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13.12.2024

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Identità femminile e filosofia dell’essere
31 Gennaio 2014

Identità femminile e filosofia dell’essere

 

 

 
 
 
Uomo e donna hanno pari dignità e qualità comuni, ma esprimono anche diversità.
Il reciproco arricchimento è possibile soltanto se ciascuno sa apprezzare a propria identità.
 
 
 
Sin dalla nascita la persona umana si presenta come maschio e come femmina. Uomo e donna rivelano qualità personali omuni, in quanto sono capaci di conoscenza e autodeterminazione; su queste qualità comuni si fonda la loro eguale dignità.
Contemporaneamente esprimono una diversità, che non sembra riguardare solo il corpo, ma l’intera persona.
Sin dall’antichità la cultura ha cercato di comprendere e interpretare la diversità di maschilità e femminilità nell’uomo. Così latone nel Convito descrive la nascita del semidio Amore dalla divisione di un unico essere. L’uomo e la donna sarebbero le parti icomplete sorte da questa scissione cosicché a nessuno dei due sarebbe data la possibilità di realizzarsi nel proprio essere individuale.
Questa teoria si afferma successivamente come bipolarità che contrappone le caratteristiche maschili a quelle femminili: la vrilità sarebbe attiva, forte, razionale, volitiva, dedita agli affari pubblici, alla trasformazione e al dominio della realtà; la femminilità per contro sarebbe passiva, fragile, intuitiva, sentimentale, dedita agli affari domestici, più pietosa che capace di giustizia.
Queste generalizzazioni nel corso del tempo e, soprattutto, negli ultimi decenni, hanno suscitato forti reazioni critiche, in particolare perché sembrano indicare l’esistenza di modelli rigidi che assegnano modi di essere e virtù esclusivi dell’uno o dell’altro sesso. Le reazioni più forti sono state espresse da alcune esponenti del movimento femminista e sono sfociate nella negazione dell’esistenza di una natura specifica che differenzi la donna dall’uomo. La diversità corporea, sessuale, è stata minimizzata, ridotta al solo aspetto biologico e procreativo, e contemporaneamente è stata esaltata l’autonomia della dimensione culturale, quella legata alle scelte di vita individuali che possono essere svincolate dal dato naturale.
Il mito di una complementarietà male intesa, legata ad una presunta superiorità maschile, ha facilitato la nascita dello spirito di competizione e rivalsa, che si è radicato nella cultura contemporanea alimentando l’idea che uomo e donna siano nemici e che le loro relazioni alla fine si riducano a una «lotta per il potere».
La questione della collaborazione tra uomo e donna è perciò un problema aperto di grande attualità e rilievo, in cui è in gioco l’identità della persona: solo quando ciascuno sa riconoscere ed amare la propria identità oltre ad apprezzare ed entusiasmarsi per l’identità dell’altro è possibile il reciproco arricchimento.
La specificità dell’uomo e della donna La differenza sessuale esprime un aspetto primordiale della realtà umana: la sua stessa struttura ontologica.
Nessuna realtà finita esiste per capacità propria, perché non è in grado di darsi l’esistenza da sé stessa; ogni realtà esiste grazie ad un atto di essere che le viene partecipato da Dio. Una mela, un fiore hanno caratteristiche qualitativamente e quantitativamente limitate (come la dolcezza e il profumo) che si esprimono e realizzano in un’esistenza finita; tuttavia al loro fondamento, come al fondamento di ogni realtà, anche della più piccola, vi è un medesimo atto di essere che è partecipato ad ogni esistente secondo la sua capacità.
Si può dire che ogni cosa nella propria radice è in contatto con un principio assoluto che è il fondamento di ogni perfezione da essa posseduta.
Una realtà è tanto più perfetta quanto più possiede in proprio l’atto di essere, cioè quanto più è capace di disporne. L’uomo, come ogni altra creatura, dipende dall’essere come atto fondante, ma egli lo possiede in modo consapevole al punto da assumere attraverso la libertà la custodia di sé e con essa la responsabilità di realizzare le proprie potenzialità diventando co-autore di sé stesso.
L’analisi fatta da don Pietro Cantoni nello studio Persona e relazionalità consente di osservare più da vicino l’essere della persona.
La persona è qualcuno per gli altri, capace di agire, di vivere. Ed è spinta ad agire per due ragioni: perché è povera e deve colmare il proprio bisogno e contemporaneamente perché è ricca, essendo ciò che è, e perciò si effonde.
Auto-comunicandosi la persona stabilisce relazioni in cui sono presenti due dimensioni originarie: la comunicazione attiva di sé (ricchezza) e, contemporaneamente, la recettività che esprime la radicale relazione di dipendenza da Dio che è nell’intimo di ogni ente (indigenza).
La fitta rete di rapporti che gli uomini stabiliscono tra loro attuando questa dimensione relazionale implica la reciprocità, cioè un dare e un accogliere: non si può comunicare qualcosa se non c’è un soggetto capace di ricevere la comunicazione. All’essere della persona appartiene l’intera struttura dell’atto di essere, di modo che tutte le virtù e le capacità umane competono sia all’uomo che alla donna. Tuttavia sembra che nell’essere della donna si manifesti un primato nella capacità di accogliere l’altro nella relazione a cui segue un’attività effusiva di risposta; mentre l’essere dell’uomo sembra rivelare innanzitutto l’aspetto di partecipazione e affermazione di sé che si traduce nel dare forma alla realtà.
Perciò, resistendo ad ogni tentativo di oscurare la verità riducendola a termini conflittuali, bisogna riconoscere che la sessualità segnala una configurazione dell’essere che deve potersi esprimere come virilità o femminilità.
Per realizzare pienamente la propria umanità ciascuno deve includere nel tessuto dell’esistenza tutti i valori umani, ciascuno però declinato con sapienza secondo la propria modalità sessuale, consentendo all’altro d’imparare, come in uno specchio, l’umanità dalla propria umanità.

Ricorda

«Il duello che uomini e donne hanno ingaggiato, specialmente in Occidente, mi pare […] fondato, per lo più, su una questione falsa, la falsa questione della forma del dominio: a chi, tra il maschio e la femmina, spetti, cioè, il ruolo del padrone e a chi quello del servo. […]. Bisogna però che tanto il maschio quanto la femmina scoprano e realizzino l’unica rivolta giusta, quella di entrambi contro le proprie pulsioni narcisistiche e predatorie».
[Carmelo Vigna, Intorno all’etica della differenza, in Carmelo Vigna (a cura di), Introduzione all’etica, Vita e Pensiero 2001, p. 253].

Bibliografia

Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera sulla collaborazione dell’uomo e della donna, 2004.
Pietro Cantoni, Persona e relazionalità: aspetti filosofici e teologici, relazione inedita, Studio Teologico Interdiocesano «Mons. Enrico Bartoletti», Seminario
straordinario 2-3 dicembre 2004.
Cormac Burke, Il ruolo umanizzante della sessualità, in «Studi Cattolici», 492 (2002), pp. 100-108.
Paola Binetti, Dai miti all’essenza della femminilità, in Documenti di lavoro, Fondazione Rui, marzo 1990, pp. 38-43.

IL TIMONE – N. 44 – ANNO VII – Giugno 2005 – pag. 30-31

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