Dopo nazismo e comunismo, Pio XI interviene sul laicismo, denunciando la legislazione e la persecuzione dello Stato messicano. E riconoscendo la legittimità di un’insurrezione armata di un popolo che aveva superato il limite della sopportazione.
La svolta dopo il 1930. A metà del suo corso, il pontificato di Pio XI subì una svolta. Negli anni Venti, seguendo la politica concordataria del segretario di Stato cardinale Pietro Gasparri, il Papa aveva cercato intese diplomatiche ed accordi concordatarî con i nuovi regimi dittatoriali: l’Italia di Mussolini, la Polonia di Józef Pilsudski (1867-1935), leader socialista e maresciallo, autore di un colpo di Stato nel 1926, la Germania di Hitler, perfino la Russia di Stalin. Dopo il 1930 invece, influenzato dalla politica intransigente del cardinale Eugenio Pacelli, il Papa si concentrò nella critica alle ideologie che giustificavano quei regimi apertamente o potenzialmente totalitari: ossia comunismo, nazismo, fascismo e laicismo. Negli anni Trenta, difatti, Pio XI intervenne più volte contro questi regimi, fino al culmine del 1937, quando pubblicò le tre note encicliche di cui si è detto.
Cosa spinse il Papa a questo cambiamento di strategia? Egli era certamente rimasto deluso dai risultati della politica concordataria: i regimi dittatoriali avevano incassato riconoscimenti e vantaggi, ma in cambio avevano concesso ben poco ed anzi, in certi casi, avevano avviato uno scontro sotterraneo (Italia, Germania) o addirittura una persecuzione aperta (Messico, Russia, Spagna) verso la Chiesa. Essendo fallita la via del dialogo e dell’intesa, non restava che ripiegare nella denuncia e nell’autodifesa.
Se le denunce di comunismo, nazismo e fascismo sono ben note, quella del laicismo è invece quasi dimenticata. Eppure è di grande attualità. Difatti, oggi nazismo e fascismo sono morti e il comunismo ha subìto una sorta di mutazione epocale; invece il laicismo ha vinto ed anzi si va rafforzando, non solo nell’Unione Europea ma anche nell’America Latina: lo dimostra l’insorgere di regimi “progressisti” in Brasile, Venezuela, Bolivia, Ecuador. Vale dunque la pena di ricordare brevemente la condanna del laicismo pronunciata da Pio XI e il dramma storico che ne fu occasione: quello del Messico.
La tragedia messicana
La Repubblica messicana era governata dittatorialmente dal Partito Rivoluzionario Istituzionale, tipica sintesi di liberalismo e socialismo in chiave massonica, che pretendeva di liberare dal “fanatismo” e dall’“oppressione”, ossia dalla Chiesa cattolica, uno dei popoli più cristiani della terra.
A partire dalla Costituzione politica del 1917 – l’anno stesso della rivoluzione bolscevica! – in pochi anni il regime messicano passò dalla propaganda anticlericale alla persecuzione anticristiana. Esso sancì la separazione dello Stato dalla Chiesa; sottomise il clero al controllo dello Stato e il culto a quello della polizia; privò le diocesi del diritto di possedere beni, dirigere scuole, promuovere la carità; soppresse i voti e gli ordini religiosi; secolarizzò il matrimonio e introdusse il divorzio; sostituì l’istruzione cristiana con quella atea; impose ai laici la fedeltà alla sua politica, licenziando o imprigionando coloro che si opponevano.
Nella illusione di ammansire il regime o di eludere le misure persecutorie, in un primo momento l’episcopato messicano «aveva tollerato, con animo fin troppo remissivo, le leggi ingiuste», come ammise lo stesso Pio XI (Iniquis afflictisque, enciclica del 18 novembre 1926). Ma nel 1926 la tempesta scoppiò, alcuni vescovi furono deposti o esiliati, il clero immobilizzato, le chiese chiuse, gli oppositori imprigionati o uccisi: iniziava quella che il Papa condannò come «sfrenata tirannide e spietata persecuzione» mossa da «implacabile odio per la Religione».
