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7.12.2024

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Il Sacerdozio nella storia della Chiesa
31 Gennaio 2014

Il Sacerdozio nella storia della Chiesa

 

 

 


Le diverse modalità dell’essere prete nei due millenni di storia cristiana


 

I pagani disprezzavano i cristiani, li trovavano saevi Solones ossia malmostosi moralisti, odiatori del genere umano perché non si concedevano gli eccessi comuni a quella società, peraltro comuni anche alla nostra.
Tuttavia ammiravano il reclutamento dei vertici della gerarchia ecclesiastica, con una selezione capace di trovare i più idonei ad assolvere quei compiti. La conseguenza era che le persecuzioni prendevano di mira precisamente i responsabili della comunità secondo la logica del motto: percuoti il pastore e le pecore sarannodisperse.

Il sacerdote nei primi secoli
Nei primi tre secoli di storia della Chiesa era la comunità stessa a scegliere le persone idonee al compito di vescovo e presbitero, una funzione pericolosa perché la prospettiva più comune era il martirio. Anche dopo la fine delle persecuzioni, l’elezione di vescovi e presbiteri spesso avveniva per designazione popolare.
Ambrogio di Milano (334/339-397) apparve così prudente e capace alla folla in tumulto contro gli eretici ariani che, pur non essendo ancora battezzato, fu acclamato vescovo, un evento tanto clamoroso che la festa del santo venne fissata nel giorno della sua consacrazione.
Un caso analogo avvenne con Agostino (354-430) che aveva deciso di lasciare Tagaste, il suo luogo natale divenuto troppo faticoso per le continue richieste di aiuto, dirigendosi a Ippona. Vi giunse proprio nel momento in cui il vecchio vescovo Valerio predicava alla folla dicendo di non essere più adeguato al suo compito. La folla, accortasi della presenza di Agostino, di cui evidentemente conosceva il valore, decise all’istante di presentarlo a Valerio perché l’ordinasse presbitero e poi vescovo con diritto di successione, per non rischiare di perderlo a favore di un’altra diocesi.
Singolare appare la carriera di Callisto a Roma. Egli era uno schiavo. Fu messo a capo di una banca dal suo padrone Carpoforo, che era cristiano. La banca fallì, ma non per incapacità di Callisto, bensì per una crisi che ha qualche analogia con ciò che avviene oggi. Callisto fu nominato amministratore delle catacombe che ancora portano il suo nome e che erano il solo mezzo legale per difendere la comunità cristiana di Roma. Poi fu consacrato presbitero di Terracina e infine eletto papa nel 217. Morì martire nel 222. Questa successione di cariche testimonia non l’ambizione del personaggio, bensì la fiducia che godeva.

Nella Chiesa medievale
Nella Chiesa medievale il diritto di proprietà del suolo era il più forte e perciò prevaleva su quello della chiesa e dell’altare che veniva edificato sopra. Il vescovo ordinava i presbiteri al servizio della propria chiesa (canonici), ma era tenuto a ordinare anche alcuni soggetti presentati dai proprietari di chiese private, utilizzate come fonte di reddito, come se fossero un mulino o un forno. Si viveva in un clima di cristianità in cui il diritto canonico e il diritto civile erano equipollenti. Fu nel corso della lotta per le investiture, al tempo di papa Gregorio VII (1073-1085), che fu affermata la necessità per il Papa di eleggere i vertici ecclesiastici, vescovi e abati, secondo criteri religiosi, togliendo l’abuso che fosse l’imperatore a sceglierli secondo criteri politici: si tratta della prima affermazione che il potere politico deve essere laico.
Per tutta l’epoca medievale, e in Oriente sempre, il clero più preparato, zelante, idoneo alla predicazione era quello regolare proveniente dagli ordini religiosi. Il clero secolare non possedeva una rigorosa preparazione: bastava mettersi al seguito di qualche parroco anziano, saper leggere il Messale, conoscere la Regola pastorale di san Gregorio Magno, il Credo e poche altre cose. Con la presentazione del parroco, l’aspirante presbitero poteva essere ordinato dal vescovo locale, collocandosi in una classe riverita e forte, ma raramente era capace di predicare o insegnare le verità della fede in modo autorevole.

