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9.12.2024

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Il Sacro Cuore simbolo della cristianità
31 Gennaio 2014

Il Sacro Cuore simbolo della cristianità

 

 

 

Il Cuore di Gesù non è all'origine solo della popolare devozione dei "primi nove venerdì del mese". Vuole la salvezza di ogni persona, ma anche delle nazioni
 

 
 
Alle casacche bleu delle divise dei soldati rivoluzionari si contrappose, durante la Rivoluzione Francese, il look più casual degl'insorgenti della Vandea – presto inquadrati nell'Esercito Cattolico e Monarchico -, della Bretagna e del Maine, vestiti, anche in battaglia, di panni contadini e, laddove nobili (per esempio alcuni dei capi e degli ufficiali), sfoggianti abbigliamenti sontuosi ma certo non uniformi. Alcuni segni esteriori rendevano però riconoscibili gl'insorti, evitando loro, tra l'altro, il viscido ruolo dei maquis che colpiscono senza volto.
Vandeani e chouan ostentavano, infatti, con fierezza, sul petto, sui copricapi, al collo o alle cinture, i simboli di quella fede cattolica, profonda e vissuta, che fu sempre il motivo primo della loro rivolta, anche politica, insomma la loro stessa ragione d'essere, oltre che il consolamentum più sincero e la speranza che mai venne meno, neanche nei giorni più bui della prova, allorché il totalitarismo giacobino decise di chiudere il discorso nel sangue di un genocidio. Corone del rosario a iosa, certamente, distinguevano quell'''esercito regolare d'irregolari", ma soprattutto e anzitutto il Sacro Cuore di Gesù, inconfondibile. Ancora oggi, del resto, lo stemma del dipartimento della Vandea nella Quinta Repubblica francese è il Sacro Cuore di Cristo, abbracciato a un altro, il Cuore Immacolato della Vergine Maria, cor Jesu adveniat regnum tuum, adveniat per Mariam, entrambi rossi, sormontati da una croce intrecciata a una corona.
Fu infatti nella contrapposizione fra controrivoluzionari e giacobini in Francia che il senso "politico" della devozione al Sacro Cuore di Gesù ebbe non l'unica e nemmeno la prima così come pure non l'ultima, ma sicuramente la massima pubblicizzazione.
In quel frangente, il Sacro Cuore rese visibile la "politicità del cattolicesimo", ovvero la valenza anche socio-politica della fede incarnata in una cultura, nonché la doverosità della conversione a Cristo pure dell'intelligenza oltre che del cuore umano. Quella devozione rappresentò quindi anche una sorta di "programma politico". Vale a dire il desiderio concreto e impegnato del fedele cattolico affinché Cristo regni ovunque, anche sulle società, così che egli sia non certo re di questo mondo ma re anche in questo mondo: l'instaurazione, insomma, di una società cristiana, tecnicamente e sublimamente detta cristianità, come organizzazione e gestione a misura di uomo e secondo il piano di Dio della vita associata delle persone.
Naturalmente, allora la società si riconosceva omogeneamente nel cristianesimo, oppure lo combatteva come fecero i rivoluzionari per la prima volta nella storia europea, e non vi era ancora, anzi sarebbe nato proprio in seguito al 1789, quel pluralismo ideologico e anche religioso che caratterizzerà la società moderna, trasformando il confronto da militare in culturale e politico. La devozione al Sacro Cuore e il suo significato culturale divennero così soprattutto una proposta e un "giudizio" sulla Rivoluzione, oltre che il simbolo e il ricordo di un'epopea.

