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13.12.2024

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Il continente degli ex cattolici
9 Gennaio 2015

Il continente degli ex cattolici

IL CONTINENTE DEGLI EX CATTOLICI

In America Latina in quaranta anni la percentuale dei cattolici è scesa dal 90 al 69%.
Quasi tutti passati alle sette pentecostali e carismatiche protestanti, dove trovano un «maggiore contatto con Dio». Un missionario racconta: «Qui c’è una cultura religiosa basata sul sentimento e sull’emozione, e ora la chiesa è spiazzata»

Nel Continente dove vive il 40% della popolazione cattolica totale, negli ultimi 40 anni i cattolici sono passati dal 90 al 69% della popolazione. Un dato già di per sé eclatante, che però ha destato ulteriore clamore per il fatto che stiamo parlando dell’America Latina, che per la prima volta – nell’argentino Jorge Bergoglio – ha dato un Pontefice alla Chiesa. Che negli ultimi decenni si fosse registrata una vera e propria emorragia nella partecipazione alla Chiesa cattolica era cosa nota, ma recentemente due indagini hanno dato una dimensione quantitativa al fenomeno, probabilmente più vistoso di quanto si ritenesse. La più citata – e sicuramente completa – è quella del Pew Research Center, “Religion in Latin America – Widespread Change in an Historically Catholic Region” (La religione nell’America Latina – Il diffuso cambiamento in una regione storicamente cattolica), ma i dati ivi contenuti sono sostanzialmente confermati da un’altra indagine, questa volta compiuta dal Latinobarometro Corporation, tra i più autorevoli istituti di statistica del Continente.

Disastro Brasile    
Le perdite più evidenti per la Chiesa cattolica, in termini percentuali, si registrano nell’America Centrale: tra il 1970 e il 2014 El Salvador, Guatemala, Nicaragua, Honduras, Repubblica Dominicana, che contavano oltre il 90%di cattolici, hanno perduto tra il 37 e il 48%  di fedeli. L’Honduras, ad esempio, ha oggi appena il 46% di cattolici confrontato con il 94% di quaranta anni fa. Ma in termini assoluti sono certamente molto più pesanti le realtà del Brasile (-31%), dell’Argentina e del Venezuela (-20%). Unica eccezione sembra essere il Paraguay, dove i cattolici sono diminuiti “solo” del 5% (dal 95 al 90).
Ma dove sono andati i cattolici? Sono migrati nelle congregazioni protestanti, quelle pentecostali e carismatiche che in America Latina hanno infatti preso piede dall’inizio degli anni ’80 del XX secolo. Ma anche coloro che non si riconoscono in alcuna religione sono in grande aumento. Per apprezzare il cambiamento della mappa religiosa dell’America Latina, bisogna ricordare che nel 1910 i cattolici rappresentavano il 94% della popolazione e i protestanti l’1%. Nel 1970 i cattolici erano ancora il 92% mentre i protestanti erano diventati il 4%. Oggi le denominazioni protestanti hanno raggiunto il 19% mentre i “senza-religione” sono saliti all’8%. Il restante 4% appartiene a Testimoni di Geova, Mormoni, islam, indù, ebrei e religioni tradizionali caraibiche e afro-brasiliane.

Un’evangelizzazione superficiale
Il passaggio diretto dalla Chiesa cattolica a qualche denominazione protestante è confermato da altri dati dell’inchiesta del Pew Research Center: la stragrande maggioranza dei protestanti latino-americani affermano infatti di essere stati educati nella Chiesa cattolica. Il caso più eclatante è quello della Colombia, dove il 74% dei protestanti ha frequentato la Chiesa, e addirittura l’84% sono stati battezzati cattolici. Ma anche in Argentina e Brasile la percentuale di quanti hanno ricevuto una formazione cattolica prima di passare al protestantesimo supera ampiamente il 50%, molti dei quali hanno “cambiato” prima dei 25 anni.
Sui motivi di questa rivoluzione si sbizzarriscono le analisi.
Le persone intervistate nella stragrande maggioranza affermano che lo hanno fatto perché cercano «un contatto personale con Dio» (81%), o perché «nella nuova chiesa preferiscono lo stile di preghiera» (69%), o volevano «una maggiore enfasi sui temi morali» (60%) o ancora perché trovano che «la nuova chiesa aiuta maggiormente i suoi membri» (59%).
«Il problema di fondo – ci dice padre Costanzo Donegana, missionario del Pime, attualmente responsabile dell’ufficio storico dell’istituto missionario, ma per venti anni in Brasile dove ha anche diretto l’edizione brasiliana del mensile “Mondo e Missione” – è l’ignoranza e la mancanza di formazione religiosa dei cattolici latino-americani. Erano quasi tutti battezzati, ma non formati né realmente convertiti. C’è un’immagine che viene usata per dare l’idea della situazione di tanti cattolici latino-americani: persone parcheggiate a disposizione del primo che arriva».
E sono infatti arrivate le sette pentecostali.
Non a caso, dalla ricerca del Pew Research Center emerge che ben il 58% degli excattolici dichiara di essere stato cercato dalle nuove chiese. «Le sette pentecostali sono molto combattive – dice padre Donegana –,toccano il sentimento della gente, propongono riti emotivi. E qui bisogna capire un aspetto peculiare della religiosità latinoamericana: il sentimentalismo. È un fatto culturale, non per niente la parola che viene usata per esprimere e spiegare l’esperienza religiosa è “emozione”». In passato si diceva che quella delle sette pentecostali era una penetrazione guidata dagli Stati Uniti, «ma non è più così, la gran parte delle denominazioni pentecostali sono locali».

