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14.12.2024

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Il terzo Big-Bang
31 Gennaio 2014

Il terzo Big-Bang

 

 

 

Condizione indispensabile per fare scienza è l’umiltà intellettuale. Che porta lo scienziato a porre domande a “Colui che ha fatto il mondo”. Come fece Galileo Galilei

 

 

Grazie al “terzo Big-Bang”, cioé al passaggio da un universo con vita priva di ragione ad un universo con vita dotata di ragione, possiamo scrivere libri, esprimere opinioni, discutere di problemi. Eppure, si parla quasi sempre del primo Big-Bang, quello grazie al quale il vuoto si è trasformato in qualcosa che, dopo circa venti miliardi di anni, noi chiamiamo universo, fatto con galassie, stelle e satelliti, su uno dei quali, la Terra, ci troviamo. L’universo, tuttavia, avrebbe potuto essere esattamente com’è, con le stesse strutture e gli stessi dettagli, ma privo della nostra presenza.
L’evoluzione cosmica parte dal Big-Bang n. 1 e arriva oggi ad un numero di galassie pari a circa duecento miliardi, ciascuna delle quali consta mediamente di duecento miliardi di stelle. Molti dettagli sulla struttura dell’universo ci sono ignoti. Non sappiamo, per esempio, quanti satelliti ha ciascuna stella e quante stelle siano identiche al nostro Sole. Sappiamo che solo una parte delle stelle è come il Sole, anche se nessuna è identica a un’altra. Non è un dettaglio di poco conto: se il nostro Sole fosse più grande, moriremmo di caldo; più piccolo, moriremmo di freddo; ferma restando la condizione di rimanere alla stessa distanza dal Sole nella quale ci troviamo ora.

Ci mancano i “dettagli”
Non siamo stati noi a scegliere questa distanza. Né a stabilire quale dovesse essere la massa del Sole. Ciò di cui siamo sicuri è che se la distanza fosse più piccola avremmo troppo caldo; se fosse più grande avremmo troppo freddo. Ecco perché vorremmo sapere quante stelle come il nostro Sole esistono nell’universo e quante di queste stelle hanno un satellite come la nostra Terra, le cui caratteristiche sono di vitale importanza per noi.
Non solo: se la Terra fosse più piccola, quindi più leggera, non potrebbe tenere legato a sé quello strato d’aria cui diamo il nome di atmosfera e che ci permette di vivere. Se la Terra fosse più pesante, dovremmo avere una struttura ossea e muscolare adeguata alla forza gravitazionale in gioco.
Vorremmo sapere se certi dettagli, come la massa del Sole, quella della Terra, la distanza Terra-Sole e molte altre peculiarità della nostra esistenza materiale esistono in altre parti dell’universo. Il numero di dettagli necessari per essere come la nostra Terra sono molti. Moltissimi. Sappiamo che ci sono nell’universo – come detto – duecento miliardi di galassie, ciascuna contenente duecento miliardi di stelle. Il totale fa quarantamila miliardi di miliardi di posti in cui potrebbe esserci la vita così come è da noi, sulla Terra. Questo numero deve, però, essere messo a confronto con i dettagli necessari per dar vita a qualcosa di analogo alla nostra forma di materia vivente, dotata di quella proprietà cui diamo il nome di “ragione”. Allora, il problema è quello di capire quanti dettagli debbono essere presenti per arrivare a una forma di materia vivente capace di una attività intellettuale simile alla nostra, in grado di scoprire le grandi conquiste cui è arrivata la nostra forma di materia  vivente. Conquiste che si riducono ad appena tre cose: il Linguaggio, la Logica rigorosa e la Scienza. Conquiste che nascono dalla straordinaria proprietà di cui è dotata la nostra forma di materia vivente: la ragione.

La ragione
Sulla Terra si sono sviluppate centinaia di migliaia di forme diverse di materia vivente. Nessuna di esse, però, è riuscita a scoprire la memoria collettiva permanente (meglio nota come “Scrittura”, che è linguaggio scritto), la Logica rigorosa e la Scienza. Calcolando tutte le condizioni necessarie per arrivare alla materia vivente dotata di ragione, se ne deduce che le stelle presenti nel nostro universo sono troppo poche. Ce ne vorrebbe un numero di gran lunga superiore a quello prima citato – quarantamila miliardi di miliardi – per potere realizzare quell’enorme quantità di “dettagli” necessari all’esistenza della materia vivente dotata di Ragione.
Un leone, un pesce, un’aquila, sono forme di materia vivente prive di ragione. Non v’è traccia di “scrittura” che possa essere legata all’esistenza di una qualsiasi forma di materia vivente, eccetto quella cui noi apparteniamo.
A conti fatti, risulta che, con il numero di stelle e galassie che compongono l’universo, l’esistenza della materia vivente dotata di ragione è davvero un miracolo. Dovrebbero esistere centomila miliardi di miliardi di miliardi di universi per averne uno dotato di vita come la nostra.

