spirito Santo vi dona con questo Sacramento rispetto ad un matrimonio pubblico in comune che comunque a livello naturale rappresenta l'amore di un uomo e di una donna che vogliono progettare la loro vita insieme". Ma soprattutto spiego alle coppie che il matrimonio è un Sacramento per discepoli, quindi sposarsi in Chiesa significa voler essere discepoli di Cristo, e lo dico chiaramente: se una persona sa già, nel proprio cuore, che dopo il matrimonio per esempio non andrà più a Messa è meglio che lasci stare. Se una persona invece dice sì, e desidera essere discepolo di Cristo, allora deve sapere che il comandamento è "amatevi come io vi ho amato". È come se nel Sacramento ti venisse affidato il marito, o la moglie con questo comandamento "amalo come lo ho amato io". A questo punto tiro fuori il crocifisso e ribadisco il concetto: "Cristo vi dona lo Spirito per amare così, in croce, in modo irrevocabile e indissolubile, volete amare così? Sappiate che Dio ama un peccatore fino in fondo e non retrocede mai, così dovete fare anche voi".
 
Nel mondo secolarizzato, nella società dell'individualismo e dell'edonismo, è ancora possibile parlare di castità e di apertura alla vita a chi sta per sposarsi?
«Intendiamoci. Se non fossi convinto di quello che dico non lo direi, se non fossi convinto che è il meglio non lo proporrei mai. Parliamo della castità: io non mi immagino due fidanzati che vivono tranquillamente nella castità, come fratello e sorella, e stanno bene; se due stanno troppo bene nella castità evidentemente c'è qualcosa che non va. Piuttosto io mi immagino una battaglia, un'avventura, per alcuni magari con qualche caduta, la confessione che aiuta a rialzarsi, mi immagino una sfida avvincente, che unisce! In questo caso spesso parlo principalmente alle donne perché sono loro che devono "alzare l'asticella": occorre mettere l'uomo alla prova, se ci si concede sempre e totalmente, l'uomo si abituerà a chi si concede sempre e cosa farà quest'uomo se domani un'altra gli si concederà? Saprà dire no? La sciocchezza più diffusa tra le ragazze oggi è quella che fa dire loro "Se io non faccio l'amore con lui, lui mi lascerà"; mi sembra che invece sia vero proprio l'opposto, si arriva spesso al corso prematrimoniale con un sacco di esperienze alle spalle che non mi sembra abbiano garantito longevità nei rapporti».
 
E che cosa dire invece alle coppie che hanno già vissuto l'intimità durante il fidanzamento? O a chi magari convive o ha già dei figli?
«Anche chi convive di fronte al matrimonio si porta dentro una domanda: è davvero questa la persona che Dio mi sta dando? Allora a queste coppie dico questo: "Se non avete vissuto la castità prima della convivenza, regalati la certezza che sia Dio a don arti questa persona. Vuoi avere la prova? Se tu con la preghiera riesci a vivere la castità fino al giorno del matrimonio, allora hai la certezza che è fatta per te, perché il Signore ti mette in grado di vivere con lei o lui una cosa che per il mondo è impossibile". Ed è straordinario vedere come reagiscono a questa proposta, innanzitutto rimangono ad ascoltare attentissimi, perché riconoscono la verità. Poi mi accorgo che ascoltano molto più di quanto noi sacerdoti pensiamo: ad esempio, una volta parlavo con una coppia convinto che loro non avessero accolto il mio invito a vivere la castità prematrimoniale, ed è stata lei a confermarmi ad un certo punto che non solo avevano ascoltato ma che stavano anche sperimentando questa avventura. Ecco, io penso che a volte a noi manca il coraggio di porre certe sfide e di evangelizzare come invece faceva Gesù».
 
Come può far breccia questo discorso in un mondo che dice esattamente l'opposto, in cui il sesso è declinato in tutte le salse, anche con i contraccettivi, e soprattutto è considerato irrinunciabile?
«Credo che occorra sempre tornare alla verità, io in questo forse spiazzo, perché non mi vergogno. Quando una donna fa l'amore, dice all'uomo: "Sono tua completamente, senza difesa", usare il preservativo invece significa mettere una barriera, senza contare che toglie il piacere, basta pensare al momento in cui lo si indossa per capire che è proprio il contrario di un momento intimo e bello. Inoltre, quando la donna è feconda è per lei il momento massimo del desiderio, questa è semplice biologia. Allora io dico ai fidanzati: guardate come Dio ha creato questa meraviglia. Dio ha legato il piacere più grande all'unione tra un uomo e una donna e anche al momento in cui c'è l'apertura alla vita. Metterei un ostacolo non ha nulla di naturale, e nemmeno di bello, negarlo significa dire una bugia. Non faccio altro che partire dalla ragione, glielo spiego in questo modo, e chiunque fa l'amore usando il preservativo o altro sa benissimo che vive quei momenti con uno stato di ansia, e che questo disturba l'unione, quindi si rende immediatamente conto che quello che sto dicendo è vero».
 
Che cosa resta agli sposi alla fine del percorso di preparazione?
«La mia proposta di percorso analizza il rito del matrimonio pezzettino per pezzettino, lo svisceriamo in modo che gli sposi il giorno nelle nozze siano consapevoli di quello che stanno vivendo. Per esempio il crocifisso, non solo ne parlo nel corso, all'omelia lo indico e richiedo: "Allora, siete sicuri? Volete amarvi proprio così?". Questo stesso crocifisso lo ritiro fuori quando la coppia viene a dirmi che c'è la crisi, la difficoltà, io attraverso il crocifisso li riporto a chiedere la grazia del matrimonio, li riporto a quella domanda: ma tu vuoi essere un discepolo di Cristo?».
In sostanza chiede agli sposi se sono pronti a morire per la persona che hanno accanto?
«Il punto centrale è sempre l'identità di Cristo, e io sono schietto: o Cristo è Dio, o Cristo è un matto. Se tu ci credi, e vuoi essere suo discepolo, quando sei in fila per la Comunione, riferendoti al tuo sposo o alla tua sposa devi dire: "Voglio amarlo come lo ami Tu", quindi significa che credi che quello sia il ' corpo di Cristo e allora io ti domando ancora: davvero vuoi amarlo così? Fino a farti mangiare? Questo è il cuore del matrimonio" .•
 
Il Timone – Settembre/ottobre 2014

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