«Dio e il Re»
Durante la Rivoluzione Francese, la bandiera dei vandeani fu il rosso Sacro Cuore di Gesù in campo bianco e sormontante un motto, scritto con lettere altrettanto rosse; una bandiera, un sigillo e un motto come lo possiede ogni comunità politica, ogni nazione, ogni Stato (per un periodo, del resto, i vandeani batterono pure moneta propria, che ebbe corso legale nei territori da loro liberati). Il motto del Sacro Cuore vandeano era «Dio e il Re». Per i controrivoluzionari, quella frase esprimeva l'orizzonte culturale e politico della rivolta, e la meta da raggiungere anche a costo della vita. «Dio e il Re», emblematizzati dal Sacro Cuore, anzi inscindibili da quel simbolo grafico riconoscibile e amabile anche dagli analfabeti, furono il catechismo minimo e minimale dei vandeani e valsero una endiadi: lo sdoppiamento solo logico di due termini che in realtà stanno sempre in correlazione biunivoca, come in un matrimonio.
«Dio e il Re» fu per i vandeani (la Bretagna usò anche l'equipollente «Dio e il mio Paese» scritto in lingua locale, non in francese) l'espressione totale dell'essere cattolici in quella storia in cui Cristo si è incarnato per redimerla e in cui l'uomo si guadagna o la salvezza o la dannazione eterne.
A memoria di uomo e per generazioni, i vandeani non avevano del resto conosciuto altra società politica che non fosse quella culminante in un re e in un regina, ossia nel "padre" e nella "madre" della patria che, nell'orizzonte temporale terreno, riproducono l'autorità di Dio in modo analogo a quanto, nella sfera spirituale, il Pontefice di Roma è il vicario di Cristo sulla Terra. Tant'è che i vandeani, dopo avere protestato più o meno rumorosamente per più di tre anni, insorsero contro la Rivoluzione anche in armi solo nella primavera del 1793, allorché li raggiunse la notizia di un doppio delitto: il ghigliottinamento del Re, nella fattispecie Luigi XVI (1754-1793), il 21 gennaio 1793 a Parigi, e il tentativo d'imporre oramai a tutti i costi l'impopolare Costituzione civile del clero, varata nel luglio 1790, che avrebbe voluto separare i cattolici francesi da Roma. Non va infatti scordato che il regicidio venne architettato e perpetrato dai giacobini esplicitamente come un deicidio in effigie, né che la Rivoluzione accarezzò sempre l'idea di porre fine al papato, andandoci peraltro vicino con la prigionia di papa Pio VI (1717-1799), che appunto morirà prigioniero dei Francesi, e poi con la deportazione del successore Pio VII (1742-1823), a opera ancora di Napoleone (1769-1821), nel 1809.
«Dio e il Re» fu così un motto intensamente cattolico, anche perché lo fu pure sul piano temporale, cioè socio-politico; fu quindi contingentemente monarchico, ma questo perché, al di là dei suoi meriti o demeriti personali, la figura del Re in quanto tale era per i francesi (e per la stragrande maggioranza dei popoli cattolici fino a quel momento) il garante di una società che aveva la possibilità concreta di essere, se lo voleva, il più possibile cristiana. Di questo ideale di cristianità l'emblema fu il Sacro Cuore di Gesù, visione pulsante dell'Incarnazione e di tutto il valore decisivo che essa ha nell'economia della salvezza. Per questo dai vessilli dei vandeani il senso profondamente politico del Sacro Cuore si tramandò alle voci di coloro che combatterono le nuove manifestazioni della Rivoluzione anticristiana, e che sovente per la fede morirono, al grido di «Viva Cristo Re!», dal Messico dei cristeros fra 1926 e 1929 alla Cruzada di Spagna fra 1936 e 1939.

La Contro-Rivoluzione antica
Ai vandeani il culto del Sacro Cuore giunse come frutto della profonda opera di evangelizzazione delle coscienze e della cultura svolta nelle regioni dell'Ovest francese da missioni antiche, risalenti a san Luigi Maria Grignion de Montfort (1673-1716), l'apostolo della pietas mariana che svolse alacre azione di contrasto alla diffusione del giansenismo. Quell'eresia, sorta di "protestantesimo cattolico", intellettualizzava a tal punto la fede da smarrirne la profonda dimensione carnale.
Ora, la battaglia antigiansenista, che diverrà poi la battaglia antirazionalista, affondava le radici nel programma di restaurazione voluto dalla Riforma cattolica per riconquistare "i cuori e le menti" dei fedeli dopo l'esplosione dell'individualismo seguito alla rivolta protestante, e si sostanziò spesso e volentieri in un ritorno poderoso alle devozioni popolari, alle confraternite di preghiera, ai segni visibili e materiali della fede.
Particolarmente in Francia, le pie società e i gruppi devozionali si diffusero capillarmente durante il cosiddetto Antico Regime, e spessissimo alloro centro stavano pratiche riconducibili al Corpo di Cristo e al Sacro Cuore. La Compagnia di Gesù, l'ordine "maestro" del programma di restaurazione prodotto dalla Riforma cattolica, svolse del resto un grande ruolo proprio nella diffusione del culto al Sacro Cuore, e questo anche quando i gesuiti furono costretti allo scioglimento, cioè ispirando nascostamente o persino animando segretamente quegli ambienti e quei gruppi più o meno formali che, soprattutto tra Francia e Italia, ne avevano raccolto l'eredità spirituale, culturale e persino pedagogica. Fra questi, notevoli furono le prime associazioni di tipo contro-rivoluzionario, ossia le Amicizie Cristiane del padre gesuita Nicola Diessbach (1732-1798), quindi del suo successore, il venerabile Pio Bruno Lanteri (1759-1830), uno dei massimi avversari del programma napoleonico di trasformazione rivoluzionaria della società.

