Bombardata una chiesa nello Sri Lanka. Tre cattolici fucilati nel più grande Paese musulmano del mondo, l’Indonesia. Sequestrato un sacerdote in Iraq. E ancora: sedici suore bastonate a sangue da quaranta “teppisti” nella regione di Xian, in Cina, il colosso asiatico che coniuga le più selvagge regole capitalistiche con il permanere del comunismo reale. Queste drammatiche notizie raramente vanno oltre i brevi flash di agenzia e quasi mai trovano spazio adeguato sui grandi organi di informazione e nei notiziari televisivi. Così l’opinione pubblica non è aiutata a riflettere su uno dei più gravi fenomeni del nostro tempo: la feroce persecuzione contro i cristiani, e i cattolici in particolare, che sembra ricondurci agli albori della storia della Chiesa, all’epoca gloriosa dei martiri.
La lunga scia di violenza contro i testimoni della fede, solo per parlare di questo 2006, comincia con l’uccisione a Trebisonda, in Turchia, il 5 febbraio, di don Andrea Santoro, abbattuto con due colpi di pistola nella sua chiesa. E arriva fino alla scomparsa – la notizia è dell’agosto scorso – di padre Jim Brown, 34 anni, visto l’ultima volta da un confratello al checkpoint militare di Allaipiddy, in Sri Lanka, mentre, accompagnato da un’altra persona, si stava recando presso la sua nuova parrocchia. Senza dimenticare suor Leonella Sgorbati, uccisa a Mogadiscio da fondamentalisti islamici.
Perché questo accanimento? Se lo è chiesto anche Benedetto XVI nell’udienza generale del 23 agosto scorso, dando voce al suo personale “sbigottimento”, che è anche quello di tutti i credenti. Il Papa non ha citato in maniera esplicita alcun episodio, ma nel contesto di un’ampia meditazione sulla figura di san Giovanni Evangelista, il “veggente di Patmos”, e sull’Apocalisse (che non è sinonimo di catastrofe incombente, come ci fa credere l’uso comune della parola, ma di svelamento del senso della storia), ha sottolineato con forza le «gravi difficoltà, incomprensioni e ostilità che pure oggi la Chiesa soffre in varie parti del mondo». Aggiungendo che «sono sofferenze che la Chiesa certo non si merita. Così come Gesù stesso non meritò il suo supplizio».
Nella tragica mappa delle violenze contro i cristiani, nel lungo cahier di denuncia per le violazioni della libertà di coscienza e religiosa nel mondo, un posto sempre più rilevante occupano oggi le persecuzioni attuate nei Paesi appartenenti all’arcipelago musulmano, soprattutto in quelli dove viene applicata con rigore la legge islamica. Che si traduce in odio religioso verso chi non appartiene alla “comunità” dei seguaci di Maometto. Ne parliamo diffusamente in questo stesso dossier. Ma non è ancora scomparso un tragico retaggio che ci accompagna dal secolo scorso, e che ha causato decine di milioni di vittime, cioè la persecuzione dovuta a odio ideologico nei Paesi comunisti. In quei Paesi cioè – pensiamo alla Cina, alla Corea del Nord, all’Indocina, a Cuba – dove il potere si configura a partire dai dogmi del marxismo leninismo, caratterizzato dall’ateismo e dalla pretesa prometeica di costruire paradisi in terra che ignorano l’esisten-za di Dio e la sua provvida presenza nella vita e nella storia degli uomini. Il confronto-scontro con il potere comunista in Occidente dovrebbe essere finito, come ha rilevato Vittorio Messori in un suo intervento sul Corriere, “per decesso dell’interlocutore”. In realtà ne restano tracce in quei Paesi dove sono egemoni coalizioni e maggioranze di sinistra e centrosinistra: si pensi all’esempio clamoroso della Spagna di Zapatero, che sta tentando in tutti i modi di imbavagliare la Chiesa, o alla stessa Italia, dove nel nuovo governo sono presenti ben due forze politiche che si richiamano esplicitamente nel nome all’ideologia comunista. Queste, insieme ad altre, mirano a perseguire politiche nettamente contrarie ai più genuini valori religiosi del popolo, a cominciare dalla difesa della vita, della famiglia, della libertà di educazione. Con lo scopo dichiarato di ridurre al silenzio o comunque di rendere socialmente ininfluente la voce dei cattolici. È forse una persecuzione soft, non immediatamente evidente, ma che sta rischiando di recidere quelle “radici cristiane” del Vecchio continente che sono già state negate ai più alti livelli istituzionali non inserendole nella Costituzione europea.
