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14.12.2024

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Jacques Maritain
31 Gennaio 2014

Jacques Maritain

 

 

 

Figura di spicco della cultura del suo tempo. Attinse alla filosofia di s. Tommaso.
Elaborò un personalismo per il quale l’umanesimo deve rigettare l’ateismo e riconoscere la relazione tra l’uomo e Dio. Ma i giudizi, anche tra i cattolici, divergono.

 

Scomparso a novantuno anni nel 1973, il parigino Jacques Maritain è stato una delle figure centrali e più note della cultura cattolica del XX secolo. Legato fin da giovanissimo a Raissa Oumancoff, un’ebrea nativa di Rostov sul Don, che sarà sua moglie per più di cinquant’anni e con la quale stabilirà uno straordinario sodalizio spirituale e culturale, Maritain, dopo un momento di grave incertezza interiore, superato anche grazie all’ascolto delle profonde lezioni di Henry Bergson, che lo avvicinarono alla filosofia e in particolare alla metafisica, si convertì insieme a Raissa al cattolicesimo, mettendosi alla scuola di San Tommaso. Partecipò molto attivamente alla vita culturale del suo tempo (importante fu il contributo da lui dato al dibattito sulla nozione di filosofia cristiana, al quale presero parte anche Gilson, Bréhier e Blondel) e scrisse numerosissime opere, tra le quali spicca Umanesimo integrale del 1936. Tra il 1940 e il 1960 visse negli Stati Uniti (ma nel periodo 1946-1948, per volere del generale De Gaulle, fu ambasciatore francese presso la Santa Sede). Dopo la morte della moglie, si stabilì presso la comunità dei Piccoli Fratelli di Charles de Foucauld di Tolosa, entrando ufficialmente a far parte di essa nel 1970. Tra le sue ultime pubblicazioni, è opportuno ricordare l’ampio volume Il contadino della Garonna, in cui, all’indomani del Concilio Vaticano II, Maritain, al quale Paolo VI aveva consegnato il messaggio indirizzato dai Padri Conciliari agli intellettuali, prende criticamente le distanze da alcune interpretazioni progressiste del Concilio stesso. A questo riguardo, è noto che il pensiero politico del cosiddetto «primo» Maritain ha sollevato varie perplessità soprattutto da parte di chi vi ha riscontrato qualche incertezza e cedimento di fronte alle ideologie laiche e in particolare a quella marxista, mentre altri interpreti non vi hanno ravvisato alcuna ambiguità. Maritain si occupò di moltissime questioni e i suoi libri spaziano nei più diversi campi della filosofia: dalla metafisica alla gnoseologia, dalla politica all’estetica, dalla pedagogia alla spiritualità.
Ha scritto Duilio Bonifazi: «Maritain si presenta come antimoderno e ultramoderno: rivendica cioè l’esigenza di assumere un atteggiamento critico sia nei confronti di tante dimensioni del pensiero maturato dopo l’epoca rinascimentale, sia nei confronti della struttura economico sociale realizzata dalla borghesia […] Più specificamente la critica di Maritain è diretta contro il positivismo e il neo positivismo, l’idealismo, l’irrazionalismo, ogni forma di fenomenismo – sia trascendentale che empirico –, ogni forma di relativismo assoluto – sia individualistico che storicistico –, ogni forma di materialismo – sia metafisico che storico –. Nel campo economico-sociale-politico la sua critica si rivolge sia contro l’individualismo liberale-borghese, sia contro il collettivismo marxista. Nel campo più specificamente religioso egli rifiuta sia la riduzione naturalistica e razionalistica del cristianesimo, sia la sua interpretazione a livello puramente soprannaturalistico e escatologico».
Si può affermare che Maritain sintetizzò queste sue convinzioni nel concetto di umanesimo integrale: di fronte alla moderna tragedia dell’umanesimo inumano che, similmente all’uomo della parabola evangelica, aveva costruito i propri valori sulla sabbia dell’ateismo e del pensiero antimetafisico, il pensatore francese affermò che, come ha sostenuto Armando Rigobello, «il vero umanesimo è integrale, nel senso che i grandi valori umanistici rimandano alla concezione metafisica dell’uomo come è stata elaborata dalla tradizione classico-cristiana, ed è quindi una concezione teocentrica della realtà […]. L’umanesimo deve essere, quindi, teocentrico se intende essere un umanesimo autentico, dato che il valore dell’uomo si chiarisce inserendolo nel quadro dei valori proposti dalla concezione classico-cristiana della realtà, la quale ha per vertice Dio. Soltanto facendo convergere il centro dell’universo in Dio, l’uomo acquista la grandezza massima che può competere a una creatura».
Tale umanesimo maritainiano assume le caratteristiche proprie del personalismo, in quanto l’uomo diventa detentore di una dignità speciale conferitagli dal fatto di essere creatura di Dio; e Maritain pose proprio la persona umana al centro delle sue dottrine morali e politiche, intorno alle quali, come è noto, si è sviluppato un ampio dibattito critico, del quale non è possibile rendere conto in questa sede. Qui può risultare interessante ricordare quanto ha sostenuto Antonio Livi a proposito di Maritain e Gilson: «Tali filosofi – ha scritto Livi – hanno presente una nozione di filosofia che non esige affatto la separazione e il distacco dalla Rivelazione. Essi infatti ritengono che il modo migliore di far della filosofia non sia la preoccupazione illuministica di garantire l’autonomia della ragione dalla Rivelazione, bensì il cristiano timore che la ragione, sfuggendo alla guida della Rivelazione, torni a smarrirsi nelle tenebre dell’errore, fallisca nell’intento di possedere la sapienza naturale e comprometta in ultimo termine il possesso della sapienza soprannaturale».
Concludo questo breve ritratto con le seguenti considerazioni che il cardinale Poupard ha dedicato a uno dei concettichiave del pensiero maritainiano, quello di “primato dello spirituale”: «Primato dello spirituale vuol dire la supremazia della Chiesa nel suo ordine, e l’autonomia del potere temporale nel suo; l’autentica cattolicità della fede e della salvezza, al di là delle civiltà transitorie, e la volontà accanita di difendere tali valori; vuol dire infine il primato della contemplazione ».

