Che cos’è la Chiesa? Un insieme di persone che hanno uno stesso fine, un identico “valore”, che da loro accolto e scelto le unisce intimamente. L’atto che unisce tutti i membri della Chiesa è la fede e il valore che accolgono e scelgono è il Signore Gesù. La fede è un dono soprannaturale, da noi ricevuto in modo assolutamente immeritato, attraverso il Battesimo. La Chiesa è dunque la comunità dei battezzati. Non è una massa informe, ma un “popolo”. Non un popolo qualunque ma “il popolo di Dio”, come ci insegna la Chiesa nel Catechismo del Concilio di Trento (n. 113) e nel Catechismo della Chiesa Cattolica (nn. 753 e seguenti). In questa espressione, la parte più importante è costituita dal genitivo che la specifica: «di Dio». È Dio, infatti, che ha fatto, anzi che “fa” questo popolo, abitando in esso, accompagnandolo, guidandolo, facendosi suo “Capo” in un modo unico ed ineffabile; in modo tale che questo insieme di uomini e donne sparsi per il mondo in Lui fanno “uno”, diventando il suo corpo “mistico”, cioè misterioso. “Misterioso”, ma non per questo meno concreto e reale.
L’ermeneutica della rottura, condannata da Benedetto XVI nel suo famoso discorso del 22 dicembre 2005, sostiene che il Concilio ecumenico Vaticano II avrebbe sostituito il termine “popolo di Dio” a quello di “corpo di Cristo” come definizione propria della Chiesa. Il termine “Corpo di Cristo” sarebbe solo un’immagine, una metafora, mentre il termine “popolo di Dio” sarebbe qualcosa di reale, di sociologicamente riscontrabile nella realtà. Si tratta di un fraintendimento radicale del senso oggettivo delle parole del Concilio e quindi anche della Parola di Dio contenuta nelle Scritture e trasmessa dalla Chiesa. «Nella Sacra Scrittura troviamo moltissime immagini e figure tra loro connesse mediante le quali la Rivelazione parla del mistero insondabile della Chiesa. Le immagini dell’Antico Testamento sono variazioni di un’idea di fondo, quella del “Popolo di Dio”. Nel Nuovo Testamento tutte queste immagini trovano un nuovo centro, per il fatto che Cristo diventa il “Capo” di questo Popolo, che è quindi il suo Corpo» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 753).
Certamente la Chiesa è una società, è un popolo. Ma ciò che la fa popolo è ormai, nell’economia del Nuovo Testamento, il mistero di Cristo Signore che con l’incarnazione si è fatto “Dio con noi” e con la sua morte e resurrezione unisce a sé tutti coloro che credono in lui facendone membra del suo corpo. «Tutto infatti egli ha messo sotto i suoi piedi e lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose: essa è il corpo di lui, la pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose» (Ef 1,22-23); «Egli è […] il capo del corpo, della Chiesa» (Col 1,18); «Da lui tutto il corpo, ben compaginato e connesso, con la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, cresce in modo da edificare se stesso nella carità» (Ef 4,16).
Il suo Corpo è una realtà, è la realtà profonda che dà sostanza a questa “società” che è la Chiesa. Dove si vede (con gli occhi della fede evidentemente) questa unità misteriosa? Soprattutto nel mistero dell’eucaristia in cui i molti che si nutrono dell’unico Corpo e Sangue del Signore diventano in lui un’unica realtà: «[…] il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane. Guardate l’Israele secondo la carne: quelli che mangiano le vittime sacrificali non sono forse in comunione con l’altare?» (1Cor 10,16-18).
I molti si fondono con lui e fra di loro, senza peraltro “confondersi”, perché l’unità che li unisce è l’unità dell’amore. L’amore è quella realtà sublime che unisce in modo assoluto senza peraltro confondere, perché presuppone come sua condizione ineliminabile la diversità dell’amato e dell’amante. «E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata » (Ef 5,25-27).
IL TIMONE N. 126 – ANNO XV – Settembre/Ottobre 2013 – pag. 60
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