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13.12.2024

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Il Purgatorio
31 Gennaio 2014

Il Purgatorio

 

 


Quali sono i riferimenti della Sacra Scrittura riguardanti il Purgatorio? Un brano sicuramente importante è quello riportato nel secondo libro dei Maccabei, posto al termine del capitolo 12, in cui si narra che Giuda Maccabeo, quando si accorse che alcuni dei suoi soldati erano morti con amuleti pagani al collo, ordinò un sacrificio espiatorio, e tutti pregarono Dio «supplicando che il peccato commesso fosse pienamente perdonato» (2 Mac 12,42). La speranza che questi uomini «fossero assolti dal peccato» anche dopo la morte fa supporre una condizione ultraterrena in cui sia ancora possibile purificarsi ed essere perdonati, soprattutto se i vivi concorrono con la preghiera e i sacrifici a favore dei defunti.
Anche nel Nuovo Testamento troviamo dei riferimenti interessanti, come nell’insegnamento di Gesù riguardo alla riconciliazione col proprio prossimo: «Mettiti presto d’accordo col tuo avversario mentre sei per via con lui, perché egli non ti consegni al giudice, e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all’ultimo spicciolo!» (Mt 5,25-26). Questo brano del vangelo di Matteo (richiamato anche in Luca 12,58-59) acquista il suo senso pieno se “la via” viene letta come “la vita”, e il saldo dei propri debiti come l’espiazione delle proprie pene. Sempre in Matteo, Gesù dice che «dovremo rendere conto a Dio di ogni parola oziosa», e inoltre parla di peccati che, a differenza di altri, non saranno perdonati «né in questo secolo né in quello futuro» (Mt 12,32.36).
Nell’Apocalisse di legge che in Cielo «non entrerà nulla d’impuro» (Ap 21,27). San Paolo nella prima lettera ai Corinzi avverte: «Il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno: se l’opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà una ricompensa; ma se l’opera finirà bruciata, sarà punito; tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco» (1 Cor 3,13-15). San Pietro, nella sua prima lettera, paragona la fede all’oro che, «pur destinato a perire, tuttavia si prova col fuoco» (1 Pt 1,7).
Diversi testi patristici si accostano alla dottrina del Purgatorio. Uno di questi è Il Pastore di Erma, un manoscritto composto a Roma in lingua greca, tenuto in grande considerazione dalle comunità cristiane del II secolo, che talvolta lo consideravano perfino Sacra Scrittura. Origene lo citava frequentemente. Anche San Giovanni Crisostomo (344-407) nella sua Prima Omelia ai Corinzi scrive: «Se i figli di Giobbe sono stati purificati dal sacrificio del loro padre, perché dovremmo dubitare che le nostre offerte per i morti portino loro qualche consolazione? Non esitiamo a soccorrere Il purgatorio coloro che sono morti e ad offrire per loro le nostre preghiere» (41,5). Papa san Gregorio I Magno (540-604), nei suoi Dialoghi, aggiunge: «Per quanto riguarda alcune colpe leggere, si deve credere che c’è, prima del Giudizio, un fuoco purificatore» (4,39).
Il magistero della Chiesa ha formulato la dottrina di fede relativa al Purgatorio in diversi concili. Nel secondo Concilio di Lione del 1274 è affermato: «È nostra fede che il peccatore veramente pentito che muoia in stato di grazia senza aver fatto degni frutti di penitenza dei propri peccati e omissioni sarà purificato dopo morte con le pene del Purgatorio» (Denz. 464). Lo stesso è affermato dal Concilio di Firenze del 1431, mentre il Concilio di Trento del 1545 dichiara che «esiste il Purgatorio e che le anime ivi trattenute sono aiutate dai suffragi dei fedeli e soprattutto dal Sacrificio dell’Altare» (Denz. 983).
Nel Catechismo della Chiesa Cattolica si legge: «Coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del Cielo » (CCC 1030).
Anche diversi santi e mistici hanno confermato la verità di fede del Purgatorio. Santa Caterina da Genova (1447-1510) scriveva: «Di quanta importanza sia il purgatorio, né lingua può esprimere né mente può capire, salvo che lo vedo essere di tanta pena come l’inferno; e tuttavia vedo l’anima, che percepisce in sé la minima macchia d’imperfezione, riceverlo come misericordia senza confronto con ciò che impedisce il suo amore».

 

 

 

 

IL TIMONE  N. 118 – ANNO XIV – Dicembre 2012 – pag. 61

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