Secondo i dati raccolti dal CESNUR (
www.censur.org), una stima aggiornata circa la presenza buddhista porta a quantificare il totale di aderenti ad organizzazioni buddhiste nel nostro Paese in 74.000 unità se si considerano i cittadini italiani e in circa 100.000 se si includono gli immigrati non cittadini. Tuttavia, l'influenza del buddhismo in Occidente e in Italia va molto al di là della cerchia di chi aderisce formalmente ad un'organizzazione facendo dello stesso buddhismo, a tutti gli effetti, la sua fede «ufficiale».
In Occidente, già negli anni 1960 e 1970, grazie anche agli ambienti della controcultura hippie, si sviluppa a livello popolare un notevole interesse per lo zen (una fra le molte scuole buddhiste), seguito dal grande successo del buddhismo tibetano a partire dagli anni 1980. Questo successo passa anche per la letteratura e il cinema, dal Siddhartha (1922) di Hermann Hesse (1877-1962) a film come Piccolo Buddha, Sette anni in Tibet e Kundun.
Dunque, una buona parte dell'influenza del buddhismo in Occidente si gioca al di fuori dell'appartenenza alle associazioni che raggruppano i fedeli buddhisti, e si concentrano nell'ambito di quella galassia del believing without belonging, ovvero – nel caso del nostro Paese – il «credere senza appartenere» di quella metà della popolazione nazionale che si dichiara più o meno vagamente «religiosa» o «credente», ma non frequenta con regolarità nessuna religione organizzata. È evidente come, nella prospettiva della Nuova Evangelizzazione, questo popolo del «credo, a modo mio», composto nella stragrande maggioranza dei casi di battezzati e quindi – almeno – di «cattolici anagrafici», sia un obiettivo fondamentale, che rischia però di essere attratto da prospettive spirituali allettanti e diverse dal cattolicesimo, fra cui quella del buddhismo nella sua versione occidentale.
Posto che il buddhismo in quanto tale è e rimane una fra le grandi tradizioni religiose dell'umanità a cui la Chiesa cattolica guarda con rispetto (Nostra Aetate, n. 2), occorre però rilevare che alcune idee circa il buddhismo diffuse all'interno del mondo di chi «crede senza appartenere» corrispondono a visioni poco realistiche rispetto alla vera essenza del buddhismo storico e delle sue attuali incarnazioni in vari filoni e scuole. Ci limitiamo ad esporre schematicamente alcuni «punti critici» che riguardano tale visione, spesso non adeguata, del buddhismo in Occidente.
a) Una delle idee molto diffuse e alternativa alla visione cristiana dell'uomo, imperniata quest'ultima sulla prospettiva escatologica della resurrezione e della vita eterna a cui la creatura umana – per i meriti di Gesù Cristo – è destinata, è costituita dalla dottrina della reincarnazione per cui, dopo la morte, l'anima transita da un corpo a un altro o da una forma di esistenza ad un'altra. Se da un lato l'idea reincarnazionista indica l'interesse dei nostri contemporanei – pur confusi – per il destino della persona e per la vita dopo la morte e, come tale, richiama la pastorale cattolica alla necessità di fornire risposte chiare su «che cosa c'è dopo la morte», dall'altro va notato che il buddhismo (e, peraltro, pure l'induismo) in ultima analisi auspica il superamento e l'uscita dell'uomo dalla ruota della vita e della morte (samsara) attraverso il cammino delle «quattro nobili verità», vero perno dell'antropologia buddhista. Secondo esse, passando per la constatazione che (1) la vita è sofferenza (dukka) e (2) la causa della sofferenza è l'azione (karma); si ammette (3) l'esistenza di uno stato al di là della sofferenza cui si accede eliminando la sua causa ultima, l'ignoranza, questo stato è chiamato nirvana (uno stato di vita ultraterrena al di là della sofferenza e della morte: si tratta di uno stato di quiete consistente nell'eliminazione di ogni realtà concreta in quanto transitoria e dolorosa, sulla cui natura esistono peraltro controversie fra le varie scuole); per giungere, infine, alla convinzione per cui (4) è possibile superare l'ignoranza attraverso l'etica, la meditazione e la saggezza. Risulta piuttosto evidente come la dottrina della reincarnazione sia molto diversa dalla visione edulcorata diffusa in Occidente sulla scia delle interpretazioni di sedicenti esperti e mass-media, che pare piuttosto ricalcare la formula del «Ritenta e sarai più fortunato), di molti concorsi a premi. Sic stantibus rebus, viene da pensare che, prima di abbracciare spiritualità di bassa lega e dottrine esotiche, che oltretutto rappresentano solo la versione occidentale e non veritiera di antiche e radicate credenze orientali, il «popolo del credere senza appartenere» dovrebbe innanzitutto imparare a conoscere e valorizzare il patrimonio dottrinale della Chiesa cattolica circa la salvezza e il destino ultraterreno dell'uomo.