 

 

RICORDA

 

“Il fecondo rapporto tra filosofia e parola di Dio si manifesta anche nella ricerca coraggiosa condotta da pensatori più recenti, tra i quali mi piace menzionare, per l’ambito occidentale, personalità come John Henry Newman, Antonio Rosmini, Jacques Maritain, Étienne Gilson, Edith Stein […] non intendo avallare ogni aspetto del loro pensiero, ma solo proporre esempi significativi di un cammino di ricerca filosofica che ha tratto considerevoli vantaggi dal confronto con i dati della fede”.
(Giovanni Paolo II, Fides et ratio, n. 74).

“Maritain si illuse sui principi ideali ispiratori delle altre forze antifasciste. Così rispetto al comunismo, benché rilevi il carattere primario ed essenziale della filosofia di Marx, e benché il suo giudizio sulle conseguenze etico-politiche di esse si faccia, col passare degli anni, sempre più rigoroso, tuttavia continua a vedervi, commettendo qui un errore anche sul piano dell’interpretazione storica, «l’ultima eresia cristiana», dunque in qualche maniera recuperabile, mentre i fascismi sarebbero stati forme di neopaganesimo, anche quando si presentavano in veste di difensori della fede”.
(Augusto Del Noce, L’umanesimo frainteso, in 30GIORNI)

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

J. Maritain, Umanesimo integrale, Borla 1973 (quinta edizione).
J. Maritain, Il contadino della Garonna, Morcelliana 1973 (quinta edizione).
J. Maritain, Nove lezioni sulle prime nozioni della filosofia morale, Massimo 1996.
AA. VV., Jacques Maritain oggi. Atti del Convegno internazionale di studio promosso dall’Università cattolica nel centenario della nascita. Milano, 20-23 ottobre 1982, Vita e Pensiero 1983.
AA. VV., Umanesimo integrale e nuova cristianità, Massimo 1988 (molto utile, perché riporta interventi di studiosi sia favorevoli che contrari alle dottrine politiche maritainiane).
F. Botturi, Comunità e politica e nel pensiero di Maritain, in G. Dalle Fratte (a cura di), Concezioni del bene e teorie della giustizia, Armando1995, pp. 265-290.
V. Possenti (a cura di), Jacques Maritain e la filosofia dell’essere, Il Cardo 1996.

 

IL TIMONE – N. 33 – ANNO VI – Maggio 2004 – pag. 30 – 31
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