Poiché febbraio è il mese della vita, può essere opportuno I esaminare due erronei argomenti bioetici di Emanuele Severino. Una dimostrazione completa dell'erroneità dei suoi I ragionamenti richiederebbe di discutere la concezione severiniana del divenire, che egli riprende da Parmenide (V sec. a.C.); ma ai fini della discussione dei suoi argomenti specifici su questi temi, J è sufficiente concentrarci su alcuni punti di essi.
Il primo argomento Severino lo ripete periodicamente, anche sul Corriere della Sera, e dice che la Chiesa, poiché condanna l'aborto in quanto sopprime una persona, dovrebbe condannare a maggior ragione l'astinenza sessuale di chi esercita la procreazione responsabile, perché essa fa rimanere nel nulla la persona che sarebbe potuta I nascere da un'unione sessuale. Ma cosa c'è di male nello svolgere l'attività X (astenersi dall'atto sessuale) al posto dell'attività Y (procreare), se non esiste un dovere di svolgere sempre e in qualsiasi momento l'attività X? Infatti, non esiste nessun dovere di svolgere sempre e in qualsiasi momento l'attività della procreazione, dunque non c'è alcun male nell'astinenza di chi esercita la procreazione responsabile.
Il secondo argomento Severino lo ha esposto sul Corriere il 1 dicembre e il 6 gennaio scorsi, in due articoli in cui spiega che se si adopera il concetto di potenza (che Severino rigetta) si è costretti a negare lo status di persona all'embrione. Riporto di seguito (in corsivo) i passaggi degli articoli di Severino che costituiscono il nerbo della sua argomentazione, per procedere ad una loro confutazione. Infatti, sebbene Severino dica che il suo argomento è «decisivo», esso è errato (almeno come è formulato fino ad oggi, 8 gennaio 2005, giorno in cui scrivo queste considerazioni).
Severino dice che i cattolici «intendono che l'embrione sia un esser-già-uomo, ma, appunto, un esserlo già "in potenza"».
Qui c'è un'ambiguità dell'articolo dell'1 dicembre. Severino sa bene che per i cattolici (e per coloro che, pur non essendo cattolici, mediante la ragione sostengono che l'embrione è uomo), l'embrione no è uomo in potenza, bensì uomo in atto ed è, questo sì, in potenza compiere determinate operazioni (cognitive, deliberative, ecc.), cio è in potenza uomo adulto. Naturalmente si può discutere se sia vero che l'embrione sia uomo in atto (come ho cercato di dimostrare su il Timone, n. 34, pp. 36-38) o in potenza, e tutto dipende da cosa intende per uomo (e Severino si guarda bene dal dirlo), ma dire eh per i cattolici l'embrione è uomo in potenza è falso.
Il 6 gennaio Severino ha allora dissipato l'ambiguità, spiegando eh quando l'1 dicembre diceva che per i cattolici «l'embrione» è «già-uomo […] "in potenza"», intendeva dire che per i cattolici «l'embrione' in potenza un adulto». Prendiamo atto di questo suo chiarimento, eh ci autorizza ad aggiungere al suo discorso l'aggettivo «adulto» (lo aggiungo mettendolo tra parentesi quadra) negli stralci dell'argomento di Severino che seguono qui sotto.
Vediamo come prosegue Severino nell'articolo dell'1 dicembre: «[…] è Aristotele a rilevare che "ciò che è in potenza è in potenza gli opposti" Questo vuoi dire che, se l'embrione può diventare un uomo [adulto] i atto, allora, proprio perché «lo può» (e non lo diventa ineluttabilmente), proprio per questo può anche diventare non-uomo [adulto], cioè qualcosa che uomo non è». Il che significa che l'embrione umano può non svilupparsi, cioè può morire e non evolversi in uomo adulto.
Severino allora prosegue: «L'embrione – si dice – è in potenza un-esser-già-uomo [adulto]. Ma, si è visto, proprio perché è "in potenza" uomo, l'embrione è in potenza anche non-uomo [adulto]. Pertanto è in potenza anche un esser-già-non-uomo [adulto].»
Qui è ambiguo l'uso di quel «già», che serve a Severino per preparare il seguito. A scanso di equivoci, quel «già" nel lessico di Aristotele significa «in atto», quindi il discorso di Severino si può riscrivere così: «l'embrione è in potenza a diventare uomo [adulto] in atto, ed insieme in potenza a diventare non uomo [adulto] in atto (cioè è possibile che non sopravviva)».