Le contraddizioni sui poveri

In una interessante analisi su questo fenomeno, l’economista americano Samuel Gregg mette in rilievo tra i fattori dell’abbandono quel fenomeno chiamato “teologia della liberazione”, che ha portato la Chiesa sudamericana a occuparsi molto di questioni sociali dimenticando Cristo nella sua predicazione.
Gregg cita un’altra immagine per descrivere questa situazione: «Mentre la Chiesa cattolica ha optato per i poveri, i poveri hanno optato per le sette pentecostali». Il che renderebbe ragione di quell’81% che hanno optato per le denominazioni protestanti perché cercano «un contatto personale con Dio». «Credo che si tratti di un fenomeno sopravvalutato – dice padre Donegana –, anche se lo stesso Clodovis Boff (uno dei principali esponenti della teologia della liberazione e oggi molto critico su quell’esperienza, ndr) mi disse tempo fa: “Noi facevamo le sfilate, la gente faceva le processioni”. Ma appunto, in generale non molta gente ha seguito questa tendenza sociale. Le stesse comunità di base, che peraltro sono un’esperienza non riducibile alla teologia della liberazione, numericamente rappresentano una minoranza nella Chiesa latino-americana. Piuttosto i pentecostali hanno sviluppato la “teologia della prosperità”, ovvero: se tu ti impegni e dai qualcosa a Dio, Dio ti ricompensa. È una sorta di scambio, una promessa di aiuto concreto che attrae tante persone povere, disperate e che hanno bisogno. Questo è anche il motivo di tante donazioni in denaro che fanno queste sette molto ricche».
In effetti, dall’indagine del Pew emerge un dato interessante anche sul fronte dell’approccio al problema della povertà: alla domanda su quale sia la cosa più importante per aiutare i poveri, i cattolici rispondono in maggioranza che è «l’impegno caritativo», i protestanti invece «portare i poveri e i bisognosi a Cristo». Può forse sorprendere, ma la stessa
indagine afferma che i protestanti sono impegnati nelle opere caritative più dei cattolici.
E sono ancora i protestanti a credere di più che la preghiera aiuti anche nel trovare lavoro, casa e mezzi sufficienti per vivere. Non solo, anche sui temi morali (famiglia, aborto) i protestanti sudamericani appaiono più rigorosi dei cattolici: ad esempio, sui matrimoni fra persone dello stesso sesso, c’è molta più opposizione da parte dei pentecostali.

Una risposta debole
Se questa è la situazione, qual è la risposta della Chiesa cattolica? «Anzitutto – dice ancora padre Donegana – bisogna notare che, a riprova del tipo di religiosità latino- americana, fra i cattolici le realtà che tengono sono proprio quelle carismatiche, che colpiscono l’emotività. Da qui il successo, ad esempio, in Brasile dei preti cantanti. Il più famoso è padre Marcelo Rossi, alle sue messe arrivano folle oceaniche. Ma certo è che si resta sempre su una religiosità emotiva». Probabilmente inseguire i pentecostali sul loro terreno non è esattamente la soluzione. «La vera questione – prosegue il missionario del Pime – è che la Chiesa è spiazzata da questo fenomeno pentecostale. Cerca soprattutto di lavorare sulla formazione dei laici e, come in Argentina soprattutto, punta sulla valorizzazione della religiosità popolare, un tema che non a caso è caro a papa Francesco».
E appunto papa Francesco potrebbe essere una carta di riscatto per i cattolici, ma – come nota la ricerca del Pew Research Center – è troppo presto per valutarne l’effetto, anche se intanto è da registrare che all’entusiasmo dei cattolici corrisponde una sostanziale indifferenza degli ex. â–

 
 
Il Timone – Gennaio 2015

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