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11.12.2024

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Il Santo Impero
31 Gennaio 2014

Il Santo Impero

 

 

 

Anche le nazioni possono liberamente accogliere il dono di Dio e la sua legge. Quando questo accade sorgono le età della Fede.
Così il Sacro Romano Impero, “cancellato” duecento anni fa dalla ottusa violenza di Napoleone.
Il 6 agosto 1806 è formalmente abolito il Sacro Romano Impero, dopo che il 12 luglio Napoleone ha costituito la Confederazione del Reno, comprendente la Baviera, il Baden e il Württemberg, sotto l’egemonia francese. La Prussia reagisce, intimando ai Francesi di lasciare la zona tedesca fino al Reno, ma sarà duramente battuta il 15 ottobre nella battaglia di Jena, cui farà seguito l’ingresso di Bonaparte a Berlino. A perdere il titolo d’Imperatore del Sacro Romano Impero è Francesco II d’Asburgo, cui resta soltanto il titolo di Imperatore d’Austria, così che cambia il nome in Francesco I.
L’Impero era sorto grazie all’opera di Carlo Magno (742814), re dei Franchi dal 771, poi re anche dei Longobardi dal 774. Dopo aver sottomesso territori comprendenti le odierne Francia, Germania fino alla Sassonia, Belgio, Italia del Nord, Svizzera e parte dell’Austria, Carlo Magno ottenne l’incoronazione a Imperatore per mano del papa Leone III la notte del 25 dicembre dell’anno 800, a Roma.
L’Impero non fu mai uno Stato nel senso moderno del termine, bensì un insieme di popoli con etnie e lingue diverse, usi e tradizioni diversi, spesso con leggi adeguate alle singole esigenze, anche con monete diverse (dopo l’iniziale tentativo di Carlo di imporre un conio unico), con differenti strutture e attività economiche.
Non fu mai uno Stato nazione. Malgrado la maggioranza dei suoi governanti e sudditi siano tedeschi, il Sacro Romano Impero include fin dall’inizio altre etnie. Molte delle più importanti famiglie nobili e dei funzionari nominati provengono da comunità non tedesche. Al momento della massima espansione comprende parti dei territori delle odierne Germania, Austria, Slovenia, Svizzera, Belgio, Olanda, Lussemburgo e Repubblica Ceca così come Francia orientale, Italia settentrionale e Polonia occidentale. Le lingue parlate, quindi, comprendono non solo il tedesco e i suoi molti dialetti, ma anche lingue slave e quelle destinate a divenire i moderni francese e italiano.
Per la maggior parte della sua storia, tuttavia, è molto più di una semplice confederazione. Il concetto di impero non solo include il governo di specifici territori, ma ha anche forti connotazioni religiose (da cui il prefisso Sacro). Fino al 1508, i Re tedeschi non erano considerati Imperatori se non dopo l’incoronazione a Roma per mano del Papa. In tale data Massimiliano I d’Asburgo assunse autonomamente il titolo di Imperatore Romano Eletto, svincolandosi dall’autorità papale e portando a termine la riforma della Costituzione del Sacro Romano Impero iniziata nel 1495 con la convocazione del Reichstag (Assemblea o Dieta) a Worms. Tale riforma avrebbe qualche anno più tardi reso il nipote, Carlo V, vittima delle pressioni dei prìncipi elettori che, in parte seguaci di Martin Lutero, avrebbero a lungo messo in discussione la ratifica della sua incoronazione.
L’Impero non è stata un’istituzione pensata a tavolino da qualcuno e poi applicata su masse ignare di quanto stava per accadere, bensì una forma di organizzazione internazionale che si è andata costituendo passo dopo passo, in modo naturale e per questo conforme alle reali, e sottolineo reali, necessità dei popoli che lo componevano. Questo non vuol dire che non vi siano stati territori conquistati manu militari, ma che l’inserimento di qualche nuova realtà territoriale non faceva perdere all’Impero la propria identità.