b) Un secondo aspetto del buddhismo è legato al luccichio di flash e al clamore mass-mediatico che si crea intorno alla figura di Tenzin Gyatso, il XIV Dalai Lama, di cui sono testimonianza anche le sue visite in Italia. Il Dalai Lama non è propriamente il leader religioso di tutto il buddhismo né tanto meno di tutto il buddhismo tibetano, ma del «sistema» geluk. Tuttavia, tutte le scuole buddhiste ne hanno grande rispetto e lo stesso Dalai Lama è emerso come il principale ambasciatore del buddhismo, non solo tibetano, nel mondo. In questa situazione, egli mantiene la delicata posizione di chi deve cercare da una parte di non perdere il contatto con le peculiari e millenarie tradizioni tibetane, dall'altra di presentare la religione buddhista in una forma «modernista» accettabile agli occidentali. In un editoriale comparso sull'Avvenire del 25 ottobre 2003, Lucetta Scaraffia si sofferma su un'affermazione dello stesso Dalai Lama, il quale è intervenuto per invitare gli europei di matrice cristiana a non convertirsi al buddhismo, evidenziando il fatto che l'esito di questa conversione è spesso fallimentare. I Se, a fronte di quanto sopra abbiamo accennato, potremmo essere grati al Dalai Lama per la sua affermazione, non possiamo mancare di notare come lo stesso – probabilmente – ceda talvolta alla tentazione modernista, in ciò affiancato da altri esponenti del buddhismo tibetano come Lama Gangchen Tulku Rinpoche, fondatore e ispiratore di vari centri anche in Italia. Ne è prova un recente testo scritto a quattro mani da Tenzin Gyatso con lo psicologo Daniel Goleman, (Emozioni distruttive.
Liberarsi dai tre veleni della mente: rabbia, desiderio e illusione, Mondadori 2003), autore di bestseller internazionali, fondatore della teoria dell'«intelligenza emotiva» e formatore di manager, imprenditori e dirigenti, il cui pensiero, per la verità, ricalca teorie vicine a quelle sostenute dagli ambienti della programmazione neurolinguistica e comunque catalogabili con l'etichetta di Next Age. L'apertura del Dalai Lama verso le «moderne» teorie psicospirituali del mondo occidentale che emerge dal succitato volume fini ,..;e per aprire un ampio capitolo, problematico, circa l'identità che il buddhismo sta assumendo sulla scena religiosa e sociale in Occidente, talora presentandosi come appendice vagamente spirituale accanto a tecniche più o meno scientifiche che in qualche modo finiscono semplicemente per dimostrare il valore non religioso ma prettamente psicologico dell'accostamento buddhista alla realtà.
C'è qualcosa di più: lo sforzo di occidentalizzare il buddhismo trasforma lo stesso in una moda spirituale fra le più allettanti e popolari e così il Dalai Lama si trova sempre più spesso chiamato a presenziare in salotti mondani e ad affiancarsi a VIP che nella religione di cui Tenzin Gyatso è un importante esponente non vedono molto di più che una moda, una filosofia e uno stile di vita destinato semplicemente a dare pace, salute e serenità interiore, calma e rilassatezza. A questo accostamento, tutto lustrini e cocktail, sembra adattarsi perfettamente un'espressione coniata qualche anno fa da Massimo Introvigne, quella di «buddhismo-champagne», ovvero della religione di chi appare più impegnato a soddisfare il proprio narcisismo umano e spirituale piuttosto che a trovare la vera risposta ai perché della sua vita. Risposta che per il cattolico si trova naturalmente solo in Gesù Cristo,Via, Verità e Vita (Gv 14,6).