Le principali tappe con cui la liturgia ci accompagna nel Mistero della nascita e ci aiuta a permanere in esso. Per pregare e gustare l’immenso dono della nascita del Salvatore
L’Avvento
Nel tempo di Avvento la preghiera solenne e pubblica della Chiesa si proietta in un triplice orizzonte: anzitutto la memoria della prima venuta del Signore, duemila anni fa, nella nostra carne mortale, nell’umiltà del presepe; in secondo luogo, l’attesa viva e amorosa del suo ritorno, nella gloria, alla fine dei tempi; da ultimo, l’accoglienza della sua presenza spirituale e sacramentale che accompagna la Chiesa in questo tempo che intercorre tra la prima e la seconda venuta.
Nella sua prima venuta, Cristo si è manifestato come il Dio-con-noi, il Salvatore che si fa prossimo ad ogni uomo per guarirlo dal male che lo avviluppa, il peccato, e ricondurlo all’amicizia con Dio; nel ritorno glorioso alla fine dei tempi, Egli si manifesterà come il Signore e il Giudice della storia e del mondo, per premiare i giusti e condannare i malvagi; nel frattempo Egli, fedele alla sua promessa, resta sempre con noi, Maestro che ci istruisce, Amico che ci consola, Pastore che ci guida e ci corregge, Pontefice che ottiene a noi i doni di Dio e porta a Dio le nostre preghiere. Nel primo periodo dell’Avvento i fedeli alzano lo sguardo verso la mèta escatologica, cioè verso gli eventi ultimi che, alla fine della storia, attendono la Chiesa e l’umanità intera: il giorno tremendo e splendido in cui «il Figlio dell’uomo verrà su una nube con potenza e gloria grande» (vangelo della prima domenica – anno C). Preparandosi ad esso, i credenti «vanno incontro al Signore con le buone opere, per essere trovati degni ed essere chiamati accanto a lui a possedere il regno dei cieli» (orazione colletta).
Questa prima parte dell’Avvento è segnata dall’incessante esortazione della liturgia alla vigilanza perche «nessuno può sapere in quale giorno il Signore nostro verrà» (vangelo della prima domenica – anno A). Le generazioni cristiane che ci hanno preceduto nei secoli passati avevano fatto di questa ammonizione la base della loro saggezza, imparando a giudicare le cose della terra alla luce del giudizio di Dio che tutti ci attende; la società secolarizzata nella quale viviamo, invece, ha perduto questa saggezza, e vive «come nei giorni che precedettero il diluvio, giorni nei quali tutti mangiavano e bevevano, si ammogliavano e si maritavano, e non si accorsero di nulla finché arrivò il diluvio e inghiottì tutti: così sarà anche alla venuta del Figlio dell’uomo!» (vangelo della prima domenica – anno A).
Il secondo periodo dell’Avvento si concentra sull’attesa dell’Incarnazione: in esso si stagliano tre figure principali, cioè san Giovanni il Battista, san Giuseppe e la Vergine Maria.
In Giovanni il Battista si compie la profezia di Isaia che preannunciava l’opera del precursore immediato del Messia: egli è l’ultimo e il più grande dei profeti, poiché è «il messaggero che Dio manda davanti al Figlio che viene nel mondo, la voce che grida: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri » (vangelo della seconda domenica – anno B), proprio mentre il Signore fatto uomo si accinge a incrociare in questo mondo la strada di ogni uomo che si dispone ad accoglierlo. Anche oggi e in ogni tempo, la Chiesa ascolta la voce del Precursore e riconosce il suo Signore e Maestro in Colui che Giovanni indica, sa che «il Messia è lui e che non dobbiamo aspettarne un altro» (vangelo della terza domenica – anno A): Egli è qui ed «è venuto per salvarci» (prima lettura della terza domenica – anno A). Questo secondo periodo dell’Avvento diviene poi preparazione esplicita ed immediata al Natale nell’ultima settimana, cioè nei giorni che vanno dal 17 al 24: è la novena del Natale.
La Novena
In questi giorni i testi della messa e dell’ufficio divino sono una continua invocazione a Dio Padre perché affretti il grande dono che ha in serbo per gli uomini, la presenza del suo Figlio in mezzo a noi, che la liturgia rinnova e attualizza; in particolare, nella messa, le letture riportano le profezie dell’Antico Testamento in cui si annuncia la venuta del Messia, e i brani evangelici, tratti da san Matteo e san Luca, ripercorrono gli eventi che preparano la nascita del Salvatore: in essi, come dicevamo, spiccano due figure che preparano l’evento di Betlemme e ne saranno poi i coprotagonisti principali insieme al Dio nato Bambino: Maria e Giuseppe. Il primo giorno della Novena, infatti, l’evangelista Matteo tratteggia il grande albero genealogico del Messia che si conclude introducendo queste due figure: «…Giacobbe generò Giuseppe, sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù il Cristo» (vangelo del 17 dicembre). Nei giorni seguenti, la liturgia ci guida passo passo in ciò che essi hanno vissuto e ci aiuta a riviverlo con loro: l’annuncio dell’arcangelo Gabriele alla Vergine, nel quale si compie l’istante sublime dell’incarnazione del Verbo nel grembo della Madre; il sogno ammonitore a Giuseppe, a cui viene affidato il ruolo di padre putativo del Figlio di Dio fatto uomo; la visita della Vergine alla cugina Elisabetta, in cui prorompe l’esultanza per la futura maternità con il canto del Magnificat; la gravidanza prodigiosa e il parto di Elisabetta, che dà alla luce il Battista; e finalmente, nella vigilia, il cantico del Benedictus, nel quale il sacerdote Zaccaria annuncia l’imminente arrivo del Signore, che viene «per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza e la remissione dei peccati» (vangelo della messa della vigilia).