E così sul territorio del Sacro Romano Impero, lungo i secoli, si possono incontrare regni come l’Austria, principati e ducati come il Palatinato e la Baviera, contee come la Borgogna o repubbliche aristocratiche come si vennero a formare in Italia in un lento e complesso cambiamento dalla struttura di Comune, o ancora libere città fiorite sul territorio germanico accanto a città-vescovadi governate da vescovi-conti come Trento o Magonza.
In tutto il contesto non veniva meno però la convinzione che la forma di governo modello fosse la monarchia imperiale, che fungeva da elemento unificatore e coordinatore. L’Imperatore era visto come il padre dei suoi sudditi, il garante della continuità e della tradizione, termini che oggi spesso provocano fastidio alla voglia dominante di essere originali a tutti i costi, di cambiare continuamente in una rutilante follia che ha perso da tempo il centro dell’esistenza e il senso dell’agire umano.
La continuità era considerata la fonte della sapienza senza la quale i popoli si possono amministrare ma non governare. E la sapienza del buon governo non si può studiare a tavolino, come pretende invece la politica dal 1789 in poi, ma è frutto di saggezza lentamente acquisita attraverso il lungo succedersi di generazioni e l’identificazione dell’uomo con la sua funzione nel corso di tutta la vita o addirittura nel corso di più generazioni, come nel caso delle dinastie ereditarie. Questo non salva dagli errori, ma può essere un buon deterrente ai sensi di onnipotenza che certi politici del sistema democratico successivo alla rivoluzione francese hanno incarnato nella nostra martoriata Europa.
Contro il comune pensare, l’istituzione imperiale era tutto tranne che autoritaria. Semmai si può usare il termine autorevole per indicare il potere necessario per governare tanti popoli e tante terre. Proprio il carattere composito dell’Impero permetteva alle singole realtà, sia politiche sia economiche, sia culturali sia religiose, di gestirsi in modo autonomo, seguendo consuetudini e regole, diverse secondo le rispettive necessità, che neanche l’imperatore poteva legittimamente cambiare. L’istituzione vive secondo il rigoroso rispetto del principio di sussidiarietà, fondamentale secondo la dottrina sociale della Chiesa, che impedisce al sovrano di monopolizzare le attività dei suoi sudditi e anzi lo rende garante della loro possibilità di far sorgere corpi autonomi. E così l’Impero si ricopre man mano di autonomie federali, di municipalità, di Università con statuto proprio e proprie prerogative, di libere corporazioni che saranno la vera origine dello sviluppo capitalista dell’economia europea, contrariamente alle ormai vecchie tesi del celebre studioso Max Weber (1864-1920), secondo il quale solo lo spirito del secondo protestantesimo avrebbe potuto svecchiare la sonnolenta economia del vecchio continente.
L’Impero non è privo di organi rappresentativi, anzi si regge sull’organica collaborazione di diete e consigli. L’autorità suprema accetta la rappresentatività come un completamento equilibratore del proprio potere e gli organi rappresentativi vivono il servizio al sovrano come il loro stesso motivo di esistere.
Il cambiamento del senso religioso della vita, la lacerazione della Cristianità operata dal protestantesimo, la cultura rinascimentale che esalta l’uomo dimenticandosi spesso del suo Creatore, il declino della fede, l’insano desiderio di un ordine di cose fondamentalmente diverso da quello che aveva raggiunto il suo apogeo nel XIII secolo, l’egoismo che si sostituisce al dovere di servizio, la superbia che prende il posto dell’umiltà nel cuore degli uomini, soprattutto di quelli che massimamente avrebbero dovuto servire e che invece iniziano a credere di dover essere serviti, porta gradatamente la società cristiana a sgretolarsi e con essa anche l’Impero che trovava la sua ragion d’essere nell’aggettivo Sacro.
