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12.12.2024

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I “discorsi americani” di Benedetto XVI
31 Gennaio 2014

I “discorsi americani” di Benedetto XVI

 

 

Un viaggio storico nella nazione che fino al 1984 non aveva un proprio ambasciatore presso la Santa Sede.
Il terzo Papa che visita gli Stati Uniti, dopo Paolo VI e Giovanni Paolo II, indica come esemplare il modello politico americano. Brevi cenni storici su libertà e religione, Stato e Chiesa in Europa e negli Usa.

Ho provato anch’io a fare il “viaggio americano” con papa Benedetto XVI, nel senso che ho letto tutti i discorsi pronunciati dal Santo Padre in Usa dal 15 al 20 aprile 2008, chiedendomi quale fosse il messaggio che il Papa voleva trasmetterei, al di là delle tante affermazioni importanti in materia di fede e di morale presenti nei diversi interventi. Vi è infatti qualcosa, nel Magistero, che va al di là delle singole affermazioni, che peraltro rimangono essenziali per fondare l’unità dei fedeli, appunto in materia di fede e di morale. Questo qualcosa in più consiste nell’interrogarsi su cosa il Pontefice vuole comunicare con l’insieme delle parole che pronuncia, attraverso i gesti che compie, la scelta dei Paesi da visitare, i numerosi giudizi presenti nei suoi discorsi che vanno ben oltre i pronunciamenti dottrinali in senso stretto, che ovviamente sono normativi per tutti i fedeli.
Forse si può chiamare insegnamento pastorale. Si tratta di quei contenuti culturali con i quali Benedetto XVI e i suoi predecessori hanno cercato di far superare ai cattolici la frattura tra la fede e la vita, uno dei maggiori problemi della Chiesa che vive e opera nella modernità. Ogni fedele, soprattutto se carico di responsabilità pastorali, cioè se parroco, responsabile di associazioni cattoliche, superiore di congregazione religiosa, docente universitario o insegnante di religione, giornalista o conferenziere, non può non cercare ispirazione e un preciso orientamento nelle parole del Pontefice, e non solo in quelle che riguardano la fede e la morale in senso stretto.
La «laicità» americana
Animato da questo atteggiamento, ho trovato tante occasioni di riflessione nei discorsi americani del Papa, sui molti temi che Benedetto XVI ha affrontato nel corso del viaggio apostolico. Tuttavia, mi ha soprattutto colpito quanto il Pontefice ha detto durante il viaggio in aereo, conversando con i giornalisti al seguito, e ha poi confermato nella cerimonia di benvenuto.
«Quanto trovo io affascinante negli Stati Uniti è che hanno incominciato con un concetto positivo di laicità, perché questo nuovo popolo era composto da comunità e persone che erano fuggite dalle Chiese di Stato e volevano avere uno Stato laico, secolare che aprisse possibilità a tutte le confessioni, per tutte le forme di esercizio religioso. Così è nato uno Stato volutamente laico: erano contrari ad una Chiesa di Stato. Ma laico doveva essere lo Stato proprio per amore della religione nella sua autenticità, che può essere vissuta solo liberamente. E così troviamo questo insieme di uno Stato volutamente e decisamente laico, ma proprio per una volontà religiosa, per dare autenticità alla religione” (intervista durante il volo diretto negli Stati Uniti d’America, 15 aprile 2008).
È come se il Papa avesse voluto indicare una via d’uscita ai difficili rapporti che esistono, in Europa per esempio, fra gli Stati e la Chiesa cattolica (o le comunità protestanti quando si tratta di paesi dove c’è stata la Riforma). Ma anche un modello utilizzabile al di fuori dalla storia occidentale.
Le Chiese di Stato in Europa
Il cardinale Joseph Ratzinger aveva anticipato queste considerazioni quando, ancora cardinale, in un dialogo con l’allora Presidente del Senato Marcello Pera, aveva avuto modo di spiegare meglio quanto poi ha detto con pochissime parole nel viaggio aereo.