In questo modo la liturgia ci ha portati alle soglie del Natale e ci introduce nel suo mistero, che colora di sé i tre momenti fondamentali di questa giornata: la notte, l’alba, il giorno.
La messa di mezzanotte
Nella notte santa siamo trasportati nella contemplazione della grotta di Betlemme: Maria e Giuseppe, e al centro la mangiatoia con il Dio fatto Bambino. È questo il quadro centrale della “messa di mezzanotte”, dipinto dal racconto evangelico della Natività, proclamato in questa messa. Dalla grotta di Betlemme si sprigiona una luce nuova, che vince le tenebre della notte, e molto più quelle che offuscano le menti e i cuori, secondo la profezia di Isaia: «il popolo che camminava nelle tenebre, vide una grande luce, su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse…» (prima lettura).
La messa dell’aurora
Nel clima liturgico della festa del Natale, il sorgere del sole, nel cuore dell’inverno, diviene naturalmente la manifestazione visibile di questa nuova alba dell’umanità: ecco dunque che la “messa dell’aurora” riprende il tema della luce del Figlio di Dio divenuto uomo che avvolge i credenti, perché «splenda per mezzo della loro vita quella fede che rifulge nel loro spirito» (orazione colletta). Il vangelo di questa messa, poi, invita i fedeli ad unirsi ai pastori di Betlemme che, accogliendo l’esortazione degli angeli, vanno pellegrini alla grotta, stupiti e affascinati dal prodigio di un Dio fatto carne.
La messa del giorno
Nello splendore meridiano si colloca poi la “messa del giorno”, nella quale la liturgia solenne toglie il velo che avvolgeva il quadro della notte: chi è il Bimbo nato a Betlemme? Ecco «l’annuncio della salvezza, il canto di gioia e di consolazione » (prima lettura): quel Bimbo è «il Verbo che si è fatto carne!» (vangelo). La seconda Persona della santissima Trinità, il Verbo, il Figlio, senza cessare di essere Dio, ha unito alla sua natura divina una natura umana come la nostra, così colui che è Dio, in tutto uguale al Padre secondo la natura divina, diviene uomo, in tutto uguale a noi, eccetto il peccato, secondo la natura umana.
«Il Natale è il mistero di questo meraviglioso scambio: il Creatore ha preso un’anima e un corpo, è nato da una Vergine; fatto uomo senza opera di uomo, ci dona la sua divinità» (CCC 526). Infatti, perché l’Incarnazione? Perché avendo riconosciuto e accolto «il Bambino che è nato per noi, il Figlio che ci è stato donato » (antifona d’introito), possiamo anche noi condividere «la vita divina di Colui che ha voluto assumere la nostra natura umana» (orazione colletta).
L’ottava
La ricchezza teologica e liturgica di questo giorno, e la gioia che suscita nei credenti, si dilata nei giorni seguenti, l’ottava di Natale. In essa i testi della messa e dell’ufficio divino continuano a celebrare, in un incessante rendimento di grazie, «il Verbo che si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi», e il frutto che ne è scaturito: «coloro che lo hanno accolto ricevono la possibilità di diventare figli di Dio, poiché da Dio sono generati».
Al centro dell’ottava si colloca la festa della sacra Famiglia: come nel Natale tutta l’attenzione è, doverosamente, concentrata sul Bambino deposto nella mangiatoia, ora lo sguardo si allarga alle due figure che sono accanto a lui: la Vergine Madre e san Giuseppe; in questo modo, mediante l’attuazione del mistero che si realizza nella liturgia, anche i credenti sulle orme dei pastori di Betlemme, «“incontrano” Maria e Giuseppe insieme al Bambino» (antifona d’introito).
Così si compie pienamente la grazia del Natale: l’adozione filiale, che in virtù dell’Incarnazione, stabilisce una nuova relazione tra Dio e ogni uomo che lo accoglie, si espande sulla sua dimensione sociale primaria, la famiglia; e la santificazione dell’uomo diventa santificazione dalla famiglia in cui nasce e vive l’uomo, divenuto figlio di Dio.
Così la grazia del Natale conquista e trasforma il mondo.
Dossier: Natale e tradizioni
IL TIMONE N. 98 – ANNO XII – Dicembre 2010 – pag. 39 – 41
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