All’origine e fondamento del male vi è un essere personale e spirituale: il diavolo. Sarebbe imprudente non temerlo, ma sempre saldi nella certezza che Gesù Cristo è più forte
Il problema del male accompagna l’uomo fin dalle origini. Si può dire che ogni riflessione religiosa o filosofica in fondo viene stimolata da questo problema: da dove viene il male? Anche nella Sacra Scrittura, nel racconto (o nei racconti) della creazione con cui si apre il libro del Genesi, il testo prova a dare una risposta a questo quesito: in principio Dio ha creato il cielo e la terra, poi vengono descritte tutte le varie realtà che Dio ha creato e quasi come un ritornello viene ripetuto: «E Dio vide che ciò era buono». Questo avviene sette volte, perché la Scrittura usa un linguaggio anche simbolico: il numero sette è un numero di perfezione, per sette volte viene dunque detto «ciò è buono».
L’origine del male
Poi dopo – soltanto dopo – si parla del peccato. Nel capitolo terzo fa capolino il male, ma il male appare nel modo e sotto la forma di deviazione della libertà di uno spirito finito. Anche dalla forma letteraria di questi racconti, noi vediamo che l’autore sacro è quasi in polemica nei confronti di altre visioni dell’uomo che circolavano nell’ambiente, visioni in cui il problema del male veniva risolto in fondo in questo modo: nella natura delle cose c’è il bene e c’è il male. Il male fa parte integrante della natura delle cose. Le cosmologie dei popoli circostanti Israele interpretavano l’origine del mondo e del cosmo come una composizione fra elementi diversi tra cui c’è anche un elemento cattivo. Perché c’è il male? Perché fra le varie nature che ci sono, fra le varie cose che ci sono, c’è anche il male. Il manicheismo – quella religione radicalmente dualista fondata nel III secolo e che affascinò anche Agostino prima della conversione – porterà alle estreme conseguenze questo concetto. Questo tipo di spiegazione prenderà altre forme, affermando, come addirittura succede nella speculazione della Cabala ebraica, che il male è una qualità di Dio o, come avviene nell’idealismo di Hegel, che il negativo entra nella costituzione stessa dell’Assoluto e che l’Assoluto ne ha quindi bisogno per essere quello che è. Allora il male diventa qualche cosa di costitutivo nella natura delle cose e addirittura nella natura stessa di Dio.
No!, sembra dire il testo sacro. Il male non è nella natura delle cose, ma è entrato nel mondo solo con un atto di libertà, in seguito al peccato dei progenitori. Il male non è né in Dio né nelle cose, ma il male c’è perché Dio ha creato degli esseri liberi, i quali hanno usato male questa loro libertà. Non solo, la Scrittura subito ci fa notare una cosa: cioè che l’uomo non è stato l’inventore del male, lo ha fatto con tutta la sua responsabilità, ma in qualche modo lo ha trovato, perché qualcuno glielo ha suggerito, e qui abbiamo quel personaggio misterioso che è il serpente, di cui non si dice inizialmente chi veramente sia.
Il demonio nella Sacra Scrittura
Nell’Antico Testamento infatti del demonio si parla molto poco. Sono pochi i passi in cui si parla di lui. In fondo questo serpente viene interpretato come tale nell’Antico Testamento soltanto nel tardivo libro della Sapienza, dove si dice che la morte è entrata nel mondo a causa dell’invidia del diavolo (cfr. Sap 2,24). L’identificazione viene ultimamente determinata dall’ultimo libro della Bibbia, l’Apocalisse: «[…] il serpente antico, colui che è chiamato diavolo […]» (Ap 12,9).
Nel libro di Giobbe si dice che il demonio è uno degli angeli che sono presenti alla corte di Dio e da tutto il racconto si evince che il demonio fa comunque e sempre esiste solo quello che Dio gli permette di fare.
