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12.12.2024

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Il dilemma delle DAT
31 Gennaio 2014

Il dilemma delle DAT

 


Le Dichiarazioni Anticipate di Trattamento stanno per diventare legge dello Stato. Con il sostegno di gran parte del mondo cattolico. Molti pro life restano contrari, ma hanno pochi spazi dove esprimersi. Il Timone ha raccolto le loro preoccupazioni

Il Parlamento italiano sta per votare la legge sulle Dat, le Dichiarazioni Anticipate di Trattamento.
Nel dibattito di questi mesi sono emerse tre posizioni: una prima, favorevole alla legge come mezzo per evitare casi di eutanasia; una seconda, che osteggia la legge perché la considera contraria all’autodeterminazione del paziente; una terza, contraria alla legge, ma per il motivo opposto, poiché ritiene che le DAT legalizzino il testamento biologico, aprendo all’eutanasia di Stato.
La prima posizione è sostenuta da autorevoli esponenti del mondo cattolico, e trova ampio spazio sui media di ispirazione cristiana. È inoltre condivisa dal Presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Angelo Bagnasco.
La seconda posizione è “sposata” dalla quasi totalità dei mass media laici, ed è sponsorizzata da quanti appartengono storicamente alla “cultura della morte”.
La terza posizione è affermata da alcuni intellettuali e studiosi cattolici, oltre che da alcune associazioni pro life, in particolare il Comitato Verità e Vita, l’Associazione Papa Giovanni XXIII, Medicina & Persona, l’Associazione internazionale di diritto pontificio “Vivere in”. Personalmente sostengo questa terza posizione e sono grato al nostro direttore di offrirmi sul Timone la possibilità di spiegarne le ragioni. Queste voci non hanno praticamente spazio sui mezzi di comunicazione, e si fanno sentire quasi esclusivamente sulla libera autostrada del web. Ma quali sono le ragioni addotte dai pro life che si oppongono alla legge sulle DAT? Vediamole in sintesi.

Dieci obiezioni di carattere giuridico
1. L’eutanasia è ancora illegale nel nostro Paese. Nessuna sentenza è in grado di abrogare le leggi che vietano l’eutanasia nel nostro ordinamento. Dopo la tragica vicenda di Eluana Englaro, altri giudici si sono pronunciati correttamente e nessun caso simile si è verificato. Dunque, non c’è bisogno di una nuova legge per vietare l’eutanasia: basta applicare il diritto esistente.
2. Le Dat e il testamento biologico sono la stessa cosa. Nonostante in Italia le Dat non siano vincolanti per il singolo medico, esse funzionano a tutti gli effetti come un testamento biologico: le Dat minano l’esercizio dell’arte medica, dando valore giuridico a una volontà non attuale, ambigua nel suo contenuto. È vero: l’alimentazione e l’idratazione artificiale non possono formare oggetto delle DAT, ma – attenzione – è consentito rifiutare l’inserimento degli strumenti di alimentazione artificiale, poiché costituiscono un intervento sanitario.
3. La proposta di legge sulle Dat non dice che cosa si intende esattamente per eutanasia. Essa vieta la “buona morte”, ma non definisce questa fattispecie in alcun modo: e senza definizione, il divieto è inefficacie.
4. Contro l’accanimento terapeutico, le Dat non servono. I medici sono sempre tenuti a evitare l’accanimento per rispetto delle norme deontologiche, a prescindere dal fatto che un paziente ne faccia richiesta nelle Dat.
5. I ricorsi giudiziari non saranno impediti, ma fomentati dalla nuova legge. Il paziente (così come fece Welby) potrà agire per chiedere la cessazione delle cure, se ritiene che costituiscano accanimento terapeutico. Analoga azione potrà essere promossa dai tutori degli interdetti, dai genitori dei minori, dagli amministratori di sostegno, dai fiduciari di coloro che hanno sottoscritto dichiarazioni anticipate di trattamento.
6. Con il concetto di “fine vita” si amplia a dismisura la portata della legge. Il testo sulle Dat introduce un nuovo concetto ambiguo, il fine vita, molto più ampio rispetto a un paziente per il quale la morte è prevista come imminente. Secondo il magistrato Giacomo Rocchi, «il concetto di fine vita è il grimaldello per estendere enormemente l’ambito della previsione: tutti siamo in fine vita se non ci curiamo o non ci nutriamo».
7. I medici saranno a rischio di azione giudiziale. Il medico che non vuole sottostare alle DAT può farlo, ma deve scrivere nella cartella clinica le motivazioni della sua “disobbedienza”. Questa norma invoglia la classe medica ad uniformarsi alle volontà anticipate del malato, ed espone il medico coscienzioso ad azioni da parte di parenti e associazioni favorevoli all’eutanasia. Inoltre, il medico riottoso potrà sempre essere rimpiazzato a discrezione del fiduciario. Con questa legge, il medico diventa sostanzialmente un mero esecutore della volontà altrui.
8. Gli incapaci sono in balia dei loro tutori. Il testo in discussione permette al tutore di scrivere le Dat al posto del paziente che sia minore o disabile. Se il tutore o i genitori non prestano il consenso – non firmano – il medico non può curare l’incapace. Il medico che vorrà andare contro al rifiuto di terapie espresso dal genitore o dal tutore dovrà ricorrere al giudice tutelare. La Comunità Giovanni XXIII, che assiste ogni giorno molti piccoli incapaci, è insorta contro queste norme sulle Dat.
9. I neonati prematuri potranno non essere rianimati. Facile ipotizzare l’applicazione dello strapotere dei tutori al caso della rianimazione dei neonati prematuri: i genitori potranno decidere «avendo come scopo esclusivo la salvaguardia della salute psicofisica del minore», e il medico dovrà adeguarsi, oppure ingaggiare un contenzioso; ma in tal caso i genitori potranno sempre cambiare medico.
10. Il fiduciario sarà il vero protagonista della decisione. Il fiduciario rischia di diventare, più che la voce dell’incapace, il vero “decisore” del destino dei pazienti in stato di incoscienza.