Una grande tradizione
Manifestatasi apertamente fra i secoli XI e XII in ambienti monastici benedettini e cistercensi, la devozione al Sacro Cuore di Gesù si diffuse presto in tutti gli ordini contemplativi e ricevette nuovo impulso a fianco della devozione alle Cinque Piaghe di Cristo, sviluppatasi in ambito francescano.
Fu poi san Giovanni Eudes (1602-1680) a scrivere un apposito ufficio liturgico per il Sacro Cuore, fino a che verrà stabilita la festa liturgica il 31 agosto (era il 1670). Il luogo della prima celebrazione fu il Grande Seminario di Rennes, capitale di quella Bretagna che dista poco dalla Vandea e che un secolo dopo unirà i propri destini alla Vandea montfortana. Autonomamente, la devozione si sviluppò anche in Borgogna, a Paray-Ie-Monial. Qui, il 27 dicembre pare del 1673, Gesù si rivelò invitando santa Margherita Maria Alacoque (1647-1690), una suora dell'Ordine della Visitazione di santa Maria, a porre il capo sul proprio Cuore, come già era accaduto a santa Gertrude di Helfta detta la Grande (1256-1302), religiosa tedesca cistercense, e prima ancora all'apostolo san Giovanni nell'Ultima Cena. Nel giugno o luglio 1674, Gesù chiese poi alla suora di venire positivamente adorato specialmente nel proprio Cuore, segno d'immenso amore per l'uomo. Infine, nella "grande apparizione" del giugno 1676 le chiese espressamente l'istituzione di una festa di riparazione, fissata per il venerdì successivo all'ottava del Corpus Domini.
Il principale diffusore di questi messaggi fu quindi il padre Claude de la Colombière (1641-1682), superiore della casa gesuita di Paray-le-Monial, e la devozione al Sacro Cuore divenne missione specifica degli ambienti gesuiti e visitandini gemmando società, confraternite e gruppi di apostolato, e surclassando ogni altra pia pratica dell'ecumene cattolico. La Chiesa Cattolica, con i tempi propri e consueti, ne rese universale la solennità liturgica nel 1856 con papa Pio IX (1792-1878). Poi, nel 1928, l'enciclica Miserentissimus Redemptor di papa Pio XI (1857-1939) riconobbe pienamente il valore delle apparizioni a santa Margherita e l'enciclica Haurietis Aquas, pubblicata nel 1956 da Papa Pio XII (1876-1958), consacrò definitivamente la devozione al Sacro Cuore. È bello e significativo collegare peraltro questi pronunciamenti magisteriali alla pubblicazione, nel 1925, dell'enciclica Quas Primas di Papa Pio XI sulla regalità sociale di Cristo, di cui proprio il Sacro Cuore è, nella storia del cattolicesimo, il simbolo più pieno e manifesto.

 

 
 

 

RICORDA

 

Il genere umano è stato consacrato al Sacro Cuore di Gesù attraverso l'enciclica Annum sacrum di papa Leone XIII (1810-1903), del 1899.
– Il primo Paese del mondo a essere consacrato al Sacro Cuore di Gesù è stato, nel 1873,I'Ecuador guidato dal Presidente Garcia Moreno (Gabriel Gregorio Garcia y Moreno y Moran de Buitron,1821-1875), poi assassinato da killer della massoneria che lo pugnalarono al grido di: «Muori, carnefice della libertà». Le ultime parole di Moreno: «Dio non muore!» furono scritte con il suo sangue.
– A Parigi, sul colle di Montmartre, sorge la Basilica del Sacro Cuore, la cui costruzione fu decisa nel 1873 per «esplare ai crimini del comunardi», gl'insorti socialisti che per due mesi governarono Parigi nel 1871.



 

 

 

 

 

IL TIMONE  N. 84 – ANNO XI – Giugno 2009 – pag. 22 – 24

 

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