Ecco così la spiegazione biblica: il male non è una cosa, non è una virtù, ma è strutturalmente privazione. Dire che il male è privazione non vuol dire che non sia niente. Dire che il male non esiste può sembrare una ingiusta banalizzazione del male e il male non va mai banalizzato; però si può dire che il male è sempre una mancanza di perfezione, il male è carenza di ciò che si dovrebbe avere e fare secondo la propria natura e la causa ultima del male si radica nell’uso cattivo, deviato di una libertà. La Scrittura ci dice anche che non tutto il male esistente proviene dall’uomo, anzi, originariamente l’uomo ha sì fatto il male, ma per una suggestione che veniva da lontano. Il racconto del Genesi non autorizza nessuna deresponsabilizzazione, perché non dice che, dato che Adamo ed Eva sono stati tentati dal diavolo non erano responsabili. Si dice solo che la suggestione era molto forte e che c’è stata e c’è ancora una presenza del male che in qualche modo precede l’attività dell’uomo. Il male, potremmo dire, ha una sua dimensione metastorica che è appunto questa presenza degli spiriti cattivi che sono diventati tali per una deviazione della loro volontà. La cosa è allusa, per così dire, nella Scrittura sia per quello che riguarda la creazione degli angeli, sia per quello che riguarda la loro caduta. Nella Scrittura non abbiamo affermazioni così aperte o perlomeno così importanti come quelle riguardanti la creazione del mondo e dell’uomo, però troviamo delle allusioni che sono sufficientemente chiare. Nella prima lettera di san Giovanni si dice che «il diavolo è peccatore dal principio» (1Gv 3,8). Nella seconda lettera di san Pietro (2 Pt 2,4), nella lettera di san Giuda (Gd 6), troviamo dei passi abbastanza espliciti per quello che riguarda la caduta, mentre san Paolo, parlando di principati e potenze, dice che sono creature (Rm 8,38).
Che cosa succede quando si nega l’esistenza del demonio dicendo che è il simbolo del male? Si finisce fatalmente per fare di questo male un qualcosa che ha una sua consistenza, cioè per ricadere nel manicheismo, proprio in quelle concezioni che la parola di Dio voleva confutare rivelando l’esistenza di spiriti celesti decaduti. Questo esito fatale lo troviamo per esempio in quei teologi che affermano che i demóni sono «strutture mentali». Che cosa significa? O che il male ha una sua consistenza oggettiva, oppure che il demonio è una inclinazione cattiva che è nel cuore dell’uomo. Una teoria molto antica che troviamo anche nel Talmud. Ma il problema è solo spostato: se nel cuore dell’uomo c’è, fin dalla nascita, una inclinazione cattiva allora questa inclinazione viene da Dio.
Molti di questi teologi affermano che «Gesù come tutti gli uomini del suo tempo condivideva la concezione dell’esistenza di demoni, angeli, ecc.». È una affermazione profondamente inesatta, perché anche al tempo di Gesù c’erano già delle correnti che negavano l’esistenza del diavolo e degli angeli: i Sadducei infatti negavano l’esistenza degli angeli (cfr. At 23,8). È invece chiaro dai Vangeli che il Signore molto spesso contraddice apertamente le convinzioni diffuse nel suo tempo, mostrando la sua piena indipendenza.
Il male ha un fondamento personale
La ricerca più avveduta ha riscontrato che l’Apocalittica più che un “genere letterario” costituisce piuttosto una corrente teologica. L’essenziale dell’apocalittica non sarebbe quindi da ricercarsi in una questione di metodo, ma a livello di contenuti. Ora il contenuto centrale della teologia apocalittica è proprio il problema del male, dove il demonio non rappresenta più una cifra simbolica, ma proprio la sostanza della soluzione: il male non è un “qualcosa”, ma è in radice il frutto dell’uso sbagliato della libertà, quindi ha un fondamento personale. Alcuni degli esseri spirituali creati buoni da Dio, gli Angeli, sono diventati, usando male la loro libertà, cattivi. Si sono ribellati al loro Creatore, hanno posto nel bel mezzo di una meravigliosa sinfonia una orribile “stecca”. Di questo Dio non ha nessuna colpa, perché chi è libero porta lui – e lui solo – la responsabilità di quello che fa. Ma Dio non interruppe per questo la sua opera redentrice. La lotta contro il male è dunque diventata drammatica, ma, avendo per oggetto non incoercibili leggi della natura, ma potenze personali, può essere vinta e le forze del male spogliate della loro potenza. Ecco tutta l’ambiguità e il paradosso dell’apocalittica: messaggio insieme di estrema drammaticità e di sfolgorante speranza.