La reazione dei fedeli fu meravigliosa; iniziò l’eroica epopea della cosiddetta Cristiada, che rinnovava le gesta delle “insorgenze” antigiacobine europee. Al grido di battaglia “viva Cristo Re!”, i Cristeros costituirono dapprima una rete di organizzazioni clandestine, con la quale difendevano le chiese e sostenevano i perseguitati; poi anche una resistenza armata che riuscì a contrastare valorosamente l’esercito repubblicano. In pochi anni, il regime perse il controllo d’intere regioni, nelle quali era stato ristabilito non solo il culto, ma anche un embrione di Stato cristiano governato da borghesi o contadini diventati generali sul campo. I Cristeros chiesero a illustri teologi romani se la loro ribellione armata era moralmente giustificata, e questi risposero di sì; la loro opinione venne poi confermata dal Papa stesso, che denunciò al mondo una persecuzione quale non si era vista dal tempo della Vandea “massacrata” dai giacobini francesi.
L’insorgenza cattolica avrebbe vinto, se non fossero intervenuti due fattori: la solidarietà della massoneria statunitense, che sostenne e riarmò gli oppressori, e il tradimento di un vescovo, che illuse e disarmò gli oppressi. Il Partito laicista infatti invocò la pace e propose un armistizio-trappola: il regime avrebbe restituito la libertà di culto, ma i “ribelli” avrebbero dovuto deporre le armi e consegnarsi nelle Prefetture. Il vescovo di Città del Messico accettò di farsi garante della proposta e, a sua volta, convinse Pio XI ad appoggiare questo tentativo, per spingere i Cristeros alla resa. Costoro, pur temendo una trappola, obbedirono e si consegnarono alla polizia. Di conseguenza, non solo l’armata cattolica venne sciolta, ma i Cristeros vennero uccisi a migliaia, i superstiti imprigionati, ogni forma di resistenza smantellata. Per colmo di vergogna, la libertà di culto concessa dal regime fu talmente ridicola da suscitare lo sdegno di Pio XI che, accortosi di essere stato ingannato, appunto nella enciclica Firmissimam constantiam del 28 marzo 1937, una delle tre scritte in quel mese di marzo, espresse il suo dolore e la sua preoccupazione per una cristianità distrutta che bisognava ricostruire dalle fondamenta.
Il laicismo condannato
Accanto agli episodi del Messico, dove si concluse tragicamente, e della Spagna, dove invece si concluse con la vittoria della “cruzada”, il laicismo condannato da Pio XI operava e continuerà a penetrare nel corpo sociale anche delle nazioni europee. Così, in Europa, seppure con modalità diverse, meno violente, più subdole e di carattere culturale, porterà a compimento quella rottura fra il Vangelo e la cultura che ancora oggi rimane il dramma principale della nostra epoca.
« … se tutti coloro che nella repubblica messicana infieriscono contro i loro stessi fratelli e concittadini, rei soltanto di osservare la legge di Dio, richiamassero alla memoria e ben considerassero spassionatamente le vicende storiche della loro patria, non potrebbero non riconoscere e confessare che tutto quanto esiste tra loro di progresso e di civiltà, di buono e di bello, ha origine indubbiamente dalla Chiesa. Nessuno infatti ignora che, fondata ivi la cristianità, i sacerdoti e i religiosi segnatamente, che ora vengono con tanta ingratitudine e crudeltà perseguitati, si adoperarono, con immense fatiche e nonostante le gravi difficoltà opposte dai coloni divorati dalla febbre dell’oro da una parte e dall’altra dagli indigeni ancora barbari, a promuovere in gran copia per quelle vaste regioni e lo splendore del culto divino e i benefici della fede cattolica, e le opere e istituzioni di carità, e le scuole e i collegi per l’istruzione e l’educazione del popolo nelle lettere e nelle scienze sacre e profane e nelle arti e nelle industrie».
(Pio XI, enciclica Iniquis afflictisque, del 18 novembre 1926, sulla difficile situazione dei cattolici in Messico)
Bibliografia
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Dossier: La Chiesa e le ideologie del “secolo breve”
IL TIMONE – N.59 – ANNO IX – Gennaio 2007 pag. 44 – 45