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14.12.2024

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Il passato che ritorna
31 Gennaio 2014

Il passato che ritorna

 

 

La scoperta della ricostituzione delle Brigate Rosse è solo la punta dell’iceberg della violenza, non solo politica, che caratterizza l’Italia secolarizzata e laicista.
È un filo rosso che ci riporta agli anni ‘70 e oggi, come allora, nel mirino troviamo i cattolici che osano presentarsi con il loro volto.
Soltanto il pentimento e il perdono possono fermare questa deriva.

Renato Curcio che va a Bologna, nella città del giuslavorista Marco Biagi ucciso dalle Brigate Rosse, a fare il relatore in una conferenza sui problemi del precariato. Oreste Scalzone che rientra in Italia e ce lo troviamo a pontificare su tutti i giornali nonché confuso tra i manifestanti che vogliono liberare i clandestini dai Centri di permanenza temporanea. Adriano Sofri che è tra gli interlocutori scelti alla presentazione di una mozione congressuale dei DS, tanto da far reagire Olga D’Antona, vedova di un’altra vittima delle BR e deputata diessina. Ex terroristi infilati a lavorare nelle istituzioni, dal Parlamento a singoli ministeri per non parlare del Comune di Roma che, dopo Silvia Baraldini, ha ingaggiato anche Claudia Gioia (condanna a 28 anni per l’omicidio del generale Giorgieri). Tutti, o quasi, che non hanno minimamente condannato il loro passato terrorista o di fiancheggiatori; tutti, o quasi, che invocano la chiusura di un capitolo “doloroso” della storia italiana, una soluzione politica a un “passato che non vuole passare”. Il tutto mentre si scopre che le Brigate Rosse sono tornate: numerosi arresti in febbraio hanno messo in evidenza la realtà di diverse rapine già fatte per finanziarsi, obiettivi da colpire già designati, ramificazioni importanti tra i centri sociali e nella CGIL. E come trenta-quaranta anni fa, si deve riconoscere che non si tratta di gruppetti marginali o isolati; al contrario c’è una vasta “zona grigia” nella società che, se non tifa apertamente per la lotta armata, sicuramente la guarda con malcelata simpatia. Non lo si vede soltanto dalle scritte sui muri che inneggiano alla morte dei poliziotti, o dalle ambigue prese di posizione di molti politici vicini alla sinistra radicale, e in attesa che i soliti intellettuali rilancino il ben triste slogan “Né con lo Stato né con le BR”. Lo si vede anche – e direi soprattutto – dall’assoluta dimenticanza e mancanza di considerazione da parte delle istituzioni per le famiglie delle vittime, addirittura viste con evidente fastidio quasi fossero loro, con la loro stessa presenza, a costituire l’impedimento per una riconciliazione nazionale che altrimenti a quest’ora sarebbe cosa fatta.
Eppure le famiglie delle vittime – che oltre a essere dimenticate devono anche soffrire l’umiliazione di vedere gli assassini dei loro cari non solo in giro ma addirittura in posti istituzionali di tutto rispetto – non hanno mai chiesto vendette né rivendicato alcunché. Basterebbe il pentimento, delle scuse sincere per quanto commesso, almeno un barlume di ravvedimento, tenere conto del dolore procurato, sentire almeno il desiderio di riparare. Invece nulla, anzi peggio: c’è l’arroganza di chi pretende di metterci una pietra sopra e di cancellare la memoria, come se nulla fosse avvenuto, considerare gli anni di piombo una parentesi storica ormai superata e metabolizzata.
Ma nella vita gli atti che compiamo non si cancellano; producono delle conseguenze, nel bene e nel male. E se sono nel male, l’unica cosa che possiamo fare è cercare di riparare, immettere nella società quel tanto di bene in più che – se non cancella i danni provocati e il dolore inflitto – almeno li bilancia e soprattutto trasforma positivamente le nostre vite. Anche tra gli ex terroristi ci sono esempi di questo cambiamento. In questo senso il sacramento cristiano della Riconciliazione (confessione e riparazione dei peccati) è un grande modello di realismo sociale, oltre che espressione della fede. E allora sono proprio la secolarizzazione della società italiana e il laicismo dominante – con il suo rifiuto di tutto quanto anche lontanamente richiami l’esperienza cattolica – che impediscono al passato di passare. I familiari delle vittime, con la loro muta presenza, ci ricordano proprio questa semplice realtà.