La negazione del demonio
Vi è stato chi ha cercato di negare, o meglio di liquidare l’esistenza del diavolo come essere personale. Il punto di partenza è il 1969 con la pubblicazione del testo di un esegeta veterotestamentarista tedesco, Herbert Haag, intitolato Abschied vom Teufel, cioè Commiato dal diavolo, tradotto l’anno successivo in italiano dalle edizioni Queriniana di Brescia. L’editore italiano ha aggiunto un punto di domanda, da cui il titolo Liquidazione del diavolo?, che peraltro nell’originale non c’è. La crisi che investì la Chiesa in quegli anni si estese così anche alla demonologia, ma non si deve credere che il Magistero pontificio non intervenne. Tre anni dopo, nel 1972, il servo di Dio Paolo VI parlò due volte, il 15 novembre e il 26 giugno, presentando il demonio come essere personale e così fece altrettanto la Congregazione della Dottrina della Fede, il 26 giugno 1975. Un essere personale forte, intelligente, ma dal quale non bisogna farsi terrorizzare. Nel Vangelo di Luca, il Signore, dopo aver scacciato il demonio da un indemoniato, ci offre la spiegazione dell’accaduto: «Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, tutti i suoi beni stanno al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via l’armatura nella quale confidava e ne distribuisce il bottino» (Lc 11,20-22).
Chi è Gesù? È il più forte, in grado di schiacciare il forte, cioè il demonio. Se dovessi dire quale è l’atteggiamento che il cristiano deve avere nei confronti di questo mondo inquietante e tenebroso, direi che non è quello della paura, ma quello della vigilanza, anzi il cristiano in fondo se ha paura e nella paura si adagia, pecca, perché vuol dire che non crede! Se noi diamo un’occhiata alla storia della salvezza vediamo che a tutti i livelli c’è sempre una tensione, fra un “già” e un “non ancora”. Il Signore ci ha già salvati, però noi abbiamo ancora qualcosa da fare a questo mondo per accogliere questa salvezza. Così possiamo dire che il Signore ha già vinto il demonio e che però il demonio è ancora all’opera. Quindi la vigilanza la dobbiamo sempre avere senza mai perdere la consapevolezza della vittoria che il Signore ha riportato sul demonio. Il demonio in fondo è vinto e noi lo vinciamo nella misura in cui con la fede ci affidiamo interamente a quest’Uomo più forte di lui che è Gesù nostro Signore.
Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 391-395; 407.409.414
Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Documento «Les formes multiples de la superstition» sul tema «Fede cristiana e demonologia», 26 giugno 1975, Enchiridion Vaticanum 5 (1974, 1976), 1347-1393.
Pietro Cantoni, Demonologia e prassi dell’esorcismo e delle preghiere di liberazione, in Fides Catholica 1 (2006), pp. 144-181.
Don Gino Oliosi, Il demonio come essere personale. Una verità di fede, Fede & Cultura, 2008.
Agostino Tommaselli, Spiriti maligni. Chi è il diavolo, qual è il suo potere, come si combatte, EDB, 2011.
Dossier: L'ESORCISMO CONTRO SATANA E GLI ANGELI RIBELLI
IL TIMONE N. 106 – ANNO XIII – Settembre/Ottobre 2011 – pag. 36 – 38
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