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13.12.2024

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Il pellegrinaggio, via di guarigione
31 Gennaio 2014

Il pellegrinaggio, via di guarigione

 

 

Il sensus (idei dei credenti lo ha sempre saputo: il pellegrinaggio verso i luoghi sacri è strumento di guarigione globale.
Ora se ne accorge anche la scienza.

Ho partecipato di recente ad un convegno organizzato dalla Fondazione Celli di Perugia dal titolo: “La guarigione – Vie della scienza e vie delle culture”. È stato un incontro ad alto livello, un tentativo di porre tra loro a confronto studiosi provenienti da varie specializzazioni (antropologi, medici, fisici, psicologi, esperti di religioni), al fine di recuperare una visione più globale del malato e della sua malattia per studiarne vie di guarigione più efficaci. Ebbene, nel corso del convegno ho avuto la gioia di vedere riconosciuta dalla stessa scienza più attuale il valore di una pratica assai diffusa e molto cara al popolo cristiano: il pellegrinaggio. Diversi studiosi, infatti, si sono occupati specificamente di questo tema, riferendo di alcune ricerche promosse dall’università dell’Aquila e riguardanti l’Abruzzo. In questa regione sono stati censiti oltre 130 luoghi sacri che costituiscono da secoli, alcuni da millenni, meta di pellegrinaggi rituali. Una vera e propria “rete ambulatoriale” per i credenti, come è stata efficacemente definita, alla quale ricorrevano un tempo, ma continuano a farlo anche oggi, i cristiani al fine di ottenere protezione e aiuto per il corpo e per lo spirito. In alcuni di questi luoghi sono presenti elementi naturali che entrano a far parte del culto, come una fonte d’acqua, oppure una grotta o massi di pietra che vengono considerati dai pellegrini come strumenti “benedetti” dal divino e che aiutano la guarigione.
Chiunque abbia un po’ di pratica di santuari sa bene come la diffusione capillare di questi luoghi sacri sia presente anche nelle altre regioni e come il viaggio sacro verso di essi costituisca una tradizione che continua a perpetuarsi anche in tempi come gli attuali di crisi religiosa. Del resto, penso che ognuno di noi ne abbia fatto almeno una volta esperienza nelle più lontane Lourdes o Fatima ma anche nei santuari più domestici, più vicini al nostro luogo di residenza. Così, ognuno di noi potrebbe facilmente testimoniare lo stato d’animo che lo ha mosso: un desiderio di contatto particolare con il divino, una speranza di rinnovamento interiore, una richiesta di aiuto per le necessità del corpo e dello spirito. Ed anche potrebbe dire le sensazioni che ha provate: la gioia di trovarsi in un luogo privilegiato, benedetto da una manifestazione particolare del Soprannaturale; un luogo dove molti prima di lui hanno trovato conforto, protezione, sollievo; la certezza di essere ascoltati; la pace interiore che accompagna il ritorno; la serena speranza di potervi sempre ritornare per rivivere tutto ciò.
Parleremo in una prossima puntata delle disposizioni interiori da coltivare per preparare e vivere bene il pellegrinaggio e per trasformarlo davvero in un “viaggio sacro”, in un itinerario di guarigione. Ora, invece, vorremmo spendere qualche parola su altri aspetti del pellegrinaggio che le ricerche hanno evidenziato. E, cioè, sul fatto che ciò che avviene attorno ad esso – nei secoli e millenni passati ma anche attualmente – è proprio ciò che oggi la stessa scienza comincia a riconoscere come necessario per una vera e profonda guarigione dell’uomo. Ciascuno di noi ha sempre intuito che le sofferenze morali, i “.dispiaceri” come più semplicemente li chiamiamo, influenzano anche la salute fisica. Altrettanto facilmente, capiamo che un carattere amabile, sereno verso la vita e gli altri, aiuta a star bene. Ma ora la scienza ha le prove di come tutto questo avvenga. È riuscita, cioè, a studiare i processi fisici e biochimici che fanno interagire tra loro mente e corpo, la nostra parte spirituale e psichica con quella somatica, materiale. Così, acquista grande importanza anche per la nostra salute fisica l’atteggiamento interio:e in generale, quel “cuore” di cui parla Gesù nel Vangelo come luogo intimo, profondo, in cui si realizza il rapporto fra Dio ed ogni creatura, dove lo Spirito agisce, rispettando tuttavia la nostra libertà. È, questo, lo scenario in cui si compie la battaglia tra bene e male, i cui esiti influenzano la nostra psiche ma anche lo stato di benessere o di malessere del nostro corpo, in un processo di interconnessione continua.
Hanno dunque ragione, intuiscono la verità su se stessi, tutti quei credenti che da sempre, magari inconsapevolmente ma seguendo il loro sensus fidei, fanno del pellegrinaggio uno strumento di guarigione globale. Certo, essi si recano anche dal medico quando ne hanno bisogno, sperando in cuor loro che la sua scienza sappia sempre più e meglio capirli nei loro disagi più profondi e non solo nei loro sintomi. Ma spesso, contemporaneamente, intraprendono un pellegrinaggio, cioè si recano con la totalità del loro essere, dei loro bisogni, delle loro aspirazioni in quel luogo sacro dal quale sperano illuminazione e protezione, guarigione. Essi, infatti, intuiscono che solo Dio, il creatore e vivificatore, Colui che scruta davvero le reni e il cuore di ciascuno può aiutarli fino in fondo. E sanno che, nei santuari, trovano dei mediatori efficaci. Là, infatti, agisce la potente intercessione di Maria, Madre del Redentore, oppure quella dei santi.
Essi sono stati suoi imitatori: per questo ora sono nella gloria, da dove chiedono per noi salute e salvezza. Là, inginocchiato in preghiera, a contatto con il suo Dio, con vicino Maria e i suoi eletti, l’essere ritrova la sua unità e per questo la sua pace, la sua profonda armonia.


RICORDA

“Comincio a salire i gradini, senza fretta, un mancamento nel petto che si allarga salendo, un senso strano di gioiosa e dolorosa inesorabilità. Arrivo in cima, pochi passi ancora e un’occhiata in alto: vertiginosa sale a picco la facciata… e sono dentro. Penombra. In un attimo solo, intuisco figure di pietra in alto e tutt’intorno a me: il Portico della Gloria. AI centro, sulla colonna lavorata, l’albero di Jesse, la statua in pietra di san Diacono!
Dio, com’e bello! lo una cosa non la immaginavo proprio! Tutto accade in quest’attimo preciso, tutta la fatica e la tensione e cos’altro ancora si sciolgono e non faccio nulla per trattenere le lacrime che stavolta non salgono quiete ma irrompono dal profondo. Non riesco a guardarmi intorno, né più in là; non stacco gli occhi da quelli dell’Apostolo, e riesco solo a ripetergli che sono qui, che sono arrivato… e lui mi ha atteso tutto questo tempo”.
(Davide Gandini, Il Portico della Gloria. Lourdes, Santiago de Compostela, Finisterre, a piedi, EDB, Bologna 1996, p. 290).

 

 

 


IL TIMONE N. 23 – ANNO V – Gennaio/Febbraio 2003 – pag. 50 – 51

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