Per le emergenze umanitarie, la Santa Sede ha istituito un apposito dicastero. Si chiama “Cor Unum”.
Segno concreto dell’amore del Papa e della Chiesa per chi ha bisogno. Senza limitarsi alle sole necessità materiali.
E accaduto in Piazza San Pietro, tre anni fa.
Un arcivescovo di un piccolo Paese centroamericano, al termine dell’udienza generale, si è inginocchiato davanti al Papa per un rapido saluto. Giovanni Paolo II lo ha guardato e gli ha chiesto: “E con Mitch come andiamo?”. L’arcivescovo ha risposto: “C’è tanto da fare, stiamo ricostruendo…”. Wojtyla ha replicato: “Passa da don Stanislao…”. Così, il prelato si è avvicinato al segretario personale del Papa e Prefetto aggiunto della Casa Pontificia, il vescovo Stanislao Dziwisz. “Venga domani a trovarci, perché il Santo Padre vuole comprarsi una villetta lì da voi… Ci faccia vedere qualche progetto”. La mattina successiva l’arcivescovo ha varcato il portone di bronzo, è arrivato al cortile di San Damaso, è salito nell’appartamento papale. Don Stanislao lo aspettava. Ha guardato i progetti per la ricostruzione e poi ha chiesto al prelato centroamericano di seguirlo. Sono scesi e sono entrati allo lor, l’Istituto per le Opere di Religione, la banca del Papa. Lì don Stanislao ha dato ordine che all’arcivescovo venisse consegnata una cospicua somma in dollari. Non era destinata alla costruzione di una villa o di una villetta per il Papa, ma è servita invece a costruire un intero villaggio di piccoli prefabbricati, per alcune delle famiglie alle quali l’uragano Mitch aveva portato via tutto, travolgendo le baracche di cartone e di fango.
È soltanto un piccolo esempio di come funziona, nel silenzio e nel nascondimento, la carità del Papa. Un esempio di come vengono impiegati i soldi che da tutto il mondo i fedeli versano per “l’obolo di San Pietro”, le offerte che personaggi più o meno facoltosi si sentono in dovere di fare quando arrivano a Roma, le somme piccole o ! grandi che parrocchie, movimenti e associazioni, ma anche tanta gente comune, invia spontaneamente al Pontefice. Le offerte per la “carità del Papa”, nell’anno 2001, sono ammontate a 52 milioni di dollari, che Giovanni Paolo Il ha destinato, spiega il cardinale Sergio Sebastiani, presidente della Prefettura per gli affari economici della Santa Sede, “alle comunità ecclesiali per finalità pastorali e per alleviare le condizioni di estrema povertà e degrado, come ad esempio nel caso di calamità naturali”.
Per le emergenze umanitarie, il Vaticano ha costituito un dicastero apposito: si chiama “Cor Unum”, ed è oggi presieduto dall’arcivescovo tedesco Paul Cordes. In trent’anni ha raccolto e distribuito la bellezza di 87 milioni di dollari. Le cifre dell’ultimo periodo parlano chiaro e aiutano a comprendere quale sia la destinazione dei finanziamenti e delle offerte che giungono Oltretevere: nell’anno 2000, soltanto “Cor Unum” ha stanziato quasi 16 miliardi di lire per aiutare la promozione umana nei Paesi sottosviluppati, per assitere le vittime di calamità e guerre, per aiutare le popolazioni indigene, meticce e afroamericane povere dell’America Latina. Nell’anno 2001, gli aiuti distribuiti soltanto da quel dicastero vaticano sono stati pari a 6 milioni di dollari. Quando accade una calamità naturale, come un terremoto o un uragano, Cordes viene puntualmente inviato a portare un qualche conforto, non soltanto spirituale, alle vittime.
È interessante poter riferire anche l’ammontare complessivo delle offerte dei fedeli nel giorno del digiuno per la pace chiesto dal Papa il 14 dicembre, che coincideva con l’ultimo giorno del Ramadan islamica. In tanti hanno aderito alla semplice richiesta del Pontefice, che chiedeva loro di devolvere il corrispettivo di un pranzo per aiutare le vittime della guerra e del terrorismo.
“Ciò di cui ci si priva nel digiuno potrà essere messo a disposizione dei poveri, in particolare di chi soffre in questo momento le conseguenze del terrorismo e della guerra”. In fondo è così bello e così semplice aderire obbedendo, lieti del fatto che all’accorata richiesta del vescovo di Roma dicessero di sì persone diverse, appartenenti a comunità e a Paesi diverse, a fedi diverse. In molti ambienti “laici”, ci sono stati non credenti che invece di sindacare sull’iniziativa hanno preso sul serio le parole di Wojtyla: in fondo digiunare e offrire la somma risparmiata era un’azione semplice ma concreta, che coinvolgeva personalmente chi la faceva.
A “Cor Unum” e alla Segreteria di Stato vaticana in quelle settimane sono arrivati due milioni di euro. Il Papa ha stabilito di far giungere immediatamente gli aiuti, “avendo riguardo – ha riferito il portavoce della Santa Sede, Joaquin Navarro-Valls – innanzitutto per i bambini, gli anziani, gli ammalati, le persone rimaste senza casa e quelle più esposte al pericolo del freddo e della fame nei mesi invernali”.
Gli aiuti che il Vaticano fa giungere là dove c’è bisogno, sono sempre il segno di una vicinanza che non si riduce mai al solo aspetto materiale: “Guardando indietro ha detto nei mesi scorsi l’arcivescovo Cordes – dobbiamo riconoscere come “Cor Unum” non sia semplicemente un istituto di beneficenza. Il nostra intendimento non è solo quello di essere un servizio di emergenza, e questo lo si vede bene dall’attività svolta in questi anni.
Noi tutti infatti abbiamo bisogno di qualcosa di più del pane e di un tetto.
Così la nostra attenzione non può limitarsi alle necessità materiali”.
UN ESEMPIO DELLA CARITÀ DEL PAPA
Forse alcuni ricorderanno che in seguito agli attacchi al World Trade Center dell’11 settembre 2001, Giovanni Paolo II ha lanciato un appello per un aiuto materiale e spirituale a favore di quanti soffrono delle conseguenze della guerra e del terrorismo.
Moltissimi hanno risposto all’appello del Santo Padre, che ha destinato 400.000 dollari dei fondi raccolti in questa occasione alla Terra Santa. Sono stati consegnati al Patriarcato di Gerusalemme, alla Custodia di Terra Santa dei Padri Francescani, alla Caritas locale e a diverse comunità cattoliche dall’arcivescovo Paul Josef Cordes, Presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, in occasione della sua visita in Terra Santa del novembre scorso.
Ma lo scopo del viaggio non stava solo nella consegna del denaro.
Attraverso vari incontri, l’inviato del Santo Padre ha voluto incoraggiare i cristiani a rimanere in questi luoghi martoriati, come tanti missionari in modo eroico stanno già facendo.
Il sostegno del Papa è stato pertanto offerto per migliorare le condizioni di vita e di lavoro nella loro terra, per poter essere un seme fecondo di umanità e di pace. Infatti, tutti sono consapevoli del fatto che la salvaguardia dei Luoghi Santi sarebbe gravemente messa in pericolo se i cristiani li abbandonassero.
IL TIMONE N. 23 – ANNO V – Gennaio/Febbraio 2003 – pag. 14 – 15