Intorno all’Impero si vanno costituendo la monarchie nazionali che sempre meno lasciano spazio ai singoli e ai popoli e sempre più monopolizzano il potere nelle mani del sovrano. Il potere assoluto dell’età moderna, con la sua smania accentratrice, passata nelle attuali democrazie, trasforma il rapporto tra uomini in rapporto fra uffici e persone: la gente comune non può più confidare nell’ascolto e nell’interessamento del suo signore locale ma deve saper interloquire solo con qualche asettico ufficio della capitale.
Il processo iniziato nel XVI secolo con la teorizzazione del potere assoluto e conclusosi nel XVIII con le monarchie assolute sfocia nelle rivoluzioni, fra cui la peggiore è quella francese del 1789. Il genio folle di Napoleone, che porta sul filo delle spade gli ideali rivoluzionari in tutta Europa, ha esplicitamente messo fine alla plurisecolare esistenza dell’Impero togliendogli ufficialmente non solo i territori ma anche il suo attributo di Sacro e riducendo l’Impero ai possessi di casa Asburgo. Questa gloriosa dinastia ha cercato, almeno con alcuni dei suoi membri, di salvare il salvabile al proprio interno, tutelando le autonomie locali, la molteplicità dei popoli governati, la pluralità delle confessioni religiose, ma la mania nazionalista che pervade l’Europa nel XIX secolo non può tollerare che continui ad esistere questo esempio sovranazionale, multietnico, multiconfessionale, poliedrico nel suo essere, e infatti vi porrà fine con la prima guerra mondiale (1914-1918).
L’Impero nasce con un personaggio discusso ma considerato un santo dalla religiosità popolare, tanto che nella diocesi di Aquisgrana sussiste la tradizionale devozione a san Carlo Magno, e si conclude con un uomo la cui santità è riconosciuta dalla Chiesa universale, che lo ha proclamato beato il 3 ottobre del 2004: Carlo VI d’Asburgo. Gli uomini, come insegna sant’Agostino, possono amare se stessi fino a dimenticare Dio, oppure amare Dio fino a dimenticare se stessi: la storia dell’Impero è nata e finita con uomini che hanno massimamente amato Dio anche se nel suo corso, purtroppo, ha visto passare tanti che hanno amato principalmente se stessi e il proprio potere.
Oggi l’Europa, che affonda la sue radici nella Cristianità e che nell’Impero ha già vissuto una esperienza di unione fatta non a tavolino ma nata in modo naturale e graduale dalla volontà di molti, ha urgente bisogno di trovare uomini che sappiano dimenticarsi per amore di Dio e sperare così di ritrovare la propria dignità. Che o sarà cristiana o non sarà neppure umana.

 

 

RICORDA
«Se i tuoi progetti si realizzano, può darsi che una nuova Atene sorga in paese franco, e un’Atene più bella dell’Antica, perché la nostra Atene, nobilitata dall’insegnamento di Cristo, sorpasserà la sapienza dell’“Accademia”. L’antica Atene aveva solo l’insegnamento di Platone per istruirsi, e tuttavia fu fiorente anche se solo nelle sette arti liberali. La nostra Atene invece sarà arricchita dai sette doni dello Spirito Santo e sorpasserà tutta la grandezza della sapienza terrestre». (Lettera del monaco Alcuino all’imperatore Carlo Magno, in Christopher Dawson, Il cristianesimo e la formazione della civiltà occidentale, BUR 1997, p. 85).

BIBLIOGRAFIA
Ernst Hartwig Kantorowicz, I due corpi del Re. L’idea di regalità nella teologia politica medievale, trad. it., Einaudi, 1989.
Friedrich Heer, Il Sacro Romano Impero. Mille anni di storia d’Europa, trad. it., Newton & Compton, 1999.
IL TIMONE – N. 56 – ANNO VIII – Settembre/Ottobre 2006 – pag. 22 – 24

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