In seguito alla Riforma
Dopo la Riforma protestante, questa preparazione molto approssimativa non risultò più sufficiente. Il Concilio di Trento (1545-1563) indicò nei vescovi e nei parroci l’asse portante della Chiesa. Perciò ordinò che ogni diocesi istituisse un seminario vescovile da considerare come la pupilla degli occhi del vescovo, che a sua volta si impegnava a non lasciare mai a lungo il territorio della sua diocesi. Nel seminario dovevano essere accolti solamente candidati capaci e meritevoli, che dovevano superare, con esami, due anni di filosofia e tre di teologia, con possibilità di ordinazione non prima del ventitreesimo anno di età. Per essere promossi alla funzione di parroco i candidati dovevano superare un concorso. Il vescovo doveva vigilare sul seminario, vagliando attentamente il profilo morale e intellettuale di ogni candidato al sacerdozio, facendo tesoro dell’esperienza maturata dai collegi dei Gesuiti, che per primi hanno creato la scuola pubblica moderna con le caratteristiche che ancora conserva. Deve risultare ben chiaro che nessuno ha il diritto soggettivo a ricevere il sacerdozio, per quanti studi più o meno accurati abbia compiuto: il conferimento del sacerdozio è un diritto del vescovo da esercitare sotto la sua totale responsabilità. Un canone del Concilio Lateranense IV (1215) ricorda esplicitamente che è meglio avere a disposizione pochi ma buoni sacerdoti, rispetto a più numerosi, ma inidonei, rissosi, ribelli.
La Chiesa cattolica ha ribadito a Trento, e poi ancora nel corso del Concilio Vaticano II (1962-1965), la scelta del celibato sacerdotale. Papa Paolo VI (1963-1978) avocò a sé la decisione finale su questo problema di fronte ai numerosi vescovi che segnalavano la diminuzione nei seminari di candidati al sacerdozio. Il Papa affermò che il celibato è un carisma, sempre accolto con gratitudine nella Chiesa latina, e che essa ha il diritto di scegliere i suoi sacerdoti tra coloro che hanno il carisma del celibato. I vari raggruppamenti usciti dalla Riforma protestante, al contrario, hanno abbandonato il celibato apostolico e da allora i pastori protestanti sono risultati quasi sempre ammogliati. Si deve ammettere che il risultato fu il passaggio al ceto e alla mentalità borghese da parte di quelle famiglie, con ridotta dedizione del pastore al suo gregge e con l’abbandono della parte più debole dei fedeli al rigore delle leggi civili. Il sacerdote cattolico, al contrario, ha sempre mantenuto il contatto con gli ultimi della società, tenendoli agganciati al resto del popolo mediante una pratica dell’assistenza che forma una pagina gloriosa nella storia della Chiesa.
Il fatto che papa Benedetto XVI abbia voluto dedicare al tema del sacerdozio l’anno 2009-2010, proseguendo l’anno dedicato a san Paolo che, tra l’altro, fu un magnifico sacerdote e vescovo, indica l’importanza del problema. Forse bisogna tornare a esigere, a capo delle diocesi del mondo, vescovi pronti al martirio di andare contro la tentazione di adattarsi ai costumi del tempo, capaci a loro volta di esigere dai candidati al sacerdozio maturità di senno, dottrina adeguata ai compiti assegnati, santità di vita, perché la Chiesa viene edificata dai santi, non dai convegni di teologia pastorale.

 

 

 

 

Dossier: Sacerdote per sempre

 

IL TIMONE N. 88 – ANNO XI – Dicembre 2009 – pag. 44 – 45

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