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13.12.2024

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La “catena” di Mindanao
31 Gennaio 2014

La “catena” di Mindanao

 

 


 

Un ponte con i musulmani è possibile, la strada è quella dell’educazione.
L’esperienza di “Silsilah”, movimento fondato venti anni fa nel sud delle Filippine da un missionario italiano. E c’è anche un martire: padre Salvatore Carzedda, ucciso nel ’92.
Uno dei temi più discussi oggi fra i cattolici italiani è il rapporto che dobbiamo avere con i musulmani. Non è facile rispondere, anche dando per scontato quanto già si ammette: accoglienza, solidarietà, leggi severe per i clandestini, ecc. Il Papa insiste sul “dialogo interreligioso”. Ma, in concreto, come tradurre questo orientamento nella vita quotidiana di un cristiano, di una parrocchia, associazione cattolica, ordine religioso?
Il dialogo è un fatto nuovo nella Chiesa, la sua teorizzazione risale al Concilio Vaticano II (1962-1965). È una via ancora tutta da inventare, sperimentare, da parte soprattutto della “Chiesa di base”: il dialogo non è solo o principalmente un incontro fra teologi per discutere sulle singole religioni, ma “dialogo di vita” tra i fedeli delle varie appartenenze religiose.
Un caso concreto. Nel sud delle Filippine (isola di Mindanao) è in corso da più di trent’anni una lotta fra cristiani e musulmani, originata da tanti motivi storici e attuali: immigrazione interna nel Paese da nord a sud, proprietà delle terre, dittatura di Marcos (1968-1986), guerriglia separatista islamica, metodi violenti e oppressivi da parte dell’esercito e delle forze paramilitari (considerate espressione della maggioranza cattolica). In questa situazione esplosiva non è facile tentare il dialogo. Eppure questa pare oggi la via giusta, per giungere alla riconciliazione.
Il 9 maggio 1984 nasceva a Zamboanga, nell’isola di Mindanao, un gruppo di dialogo fra cristiani e musulmani, che oggi risulta uno dei modelli più significativi di come è possibile gettare ponti di comprensione e di collaborazione. “Silsilah” (“catena” in arabo) è stato fondato da padre Sebastiano D’Ambra, missionario del Pime nelle Filippine dal 1977, che fin dall’inizio si è trovato in zona di guerriglia separatista islamica a Siocon (sud-ovest della grande isola). Per alcuni anni ha fatto opera di riconciliazione fra bande di guerriglia ed esercito nazionale, poi ha dovuto abbandonare quella regione per le troppe minacce ricevute da estremisti islamici e cristiani.
Impegnato nella pastorale a Zamboanga (la seconda città di Mindanao dopo Davao), D’Ambra ha capito che il dialogo non può iniziare nelle regioni di conflitto aperto, ma deve partire da un’opera di educazione, di contatto fraterno. È nato così Silsilah, non da una facoltà teologica, ma da un gruppo di amici cristiani e musulmani. Il movimento è cresciuto, quest’anno ricorre il XX° anniversario di fondazione e D’Ambra ricorda che fu il primo movimento di dialogo che si affermò a Mindanao. Nel 1990 la Conferenza episcopale nazionale ha creato una Commissione specifica per il dialogo con l’islam, chiamando padre Sebastiano a diventarne il segretario, col compito di organizzare ovunque iniziative del genere. Da quell’anno la Chiesa delle Filippine si è impegnata, con l’aiuto dello Spirito, su questa via e il movimento si è aperto non solo all’islam ma anche alle altre religioni presenti nel Paese; inoltre è nata la “Bishops-Ulama Conference” (Conferenza Vescovi-Ulama) che si riunisce periodicamente per discutere i rapporti fra cristiani e musulmani, con un buon influsso nelle Filippine, anche nella riconciliazione in campo politico-militare.
Le attività del Silsilah sono sul piano dell’educazione al dialogo e dell’aiuto alle popolazioni più povere, coinvolgendo le due comunità; dal 1987 svolge in estate un corso di formazione specifica al dialogo, per animatori: il “Silsilah Summer Course on Muslim-Christian Dialogue” (Corso estivo sul dialogo islamo-cristiano), a cui hanno partecipato migliaia di fedeli delle due religioni. Gli incontri di dialogo a livello di base si svolgono in genere in ambienti laici, non appartenenti alle due religioni: preghiere, letture di testi sacri, dibattiti e programmazione di iniziative per portare la pace dove c’è divisione e di opere caritative per i più poveri: tutto basato sulla ricerca e la pratica di una “spiritualità del dialogo”. Il movimento è vitale perché varie iniziative nascono in posti diversi e si affermano spontaneamente diffondendo lo spirito di incontro e collaborazione. «Il dialogo interreligioso – afferma D’Ambra – è oggi una missione in salita. Non è scontato che tutti siano d’accordo nel praticarlo: questo è un fatto generale della Chiesa delle Filippine» e nell’ambiente islamico; che però «manifesta un’apertura lenta ma costante. Essi hanno sempre paura che il dialogo possa essere una forma nuova di fare conversioni, inventata dai cristiani negli ultimi decenni. Al momento bisogna anche fare i conti con l’ondata di fondamentalismo o integralismo tra cristiani e musulmani, ma in particolare fra questi ultimi».
«Oggi c’è tanta paura sia tra i cristiani che i musulmani e parecchi leader islamici sottolineano il legame esistente nell’islam tra religione e politica, con intenti ben precisi che non sono strettamente religiosi. Una situazione che spesso viene gestita in un clima di paura sia dentro che fuori dell’islam. Ne derivano conseguenze pratiche che ci lasciano perplessi e persino irritati, se non alimentiamo nel nostro cuore il vero senso del dialogo come ce lo propone Cristo, costruito sull’amore, che è paziente, benigno e sa superare tutto. Insomma un dialogo fondato sul mistero dell’Incarnazione». D’Ambra è fiducioso e pieno di coraggio. Il motto del “Silsilah” è “Padayon”, “Andiamo avanti”. E questo specialmente dopo il martirio di padre Salvatore Carzedda, suo collaboratore nel “Silsilah”, ucciso il 20 maggio 1992 a 48 anni mentre ritornava in auto alla sede del Pime a Zamboanga, dopo aver tenuto una lezione al corso di formazione del movimento.
Che comportamento tenere con i musulmani? Ecco una iniziativa nata dal popolo di Dio che sta portando buoni frutti, fra i quali un vero martire del dialogo del quale si dovrebbe iniziare la causa di canonizzazione. Auguriamoci in Italia il sorgere di varie iniziative del genere.
RICORDA
“La vostra commissione, che facilita la comunicazione tra cristiani e musulmani, è stata istituita in un periodo di grande aspettativa per la pace nel mondo. Sfortunatamente, questa speranza non è stata ancora soddisfatta. Davanti alle tragedie che continuano ad affliggere l’umanità, è ancora più necessario convincere le persone che la pace è possibile. Anzi, è un dovere (cfr. no. 4 del Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2004). Io vi incoraggio, e con voi tutti i leader religiosi, a promuovere una cultura di dialogo, di reciproca comprensione e di rispetto”.
(Giovanni Paolo II, Messaggio ai membri della Commissione islamo-cattolica, 20 gennaio 2004).

BIBLIOGRAFIA
Sebastiano D’Ambra, Testimone del dialogo, Emi 2003.

IL TIMONE – N. 31 – ANNO VI – Marzo 2004 – pag. 52 – 53

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