Nel campo delle violazioni alla libertà religiosa, e in particolare delle persecuzioni contro i cristiani, la Cina popolare occupa da tempo il primo posto, come documenta ogni anno l’apposito “Rapporto sulla Libertà religiosa nel mondo” compilato dalla associazione Aiuto alla Chiesa che Soffre, che passa in rassegna tutti gli Stati del mondo. Tale Rapporto dovrebbe in realtà esse-re aggiornato ogni mese, dal momento che gli episodi di discriminazione e persecuzione accadono in continuazione. Ai primi di agosto si è saputo che monsignor Yao Liang, 82 anni, vescovo della Chiesa cattolica “sotterranea”, cioè non riconosciuta dal regime di Pechino, un sacerdote e 90 fedeli sono stati arrestati nella città cinese di Zhangjiakou, nella provincia dell’Hebei, nel Nordest del Paese, la zona con la massima densità di cattolici (oltre un milione e mezzo, in stragrande maggioranza fedeli al Papa). La notizia è stata data dalla Kung Foundation – con base a Stamford, nello Stato americano del Connecticut – che si batte per la libertà religiosa in Cina.
L’arresto di Liang, ausiliare della diocesi di Xiwanzi, è avvenuto il 30 luglio. Era già stato in carcere nella primavera del 2005. Il sacerdote, Li Huisheng, 33 anni, attivo nella stessa diocesi, è stato invece arrestato il 1° agosto. I fedeli hanno risposto coraggiosamente agli arresti dei due religiosi con una protesta che è stata subito soffocata dalle autorità: la polizia ha attaccato in forze i manifestanti, fermandone una novantina. Venti sono stati trattenuti. Negli scontri due uomini sono rimasti feriti gravemente e una donna incinta ha abortito. Nella regione dell’Hebei è in atto da anni una dura campagna di repressione contro i cattolici. Con l’arresto di Yao Liang si è allungata la lista dei vescovi della provincia al momento in carcere. Il responsabile della diocesi di Baoding, monsignor Giacomo Su Zhimin, 72 anni, è stato arrestato nel 1996 e da allora non si sa più nulla di lui. Il suo ausiliare, Francesco An Shuxin. 54 anni, l’anno dopo ha subito la stessa sorte. Del vescovo di Yongnian, monsignor Han Dingxian, non si hanno notizie dalla fine del 2005, e Giulio Jia Zhiguo, 70 anni, vescovo della Chiesa clandestina nella diocesi di Zhang Ding, viene “fermato” in continuazione dagli agenti della sicurezza pubblica: piccolo, affabile, ha trascorso vent’anni tra carcere e arresti domiciliari. Molto malato, è stato arrestato l’ultima volta lo scorso mese di giugno, “colpevole” di gestire un orfanotrofio che ospitava più di cento bambini.
