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I grandi fatti della Bibbia. Il “servo” del Signore
28 Settembre 2014

I grandi fatti della Bibbia. Il “servo” del Signore

«Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità. Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra, e le isole attendono il suo insegnamento» (Is 42,1-4)
 
«È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d'Israele. lo ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all'estremità della terra» (Is 49,6).

Servo, serva sono parole molto antipatiche per l'uomo moderno. Sono qualcosa di paragonabile a un insulto. È per questo che si cerca di fari e sparire dall'uso comune. Così al posto di "donna di servizio" si usa "collaboratrice domestica". Ed è giusto fare così, proprio nella misura in cui il termine è diventato offensivo. Ci dobbiamo però chiedere: perché è diventato offensivo? Che cosa ci sta dietro a questa evoluzione del significato? Qualcuno penserà: "è solo una questione di parole". Il che è vero, ma non bisogna mai dimenticare però che le parole contano, perché sono le portatrici principali di quello che l'uomo ha nel cuore.
Se leggiamo con attenzione la Bibbia, scopriamo senza troppa difficoltà che la parola servo o serva ha spesso un significato molto positivo. Troviamo in particolare nel profeta Isaia quelli che gli esegeti hanno convenuto chiamare i quattro "canti del servo del Signore", al cui centro sta la figura misteriosa di un "servo" che attraversa esperienze di terribile umiliazione e sofferenza, ma, proprio attraverso di esse e mediante esse, si rivela un servitore perfetto di Dio, raggiungendo così gloria, trionfo e vittoria. I cristiani non hanno tardato a riconoscere in questa figura un'immagine del Messia e a riconoscere nelle vicende descritte dai canti una prodigiosa prefigurazione di quello che è successo storicamente nella vita di Gesù.
L'espressione "servo del Signore" è un chiaro titolo messianico che esprime in grande profondità l'intima essenza della missione e della natura del Messia. D'altra parte, troviamo questo riconoscimento sulla bocca di Gesù stesso: «[ … ] il Figlio dell'uomo, [ … ] non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mt 20,28); «[ … ] chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve» (Le 22,27). L'episodio della lavanda dei piedi lo mette in luce in modo molto concreto. Secondo lo stile e il metodo pedagogico e retorico dei rabbini, Gesù compie un ~ gesto "strano", che colpisce  profondamente i suoi ascoltatori.  Poi, nel mezzo del loro stupore e  della domanda che sorge nel loro  cuore, spesso senza il coraggio di  farla esplicitamente, effonde il suo insegnamento. «Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le  sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: "Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate  il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho  lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi" » (Gv 13,12-15).
Il gesto compiuto dal Maestro è infatti "strano" e fortemente paradossale. Lavare i piedi non era strano nel contesto del tempo in cui le persone calzavano sandali e le strade non erano asfaltate; era anzi un gesto assolutamente normale e in qualche modo dovuto a un ospite che si accoglieva in casa. Lo "strano" consisteva nel fatto che normalmente a compierlo era l'ultimo della casa, il servitore, non il padrone di casa, non certamente la persona più importante. Eppure, qui è proprio colui che è importante a compierlo! Non occultando la sua importanza o distruggendola «<Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono»), ma rivelandone l'essenza più intima. Pensiamo a una mamma con in braccio il suo bimbo: chi è più importante in autorità? Certamente la mamma. Chi soprattutto viene servito? Il bambino certamente. Servire allora non è umiliante, perché svela la vera grandezza. Chi non serve nessuno, perché è prigioniero del suo io e del suo orgoglio, in realtà "non serve a niente". «Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli» (Le 12,37). Una volta giunti definitivamente alla vita eterna e "vera", si entrerà in una società in cui servire è bello, è gloria, è dignità suprema. Allora "servire" non sarà più un disonore, ma una manifestazione di gloria e di bellezza. Questo è già – in radice – vero anche quaggiù (pensiamo alla mamma … ) ed è una verità che il cristiano è tenuto a far sua nella vita, avendo come aiuto materno ed esempio affascinante la vita della Madonna: «Allora Maria disse: "Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola"» (Lc 1,38); «[ … ] ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Le 1 ,48) . •

Il Timone – Settembre/Ottobre 2014

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