Regia: Carol Reed
con Joseph Cotten, Orson Welles, Alida Valli.
1949 – 104 minuti – B/N
Impossibile non vederlo
È interessante, leggendo libri di storia del cinema o di critica cinematografica, trovare citati film che vengono considerati come: “impossibile non averlo mai visto”. Attenzione, non sto parlando dei capolavori riconosciuti e da tutti trattati come tali, ma di titoli che per ragioni diverse sono considerati assolutamente da vedere. “Il terzo uomo” è uno di questi. Può sembrare banale cercare i motivi di una fama così importante, anche se qualche volta forse esageratamente amplificata, invece non è così semplice. È vero che de “Il terzo uomo” tutto è famoso, a cominciare dal tema musicale che fin dai titoli di testa ci accompagnerà o, meglio dire, ossessionerà – non lo dico negativamente! – per tutto lo svolgimento della pellicola. Alla fine, proprio perché tutto è così conosciuto, viene data poca attenzione alla trama e ai valori in essa contenuta. La storia si svolge a Vienna alla fine della seconda guerra mondiale, dove uno scrittore va alla ricerca di un suo amico che da tutti viene dato per morto. Le sorprese non mancheranno soprattutto a livello umano. Ed è così che beni come lealtà, amicizia e amore continuano a rincorrersi per tutta la durata del film, fino a quando la lealtà prevarrà sotto ogni aspetto (anche se il racconto di Graham Greene, che è anche lo sceneggiatore, prevedeva un diverso finale.. .). La regia quanto meno “squadrata” (consentitemi l’espressione, anche se da un certo punto di vista pertinente), la fotografia che ha vinto l’Oscar e i grandissimi attori, sono parte delle cose su cui ci sarebbe da dire moltissimo.
A cominciare da Orson Welles che in questo film recita uno dei più celebri monologhi della storia del cinema, che lui stesso ha aggiunto alla sceneggiatura originaria. Impossibile non vederlo. E non mi riferisco solo al monologo
IL TIMONE N. 76 – ANNO X – Settembre/Ottobre 2008 – pag. 63