Salmo 90 – 91 «Tu che abiti al riparo dell’Altissimo e dimori all’ombra dell’Onnipotente, dì al Signore: “Mio rifugio e mia fortezza, mio Dio, in cui confido”.Egli ti libererà dal laccio del cacciatore, dalla peste che distrugge. Ti coprirà con le sue penne, sotto le sue ali troverai rifugio. La sua fedeltà ti sarà scudo e corazza; non temerai i terrori della notte né la freccia che vola di giorno, la peste che vaga nelle tenebre, lo sterminio che devasta a mezzogiorno. Mille cadranno al tuo fianco e diecimila alla tua destra; ma nulla ti potrà colpire. Solo che tu guardi, con i tuoi occhi vedrai il castigo degli empi. Poiché tuo rifugio è il Signore e hai fatto dell’Altissimo la tua dimora, non ti potrà colpire la sventura, nessun colpo cadrà sulla tua tenda. Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi. Sulle loro mani ti porteranno perché non inciampi nella pietra il tuo piede. Camminerai su aspidi e vipere, schiaccerai leoni e draghi. Lo salverò, perché a me si è affidato; lo esalterò, perché ha conosciuto il mio nome. Mi invocherà e gli darò risposta; presso di lui sarò nella sventura, lo salverò e lo renderò glorioso. Lo sazierò di lunghi giorni e gli mostrerò la mia salvezza».
Tutta la Scrittura può essere definita «storia della Provvidenza divina». Essa ci racconta infatti una storia, che è la storia del mondo e la storia di ciascuno di noi. Una storia di cui noi siamo attori e – a volte – protagonisti. Una storia però in cui non siamo lasciati a noi stessi perché ad essa partecipano anche i «messaggeri di Dio», cioè gli angeli, che intervengono per proteggerci e per guidarci e sono anch’essi attori nello stesso dramma. Il dramma della storia ha poi una particolarità. Come gli analoghi drammi e rappresentazioni umane, c’è un autore e un regista, ma qui l’autore e il regista entrano – ad un certo punto, nella “pienezza dei tempi” – nel vivo di essa. Si tratta di qualcosa che non è del tutto sconosciuto alla storia del teatro e del cinema: anche Shakespeare fu a volte attore nei suoi drammi e lo stesso fece Hitchcock nei suoi film. Nel dramma della storia evidentemente l’Autore e il Regista è Dio. Il suo ingresso nel ruolo di attore è l’Incarnazione e l’esito finale – che si sta preparando ed è già è colto da molti nella fede – è che questo attore si rivela essere il vero protagonista e colui che lo indirizza con decisione ed efficacia verso il suo esito felice: «Io sono il Primo e l’Ultimo e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi» (Ap 1,17-18); «Io sono l’Alfa e l’Omega, il Primo e l’Ultimo, il principio e la fine» (Ap 22,13). Che poi, oltre ad essere il protagonista della grande storia, lo sia anche della nostra vita, la nostra “piccola” storia, dipende da noi.
Questo salmo ci invita e ci educa ad un atteggiamento fondamentale di fiducia nel piano di Dio che avvolge la storia fino ad entrare direttamente in essa. La storia non è un succedersi di eventi senza ordine. Non è un “caos”. In essa traspare un disegno, lo stesso disegno per gli angeli e per gli uomini: quando infatti nel libro dell’Apocalisse vien descritta la Città di Dio nelle sue componenti e nelle sue misure ci viene detto che il criterio di misura (métron) è uguale per l’uomo e per l’angelo: «misura di uomo che è anche quella di angelo» (21,17). Gli angeli cooperano con noi, sono insieme a noi «co-servitori» dell’unico piano di Dio (cfr. Ap 19,10; 22,9) nel cui cuore sta l’Autore-Attore che è Cristo Gesù.
Tentando il Messia, il diavolo «Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: Se tu sei Figlio di Dio, buttati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordine per te, perché essi ti custodiscano; e anche: essi ti sosterranno con le mani, perché il tuo piede non inciampi in una pietra» (Lc 4,9-11). Qui il tentatore si fa esegeta del nostro salmo. Percependo l’acre odore di zolfo, saremmo tentati di rifiutare queste parole, ma non possiamo perché sono parole ispirate! Allora dobbiamo approfondire. La risposta di Gesù in questa aspra controversia teologica la conosciamo: «È stato detto: non tenterai il Signore Dio tuo».
Che vuol dire qui «tentare Dio»? Ad ogni buon attore è richiesto di entrare nella parte e di rispettare – anche se gli è consentita una certa creatività – il copione. Il disegno della storia appartiene a Dio e all’uomo non è consentito elaborare per conto proprio i suoi piani e poi “costringere” Dio a mandare i suoi angeli a salvarlo. La radice di ogni fiducia nella Provvidenza è l’obbedienza a Dio. Il Diavolo tenta Gesù, cioè lo mette alla prova e viene sconfitto dalla forte, decisa ed indistruttibile obbedienza di Gesù: per il Signore l’obbedienza è fuori discussione. Non è venuto per mettere in pratica un suo progetto, ma per fare in tutto e per tutto la volontà del Padre.
Quando siamo disposti ad accettare il piano di Dio – qualunque esso sia – anche se esso dovesse comportare tante perdite da parte nostra, compresa la perdita della nostra vita, allora possiamo avere una sconfinata ed incondizionata fiducia nella protezione divina. «Camminerai su aspidi e vipere, schiaccerai leoni e draghi». Tutte le perdite allora si riveleranno solo guadagni. È nella fedele esecuzione del piano di Dio – quanto agli scopi, ai mezzi e al modo – che il soccorso è infallibilmente assicurato. «Eccomi, sono la serva del Signore!» (Lc 1,38).
IL TIMONE – N.60 – ANNO IX – Febbraio 2007 pag. 60