Tre obiezioni in materia di dottrina sociale della Chiesa
1. Si è detto che la proposta di legge va votata perché é “ragionevole e liberale”. Ma secondo la dottrina della Chiesa, le leggi non si giudicano sulla base della loro corrispondenza al modello liberale. Ciò che conta è la loro conformità al principio di diritto naturale della tutela del bene comune. Le leggi sul divorzio o sulla fecondazione artificiale sono indubbiamente liberali. Ma restano leggi gravemente ingiuste, cioè delle “non leggi”.

2. Il Magistero della Chiesa non ha mai affermato che il testamento biologico o le Dat siano uno strumento buono e da legalizzare. Il Magistero ha ribadito invece, più volte e in maniera autorevole, che alimentazione e idratazione non sono un mezzo straordinario e sproporzionato. Questo significa che non possono essere mai interrotti, almeno finché assolvono al loro scopo di idratare e nutrire. Ora, per garantire questo obbligo non è affatto necessario introdurre nell’ordinamento il valore legale delle DAT, che anzi possono diventare un mezzo per opporsi alle cure.
3. Si è detto – proprio come a proposito della legge 40/2004 sulla fecondazione artificiale – che quella sulle Dat “non è una legge cattolica”. Ma le leggi si distinguono in giuste e ingiuste, non avendo alcuna pertinenza (anche per la sua ambiguità in simile contesto) l’aggettivo di “cattolica” o di “non cattolica”. La Chiesa non ha mai preteso un’assoluta identificazione fra morale e diritto, fra dottrina di fede e norme dello Stato, esigendo – questo sì – che la legge degli uomini non contraddica la legge naturale.
Quattro obiezioni di carattere teologico-morale
1. Le Dat incoraggiano nella società l’idea che io disponga della mia vita. Anche se limitate nei loro effetti legali, le Dat diffondono questo grave errore morale.
2. Le Dat alimentano la sfiducia dei pazienti nei confronti del medico. Per analogia: se io mi fido del prete, non ho bisogno di lasciargli delle indicazioni scritte sul genere di preghiere che dovrà recitare quando sarò ammalato; o sul tipo di funerale che deve celebrare.
3. Le Dat verranno percepite come “cattoliche”. Al di là delle buone intenzioni e delle precisazioni più adeguate, la mobilitazione di importanti settori del mondo cattolico a favore della legge produrrà nell’opinione pubblica l’idea che le Dat siano da utilizzare e diffondere. Le Dat staranno al testamento biologico, come la fivet omologa sta a quella eterologa: il male minore si trasforma in bene.
4. Le Dat sono contrarie alla fiducia nella Provvidenza. L’uomo moderno vuole controllare tutto e prevedere tutto. Poi scopre che i suoi sistemi di sicurezza non fermano i maremoti e non proteggono le sue centrali nucleari. Dominare e programmare la morte è impossibile: si può “solo” vincerla, tenendosi aggrappati a Cristo e alla Chiesa. L’unica dichiarazione anticipata dell’uomo di buon senso è una giaculatoria che ci insegnavano da bambini: «Gesù, Giuseppe e Maria, assistetemi nell’ultima mia agonia».

Bibliografia

P. Ceci, Gli articoli più pericolosi della legge sulle Dat, in Basta Bugie n.180, www.bastabugie. it/it/articoli.php?id=1650 .
M. Micaletti, Perché nel nostro Paese l’Eutanasia è ancora illegale, www.comitatoveritaevita.it/pub/editoriale_read.php?read=291
A. Gnocchi – M. Palmaro, Il testamento biologico è un paralogismo, anzi un autogol, il Foglio, 24 febbraio 2011.
Lector Quidam, Contro l’inganno del fine vita, il Foglio, 16 marzo 2011.
G. Rocchi, Analisi del progetto di legge sul testamento biologico, www.comitatoveritaevita. it/pub/nav_Analisi_del_progetto_di_legge_ sul_testamento_biologico.php

IL TIMONE N. 102 – ANNO XIII – Aprile 2011 – pag. 16 – 17

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