Il terzo Big-Bang
Il Big-Bang n. 3 è quello necessario per passare dall’universo dotato di vita “priva di ragione” all’universo in cui c’è vita “con ragione”. Alcuni sostengono che tutte le forme di materia vivente debbono essere dotate di ragione, per via del fatto che questa proprietà è necessaria per poter vivere. Un serpente, un pesce, un’aquila, tutte le forme di materia vivente avrebbero proprietà di ragione simili – dicono – alla nostra.
È vero: anche noi dobbiamo mangiare, dormire, e fare altre cose per sopravvivere, al pari delle altre forme di materia vivente. Ma questo livello di “ragione” si riferisce solo al problema legato a ciò che una forma di materia vivente deve fare per poter vivere. Ma – come già detto – nessun leone, né tigre, nessun pesce, né alcun tipo di uccello hanno lasciato tracce di quella cosa cui diamo il nome di “scrittura” e che di fatto è la “memoria collettiva permanente”.
 Sappiamo che cosa pensava Platone perché possiamo leggere cosa ha scritto. Nessuna scimmia si è mai posta il problema di capire come si fa a dividere una figura geometrica semplicissima qual è un quadrato in due quadrati. Lo fece Pitagora, con il suo famoso teorema. Nessun cavallo ha mai pensato al problema di quanti granelli di sabbia potrebbero esserci nell’universo. I Pitagorici scoprirono che questo numero era talmente grande da non essere esprimibile – usando la loro matematica – in termini finiti e conclusero che era infinito. Venne Archimede e riuscì a calcolarlo, dimostrando che era possibile esprimerlo in termini finiti, usando una matematica rigorosa più avanzata di quella cui erano arrivati i Pitagorici.
 Nessun leopardo o altra forma di materia vivente si è mai occupata di capire com’è fatto il mondo: se siamo figli del caos o se c’è una Logica rigorosa alla base della nostra esistenza materiale. Fu Galilei a scoprire che questa Logica rigorosa esiste. Ad essa si dà il nome di Scienza.

L’imprevisto
Il Big-Bang n. 3 riguarda esclusivamente la forma di materia vivente cui noi apparteniamo. Nessuna forma di materia vivente è interessata a discutere con noi del profondo rapporto che esiste tra Scienza e imprevisto.
Tutte le grandi scoperte scientifiche sono state rese possibili da eventi inaspettati. La storia della scienza dimostra che le grandi scoperte scientifiche, a qualsiasi livello, sono state tutte inaspettate. Chi aveva previsto l’esistenza dei raggi cosmici? Nessuno. Chi aveva previsto le forze deboli (oggi dette di Fermi)? Nessuno. Con le forze di Fermi oggi possiamo fare previsioni. Ma come nascono le forze di Fermi? Da un evento totalmente inaspettato e non previsto: la radioattività.
Tutte le scoperte scientifiche importanti sono venute in modo del tutto inaspettato. Le previsioni avvengono dopo che una scoperta inattesa ha dato vita ad una formulazione matematica che mette insieme le diverse scoperte inaspettate; e da questa matematica emergono le previsioni.

Le impronte del Creatore
Sta nelle origini il fulcro del problema. Se le scoperte scientifiche fossero alle origini non previste – come di fatto ci dicono questi quattro secoli di Scienza galileiana – la spiegazione del mistero è semplice. Ed era già nota ai tempi di Galileo Galilei. Fu lui a dire che “Colui che ha fatto il mondo” è più intelligente di tutti. Nessuno escluso. Da questa osservazione è nata la Scienza galileiana. Non c’è infatti altro modo per decifrare la Logica del Creatore: porGli domande. È questo il vero significato di esperimento galileiano. Per fare questo, c’è bisogno di umiltà intellettuale. Rendersi conto che non basta essere intelligenti per capire com’è fatto il mondo. Tutte le civiltà avevano peccato di questa forma di arroganza intellettuale. Ecco perché doveva toccare a un cattolico credente, come Galileo Galilei, scoprire le prime Leggi Fondamentali della Natura da lui chiamate “le prime impronte del Creatore”.
Dopo appena quattro secoli da questo atto di umiltà intellettuale, abbiamo la certezza di avere capito “quasi” tutto sulla Logica che regge il mondo. In quel “quasi” c’è il futuro della Scienza, che nessuno al mondo sa prevedere. Per il semplice motivo che il Creatore di tutte le cose visibili e invisibili è più intelligente di tutti: filosofi, pensatori, artisti, poeti e anche di noi scienziati.

 

 

 

 


 

IL TIMONE  N. 98 – ANNO XII – Dicembre 2010 – pag. 50 – 51

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