Severino aggiunge: «È già uomo [adulto] e, anche, è già non uomo [adulto]. Nell'embrione questi due opposti sono uniti necessariamente». Perciò, conclude Severino, se si utilizzano i concetti aristotelici di potenza e atto (come fanno coloro che dicono che l'embrione è un uomo a tutti gli effetti e che, perciò, merita la stessa tutela che merita un uomo) si finisce in una contraddizione e in un'assurdità.
Non è difficile rilevare l'errore di Severino. Infatti per Severino dire che:
1) l'embrione «è "in potenza" uomo [adulto]» e «in potenza anche non-uomo [adulto]» è identico a dire
2) l'embrione «è già [cioè, nel lessico aristotelico, è in atto] uomo [adulto] e, anche, è già[cioè è in atto] non uomo [adulto]».
Ma questa equivalenza la stabilisce solo lui ed è falsa. Dalla tesi 1) alla tesi 2) è scomparsa misteriosamente l'espressione «in potenza», che è proprio ciò che determina la differenza tra la 1) e la 2). Infatti, se l'embrione è in potenza uomo [adulto], vuoi dire appunto che non è contemporaneamente in atto uomo [adulto], e se l'embrione è in potenza non-uomo [adulto], vuoi dire appunto che non è contemporaneamente in atto nonuomo [adulto].
Perciò chi utilizza il concetto di potenza per difendere l'uguaglianza tra l'embrione e l'uomo non cade in alcuna contraddizione: non è vero che adoperando il concetto di potenza si è costretti a dire che l'embrione «È già uomo e, anche, è già non uomo»; piuttosto, utilizzando questo concetto, si dice che l'embrione è in atto embrione ed è in potenza uomo [adulto] e non uomo [adulto], come un muro rosso è in atto rosso ed è in potenza blu e non-blu (infatti se lo dipingo può diventare blu o di un altro colore che non sia il blu).
Non c'è alcuna contraddizione perché il principio di non contraddizione recita che «una cosa non può essere in atto A e non-A» (per es. una cosa non può essere nello stesso momento completamente viva e completamente morta), ma non dice che «una cosa non può essere in potenza A e non-A».
Il 6 gennaio Severino ha ripetuto l'errore. Se si accettasse il concetto di potenza, si sarebbe costretti a dire, secondo Severino, che «l'uomo che è in potenza adulto è già un uomo ma è anche già un non-uomo, perché […] potrebbe morire», e ciò è «un che di contraddittorio, di impossibile, di assurdo». Ma anche in questo articolo del 6 gennaio è di nuovo assente l'espressione «in potenza», che permette di evitare la contraddizione. Infatti chi utilizza il concetto di potenza dice una cosa diversa da quella che gli attribuisce Severino, cioè dice che «l'uomo che è in potenza adulto è in potenza un uomo adulto, ed è anche in potenza un non-uomo adulto, perché invece di svilupparsi potrebbe morire». E, anche questa volta, non c'è contraddizione, perché una cosa non può essere in atto A e non-A,- ma può senza contraddizione essere in potenza A e non-A.
Visto che questi argomenti sono piuttosto deboli e visto che Severino è un pensatore di grande levatura intellettuale, sorge allora un dubbio: non sarà che Severino, che ce l'ha a morte con la Chiesa Cattolica, è disposto a ricorrere quasi a tutto pur di contrastare la sua nemica? Ma, così facendo, non finisce, proprio lui che è un pensatore, per mortificare la ragione?
RICORDA
Carmelo Vigna – Francesco Botturi- Evandro Agazzi- Antonella Corradini – Enrico Berti – Horst Seidi, Bioetica e persona, fascicolo monografico di "Per la filosofia", 25 (1992).
Fabrizio TuroIdo, Bioetica e persona, in "Religione & scuola", 2 (1988), pp. 66-72.
Vittorio Possenti, L'embrione è persona? in Idem, Approssimazioni all'essere, Il poligrafo 1995, pp. 111-129.
Ello Sgreccia, Manuale di bioetica, Vita e Pensiero 1994, pp. 361-422.
Pontificia Academia Pro Vita, Identità e statuto dell'embrione umano, Lev 1998.
IL TIMONE – N. 40 – ANNO VII – Febbraio 2005 pag. 32-33