In quella circostanza aveva ricordato la genesi degli Stati Uniti, fondati da popolazioni europee che fuggivano dalle Chiese di Stato che si erano instaurate dopo la Riforma, all’epoca delle guerre di religione, nel XVI e XVII secolo. Allora, la Riforma di Martin Lutero (1483-1546) e di Giovanni Calvi no (1509-1564) venne fatta propria da prìncipi tedeschi e del nord Europa che la posero a fondamento della vita politica e civile dei propri Stati. Nacquero così le Chiese di Stato e i popoli furono costretti a professare la religione dei loro governanti: era l’Europa della pace di Augusta (1555), imperniata sul principio cuius regio, eius religio, che negava il diritto alla libertà religiosa dopo la profonda ferita introdotta all’unità della Chiesa e dell’Europa dalla Riforma, perché legava religione e cittadinanza mettendo in grande crisi la libertà della persona nella scelta della religione che in coscienza riteneva di dover professare.
Il cattolicesimo, lo ricordava sempre il cardo Ratzinger, era lontano da questa impostazione culturale per il suo affermato universalismo, che non lega la Rivelazione di Cristo ad alcuna cultura e dunque a nessuna situazione storica predefinita, anche se valorizza le culture locali e riconosce come di fatto la fede cristiana si sia diffusa nel mondo utilizzando in particolare (anche se non in modo esclusivo) la cultura giudaica e quella greco-romana. Tuttavia, dopo la Riforma, anche le nazioni cattoliche si lasciarono contagiare da quella prassi, e nei regimi assolutistici o monarchie nazionali, nell’Europa del XVII e del XVIII secolo, s’impose di fatto una sorta di religione di Stato, con il tentativo dello Stato di servirsi della religione per i propri interessi temporali, e della Chiesa locale di servirsi dello Stato per impedire qualsiasi concorrenza da parte di altre confessioni. Sarà proprio in queste nazioni, quando si svilupperà la rivoluzione illuministica nel Settecento e poi le rivoluzioni nazional-liberali dopo il 1789 francese, nell’Ottocento, che prenderà corpo la profonda e duratura divisione fra i cosiddetti «laici» e i cattolici, contrapposti radicalmente per oltre un secolo in una guerra culturale che aveva le sue origini appunto nei secoli precedenti.
Libertà e religione nella Costituzione americana
In Usa, appunto, le cose andarono diversamente. I padri fondatori di quella confederazione di Stati, che avrebbe unito popolazioni diverse per religione e cultura, scelsero un modello di laicità per la Costituzione dello Stato americano, laica ma non laicista, religiosa ma non confessionale. L’importanza attribuita alla libertà nella storia americana troverà la propria giustificazione nell’esistenza di un ordine morale derivante da una natura oggettiva; e così la libertà non sarà mai considerata, nonostante tutti i compromessi imposti dal processo di secolarizzazione che è in atta dal convincimento che i princìpi che governano la vita politica e sociale sono intimamente collegati con un ordie morale, basato sulla signoria di Dio Creatore. Gli estensori dei documenti costitutivi di questa Nazione si basarono su tale convinzione, quando proclamarono Ia “verità evidente per se stessa” che tutti gli uomini sono creati eguali e dotati di inalienabili diritti, fondati sulla legge di natura e sul Dio di questa natura» (16 aprile 2008).
RICORDA
«[…] ho avuto modo di rendere omaggio a quel grande Paese, che fin dagli albori è stato edificato sulla base di una felice coniugazione tra principi religiosi, etici e politici, e che tuttora costituisce un valido esempio di sana laicità, dove la dimensione religiosa, nella diversità delle sue espressioni, è non solo tollerata, ma valorizzata quale “anima” della Nazione e garanzia fondamentale dei diritti e dei doveri dell’uomo. In tale contesto la Chiesa può svolgere con libertà ed impegno la sua missione di evangelizzazione e promozione umana, e anche di “coscienza critica”, contribuendo alla costruzione di una società degna della persona umana e, al tempo stesso, stimolando un Paese come gli Stati Uniti, a cui tutti guardano quale ad uno dei principali attori della scena internazionale, verso la solidarietà globale, sempre più necessaria ed urgente, e verso l’esercizio paziente del dialogo nelle relazioni Internazionali».
(Benedetto XVI, udienza generale del 30 aprile 2008).
BIBLIOGRAFIA
Marcello Pera – Joseph Raztinger, Senza radici. Europa, relativismo, cristianesimo, islam, Mondadori, 2004.
I “discorsi americani” del Pontefice si possono leggere su L’Osservatore Romano o sul sito della Santa Sede www.vatican.va

IL TIMONE N. 74 – ANNO X – Giugno 2008 – pag. 58-59

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