La conseguenza di questa ferita mai cicatrizzata è che in questi tempi sta tornando prepotentemente in superficie quella violenza che ha caratterizzato gli anni ’70 e che tanti lutti ha provocato in Italia, e di cui la ricostituzione delle BR è solo la punta dell’iceberg. A impressionare non è tanto la violenza crescente dei centri sociali e dei movimenti no-global, o l’esternazione del poeta genovese che invoca l’odio di classe, quanto la dignità che a queste posizioni viene attribuita da chi indirizza l’opinione pubblica, politici e intellettuali. Anzi, l’odio nella nostra società cresce a tutti i livelli: basta guardare alla cronaca nera e al succedersi sempre più frequente di omicidi efferati, di violenze quotidiane generate da motivi futili.
L’assenza di Dio genera violenza. Cresce a maggior ragione l’odio politico e sociale e la Chiesa ne è un obiettivo privilegiato. O meglio, la Chiesa quando vuole essere se stessa e annunciare nella concretezza storica la verità sull’uomo. Esattamente come negli anni ’70, quando nel mirino dei vari collettivi c’erano soprattutto i militanti e le sedi di Comunione e Liberazione, ovvero l’unica presenza allora ben visibile e riconoscibile, punto di resistenza a un totalitarismo ideologico e violento. Ma anche su questo, a 30 anni esatti dallo scoppio delle violenze del ’77, si è affermata una verità “ufficiale” che oltretutto serve ad alimentare l’odio dei collettivi attuali. L’uccisione dello studente di Lotta Continua Francesco Lo Russo, l’11 marzo all’Università di Bologna, che viene considerato l’episodio che dà il via alla contestazione violenta, all’era delle P38, agli scontri di piazza tra autonomi e polizia, viene oggi presentata come originata dalla violenza contro alcuni compagni da parte degli studenti di CL, spalleggiati dalla polizia che poi nella sparatoria uccise Lo Russo. Basta fare un giro su internet per leggere ovunque questa ricostruzione, a partire dall’enciclopedia online Wikipedia. Una ricostruzione che fa gelare il sangue per le implicazioni che oggi comporta e fa sorridere amaramente chi ha la memoria di quegli anni: quella mattina, come succedeva da tempo in ogni ateneo italiano, gli autonomi cercarono di impedire con la forza lo svolgimento di un’assemblea di CL, e la polizia – altro obiettivo ricorrente – intervenne per la gravità che gli incidenti stavano assumendo. La sparatoria e l’uccisione di Lo Russo furono l’infelice quanto scontato esito di un clima di violenza generato dall’odio ideologico. E fu il pretesto per altre più gravi violenze che trovarono giustificazione e copertura negli articoli di noti opinionisti, di cui alcuni ancora pontificano dalle prime pagine dei principali quotidiani italiani. Allo stesso modo oggi, la posizione chiara della Chiesa sulla vita e la famiglia è il pretesto per attacchi scomposti e violenti contro i cattolici che osano presentarsi con il loro volto. È una deriva che può essere arrestata soltanto dal pentimento esplicito di tanti “cattivi maestri e peggiori esempi”, da una presa di distanza chiara e netta di tanti politici e intellettuali dalla violenza predicata e praticata, dallo stop al perdonismo per quanti si sono macchiati di gravi crimini. Prima che sia troppo tardi, e la ferita mai chiusa torni a sanguinare copiosamente.

Ricorda

«Ed è in questo nome supremo di Cristo, che io mi rivolgo a voi, che certamente non lo ignorate. (…) Già troppe vittime dobbiamo piangere e deprecare per la morte di persone impegnate nel compimento del proprio dovere. Tutti noi dobbiamo avere timore dell’odio che de-genera in vendetta, o si piega a sentimenti di avvilita disperazione. E tutti dobbiamo temere Iddio vindice dei morti senza causa e senza colpa. Uomini delle Brigate Rosse, lasciate a me, interprete di tanti vostri concittadini, la speranza che ancora nei vostri animi alberghi un vittorioso sentimento di umanità. Io ne aspetto pregando, e pur sempre amandovi, la prova».
(Paolo VI, Lettera alle Brigate Rosse per chiedere la liberazione di Aldo Moro, 21 aprile 1978).

IL TIMONE – N.62 – ANNO IX – Aprile 2007 pag. 18-19

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