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14.12.2024

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Il Rosario
31 Gennaio 2014

Il Rosario



«E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore» (2 Cor 3,18)


Sembrerà strano che in una rubrica intitolata “I grandi fatti della Bibbia” si parli del Rosario, che è spesso considerato da molti estimatori della Bibbia come una “devozioncina” che interessa persone ignoranti e “devote”, ma non riguarda chi ha i mezzi intellettuali per leggere e capire la Sacra Scrittura. Si tratta invece di un argomento assolutamente pertinente quando si considerino alcune cose.
Qual è l’atteggiamento di fondo più appropriato per accostare il testo sacro? È certamente la fede e dunque quella “fede in atto” che è la preghiera. Qual è il “centro” della Bibbia, l’argomento principale attorno a cui si organizzano tutti i suoi argomenti? Indubbiamente Cristo.
Per leggere la Sacra Scrittura è certamente utile conoscere la storia, perché essa si dispiega come un racconto, una storia appunto. È utile conoscere le lingue in cui è stata scritta e originariamente “parlata”, prima ancora di essere messa per iscritto. Non c’è attenzione, acribia, senso critico che possa essere considerato esagerato davanti a un testo che pretende di essere “il libro” sacro per eccellenza, avente Dio per autore. C’è però un atteggiamento senza il quale si corre il rischio di non cogliere l’essenziale: quello racchiuso nella parola “devozione”. È devoto chi si apre con rispetto, attenzione, amore e ascolto alla persona che è oggetto della sua devozione.
Ma quando ci si trova davanti alla Bibbia non si è davanti ad una persona! Sì e no. La Bibbia in sé è un libro (meglio: una raccolta di libri). Ma le parole che contiene hanno un valore straordinario. È come una lettera di una persona cara. Il suo valore va al di là dei fogli di cui è composta e dei segni che vi sono tracciati sopra. La Bibbia ha questo significato profondo e fondante: è una lettera che Dio ha inviato agli uomini. Potremmo anche dire: è una lettera che Dio ha scritto a me… È stata scritta tanti anni fa, si può (ed è certamente interessante) discutere sulla data o le date in cui i singoli libri che la compongono sono venuti alla luce, sull’autore – o sugli autori – dei libri o delle parti di cui sono composti, sulla modalità con cui si sono formati; ma non si deve mai dimenticare il dato fondamentale che la costituisce come tale, cioè come un unico libro, con un solo autore. Non lo dobbiamo dare per scontato, perché è come il criterio base per una sua corretta interpretazione. Come è possibile altrimenti che una lettera scritta qualche migliaio di anni fa, in una lingua diversa dalla mia, in un contesto culturale che io fatico anche solo ad immaginare, possa parlare a me? Solo se tengo presente che quando ascolto quelle parole è “Cristo che parla” e che mi parla. Mi parla di lui. Tutta la Bibbia parla di Cristo. Ciò dovrebbe interessarmi concretamente perché «Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo» (Gaudium et spes, 22) e solo in lui io posso vedere chiaramente il senso della mia vita: «Cristo, nuovo Adamo, manifesta pienamente l’uomo all’uomo e gli svela la sua altissima vocazione» (Ibidem).
Il Rosario è una preghiera semplice e umile: chiunque può imparare a recitarla senza sforzo. È un insieme di preghiere che si ripetono (soprattutto Ave Maria, ma anche Padre nostro e Gloria al Padre) che mi mettono in un clima e creano in me un clima di fede e di umiltà, attraverso il quale viene accolto quello slancio divino di amore, che è in fondo la persona stessa dello Spirito, il quale mi dona l’entusiasmo e la luce per contemplare la vita (la “gloria”) del Figlio di Dio fatto uomo. Se io seguo umilmente questa “luce gentile”, per utilizzare la bella espressione del beato John Henry Newman, che mi pervade, mi illumina e mi “fa vedere”, contemplo come in uno specchio la vita del Figlio di Dio nei suoi misteri gioiosi, luminosi, dolorosi e gloriosi. Contemplando la sua gloria «veniamo trasformati in quella medesima immagine». È un itinerario sicuro e luminoso che in questo modo diventa misteriosamente anche il mio itinerario.
Spesso questa preghiera semplice, anche quando è recitata con devozione, si ritrova mescolata con tante preoccupazioni della mia vita. Sono distrazioni pericolose? Anche qui la risposta giusta mi pare essere: sì e no. Sono pericolose se sono il segno della fretta e della superficialità di una preghiera non fatta con il cuore; ma non lo sono affatto se sono la conseguenza inevitabile di una preghiera che parte dalla situazione concreta della mia vita, nella quale entra però la vita stessa del Dio fatto uomo per trasformarla e trasfigurarla dal di dentro. Uno dei criteri fondamentali di una autentica lettura della Parola di Dio è quello di considerarla rivolta a me e di vedervi in quello che dice, descrive e narra qualcosa che getta luce su ciò che mi accade. Così la contemplazione della vita del Signore Gesù è tanto più vera e autentica, quanto più è legata, per così dire “mescolata”, con i fatti della mia vita. Ai fatti miei – che mi preoccupano e angustiano tanto – potrei pensarci da solo e sarebbe sterile e angosciante: ben altro è il risultato di pensarci nella luce e alla presenza del Figlio di Dio!
Alla luce di una preghiera così, le parole della Scrittura non sono più lontane e “strane”, ma diventano sempre più familiari per chi impara a vivere una vita sempre meno diversa da quella che ha vissuto colui che della Bibbia è il vero protagonista: Gesù. Attraverso il Rosario, Maria ci prende per mano, ci conduce dolcemente e insensibilmente sulla via della santità che è la vita stessa del Figlio suo e ci introduce ai misteri del Libro Santo.

IL TIMONE N. 128 – ANNO XV – Dicembre 2013 – pag. 60

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