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13.12.2024

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Islam e i diritti umani
31 Gennaio 2014

Islam e i diritti umani

Ritenuti espressione della cultura occidentale, i diritti umani, naturali e universali, vengono sovente rifiutati nei Paesi islamici. Uno dei maggiori ostacoli al dialogo inter-religioso.

Mancano democrazia e libertà d’espressione, rispetto per i diritti delle persone, soprattutto delle donne, ed è limitato l’accesso all’istruzione e alle tecnologie. Sono i principali fattori che frenano lo sviluppo nei Paesi musulmani, che risultano i meno liberi del mondo. L’allarme parte dall’interno di quelle società, poiché sono gli stessi musulmani a studiarne i fenomeni e a trarne le conseguenze, come ci informano i più recenti rapporti dell’Onu sullo sviluppo umano nei Paesi arabo-islamici. Tra noi e loro la forbice si allarga e le questioni che creano le maggiori difficoltà restano sul tappeto.
Due esempi, tra i tanti, che riguardano due grandi Paesi musulmani. Da un lato una Turchia in odore di Unione Europea, perennemente sospesa tra Oriente e Occidente, che per problemi legati, tra gli altri, al mancato rispetto dei diritti umani, vede allontanarsi sempre più il giorno dell’ingresso nell’Unione europea, tanto che oggi si parla di una data posteriore al 2010. Oppure l’Iran dove l’apostasia è considerata ancora oggi un gravissimo reato nella legislazione di quel Paese così come accade in altri Stati islamici. Nel mirino di molti Paesi islamici è finita la stessa Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, considerata il documento di riferimento per eccellenza in tutto il mondo. Essa è ritenuta l’espressione di una visione di parte, e di conseguenza è criticata da una folta schiera di Stati musulmani che contestano l’universalità del documento. In sostanza, i diritti della Dichiarazione nascerebbero in seno alla cultura occidentale, con la pretesa di esportarli ovunque, come validi per tutti. Di fronte a quella che, per i musulmani, è un’imposizione occidentale, la reazione dell’lslam si concretizza solo negli anni Ottanta del secolo scorso con la nascita di numerose Dichiarazioni arabe e islamiche dei diritti dell’uomo. Queste Carte islamiche invocano una prospettiva peculiare, a partire dai “Diritti di Dio”, che comporta una diversa visione dell’uomo, portatore di diritti solo in quanto “sostituto di Dio” in terra.
Tra le principali Dichiarazioni Internazionali dei Diritti di ambito islamico spiccano la Dichiarazione Islamica Universale dei Diritti dell’Uomo (Diudu), firmata nella sede dell’Unesco di Parigi il 19 settembre 1981 a cura del Consiglio islamico d’Europa, organismo privato con sede a Londra, fondato da alcune associazioni musulmane europee. È sostenuto dal Pakistan che promuove un Islàm “puro e duro”, in particolare contro i governi islamici accusati di corruzione e tradimento dell’lslàm. La Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo del Cairo del 1990 è invece nata per iniziativa della Conferenza islamica dei ministri degli esteri (OCI). Il fondamento del diritto èla shari’a. In essa la comunità islamica (umma) è definita la migliore nazione al mondo e si sostiene che i diritti dell’uomo sono riassunti nella shari’a, la legge coranica considerata immutabile, e che tutti i diritti e le libertà universali fanno parte della religione islamica. I guai cominciano quando si passa dalle enunciazioni generali ai singoli articoli del documento islamico. Per esempio non si parla di libertà di cambiare religione perché va contro la sha’ria, secondo cui l’apostasia è un crimine. La sha’ria trionfa anche negli ultimi articoli, in cui si afferma che tutti i diritti e le libertà sono subordinati alle disposizioni della legge coranica e la sha’ria è l’unica fonte di riferimento per spiegare gli articoli della Dichiarazione. Infine, la Carta Araba dei Diritti dell’Uomo, approvata dalla Lega degli Stati Arabi nel 1994, ma mai entrata in vigore perché non ratificata dagli Stati.
Si può comunque affermare che le Dichiarazioni islamiche recepiscono per la prima volta il linguaggio dei diritti e hanno dato vita a diversi organismi nazionali incaricati di difenderli. Sul banco degli imputati, nell’ottica occidentale, sale pertanto l’lslàm tradizionale e ortodosso, quello cioè che impedisce e scoraggia l’apertura alle altre culture perché, secondo i tradizionalisti, ogni soluzione deve essere ricercata esclusivamente nell’lslàm. Una realtà che si riflette anche nella cultura e trova una spiegazione nelle traduzioni, assai limitate, di libri stranieri, e nella scarsità di cattedre universitarie che insegnino la storia di altre religioni. Ogni anno nel solo mondo arabo vengono tradotti appena trecento libri contro i centomila della Spagna, ovvero quanti ne sono stati tradotti in tutti i Paesi arabi negli ultimi mille anni. Gli investimenti per la ricerca scientifica sono pari a un settimo della media mondiale e il numero delle connessioni a Internet è inferiore anche a quello dell’Africa subsahariana. Nel mondo arabo, per esempio, vi sono 18 computer ogni mille abitanti contro la media globale di ottanta computer e solo 1’1,6 per cento degli arabi ha accesso a Internet contro quasi 1’80 per cento negli Stati Uniti. Il quadro generale peggiora se tocchiamo il tasto della condizione femminile. Una su due, secondo il dossier dell’Onu, non sa leggere né scrivere e il tasso di mortalità tra le madri, al momento del parto, è il doppio rispetto a quello dell’America Latina. Molte donne, inoltre, sono tenute lontane dal lavoro e scarsa, se non inesistente, è la loro partecipazione alla politica, occupando solo il 3,5 per cento dei seggi disponibili nei parlamenti della regione.
Nel Rapporto sulla libertà religiosa, curato dall’Aiuto alla Chiesa che Soffre nel 2003, si legge che, nonostante alcune significative aperture sul versante della libertà religiosa nel Qatar, la legge coranica e il fondamentalismo islamico minacciano anche fisicamente la sopravvivenza degli “infedeli”, come nelle Filippine e in Pakistan. Le violazioni, peraltro, non riguardano soltanto la libertà religiosa, ma anche le libertà di associazione, di opinione, gli abusi giudiziari.

Dossier: Islam. Guerra santa e terrorismo

IL TIMONE – N. 35 – ANNO VI – Luglio/Agosto 2004 – pag. 44 – 45

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