Le vittime della persecuzione sono private della libertà personale o comunque impedite nell’esercizio del loro ministero e apostolato, spesso nell’assenza totale di ogni accusa. Il fat-to nuovo è che da qualche tempo sono iniziate le persecuzioni anche contro la Chiesa cosiddetta patriottica, cioè riconosciuta dal regime. La conseguenza, oltre ogni previsione del governo di Pechino, è stata il riavvicinamento alla Chiesa di Roma. A partire dal 2000 numerosi candidati al sacerdozio rifiutano l’ordinazione dalle mani di vescovi non fedeli alla Cattedra di Pietro. Così, i due “rami” della comunità cattolica cinese (12 milioni di fedeli in totale, pari all’uno per cento della popolazione) si sono riavvicinati. Si stima che quasi un centinaio di vescovi su 120 sono in comunione segreta con Roma.
Non sono solo i cattolici a soffrire in Cina. Il 29 luglio un migliaio di poliziotti, con quattro scavatrici e diversi camion, hanno raso al suolo una chiesa protestante ad Hangzhou, nello Zhejiang, arrestando cinquanta fedeli che si opponevano all’abbattimento dell’edificio. Dal 2003 in quella zona sono state distrutte quasi 300 chiese. Nell’offensiva su larga scala lanciata dal governo cinese, che passa anche attraverso la censura su Internet, dove sono bandite le “notizie che criticano le politiche religiose statali, la predicazione e la diffusione di credenze superstiziose”, sono quasi duemila i fedeli delle varie comunità religiose protestanti incarcerati (alcuni condannati ai lavori forzati) nel 2005: soprattutto pastori e insegnanti, per il loro compito educativo che entra in rotta di collisione con l’assolutismo ideologico della classe politica al potere.
La situazione della Cina comunista è paradigmatica. Ma anche negli altri Paesi dove sopravvive il socialismo reale i credenti sono perseguitati.
A Cuba, malgrado un lieve miglioramento nelle relazioni delle autorità con la Chiesa, permane l’impossibilità, che data dal 1959, di costruire nuovi edifici di culto, e la stessa manutenzione degli edifici esistenti è molto difficoltosa per i costi proibitivi dei materiali; si registra poi la quasi totale assenza del tema religioso e dell’informazione religiosa sui mezzi di comunicazione, tutti controllati dallo Stato. Nella Corea del Nord esiste una sorta di “Chiesa patriottica” simile a quella cinese, registrata e controllata dalle autorità governative: solo ai membri di tale associazione è consentito di partecipare alla messa festiva; non esistono seminari per la formazione del clero. Nel Myanmar, come si chiama dal 1989 la Birmania, una giunta militare che si definisce un compromesso tra buddismo e marxismo viola costantemente la libertà religiosa, impedendo alla Chiesa di svolgere il suo apostolato: ai fedeli è negata anche la possibilità di utilizzare libri di preghiera. Sono solo alcuni esempi, a cui vanno aggiunte le difficoltà crescenti della Chiesa in Venezuela e in Bolivia, dove i rispettivi presidenti di fede marxista e rivoluzionaria, Chavez e Morales, di fatto hanno cominciato una politica per ridurre al silenzio la voce dei vescovi e dei cattolici.
Quale il senso più profondo di tanta sofferenza? La Chiesa, «mentre è minacciata, perseguitata dal drago, è anche protetta dalla consolazione di Dio», ha affermato Benedetto XVI nel discorso all’udienza generale del 23 agosto citato all’inizio. «Siamo qui di fronte al tipico paradosso cristiano, secondo cui la sofferenza non è mai percepita come l’ultima parola, ma è vista come punto di passaggio verso la felicità». Anzi, questa sofferenza «è già misteriosamente intrisa della gioia che scaturisce dalla speranza».
«Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perchè grande è la vostra ricompensa nei cieli».
(Matteo 5,11-12).
Andrea Riccardi, Il secolo del martirio, Mondadori 2000.
Antonio Socci, I nuovi perseguitati, Piemme 2002.
Gerolamo Fazzini, E’ sempre tempo di martiri, Ancora 2006.
Bernardo Cervellera, Missione Cina, Ancora 2006.
Camille Eid, A morte in nome di Allah, Piemme 2004.