Benedetto XVI ricorda la natura missionaria della Chiesa. Come quella dei primi secoli, come dopo la Riforma, come la nuova evangelizzazione che oggi viene addirittura richiamata da un apposito dicastero
Che la Chiesa abbia il compito di diffondere il messaggio della salvezza a tutti gli uomini, addirittura alle nazioni, credo non ci sia bisogno di ripeterlo, basta leggere ciò che Gesù chiede ai suoi discepoli prima di ascendere al cielo e basta osservare la prassi costante della Chiesa nelle diverse fasi della sua storia: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e fate discepole tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato » (Mt 28,18-20).
Quello che invece merita di essere approfondito è un esame dei diversi modi con cui la Chiesa ha affrontato il tema missionario nel corso della sua storia. Da Pentecoste alla nuova evangelizzazione, si potrebbe dire.
I primi secoli
Nei primi tre secoli la missione dei cattolici si svolge nella clandestinità, quando infuria la persecuzione, oppure nella quotidianità, quando i cristiani vengono lasciati liberi di vivere come gli altri cittadini all’interno dell’impero romano. Ottenuta la possibilità di predicare pubblicamente il Vangelo e diventato il cristianesimo addirittura la religione dell’impero, i cristiani realizzano in Occidente, e anche in Oriente dove nasce la civiltà bizantina, una prima evangelizzazione, che porta alla fioritura di una civiltà cristiana, la Cristianità medioevale. L’apostolato nei confronti dei popoli barbari, così come il lungo confronto con ebrei e pagani, sono nei secoli della prima evangelizzazione un segno della missionarietà della Chiesa. Dopo l’Editto di Milano nel 313, che garantisce la libertà religiosa ai cristiani, nasce quella cosiddetta Chiesa costantiniana, che prende il nome dall’imperatore Costantino (274-337), la cui conversione al cristianesimo in seguito alla celebre apparizione prima della battaglia di Ponte Milvio, nei pressi di Roma, il 28 ottobre 312, segna l’inizio della cristianizzazione delle istituzioni imperiali. Questa religione che diventa ufficiale nell’impero soltanto settant’anni dopo la conversione di Costantino è oggetto, da tempo, di una feroce polemica proveniente dagli ambienti progressisti del mondo cattolico, che la accusano di avere rifiutato la purezza della Chiesa delle origini per abbracciare il potere imperiale. La polemica si riaprirà dolorosamente nei prossimi mesi e durante il 2013, in occasione della ricorrenza della conversione di Costantino e dell’Editto di Milano, e già da ora bisogna ricordare che gli abusi e le commistioni fra religione e politica, che ci furono, anche numerosi, e durarono fino al XVIII secolo, non possono mai fare dimenticare che dalla fede nasce una cultura che fonda una civiltà, come ricorda il Magistero della Chiesa.
Quando, a partire dal XIV secolo, la cristianità occidentale entra in crisi, conoscendo poi la frattura della Riforma protestante nel XVI secolo, la missione si rivolge verso i popoli del nuovo mondo dopo la scoperta dell’America (1492), così come verso i popoli del Nord Europa conquistati dalla Riforma, mentre rimane sempre vivo il desiderio missionario verso i popoli musulmani che aveva accompagnato anche il movimento crociato.
È singolare vedere come proprio nel tempo in cui la fede cattolica viene emarginata e subisce una significativa perdita di consenso in Europa, per esempio nel XIX secolo, essa si diffonde negli altri Continenti, in Africa e in Asia, dove comincia a penetrare, grazie alla nascita di ordini religiosi appositamente dedicati alle missioni (cfr. Enrico Chiesura, «… fino agli estremi confini della terra! Il carisma missionario nel XIX secolo», Mimep Docete, 2002).
La nuova evangelizzazione
Oggi lo spirito missionario, che comunque dovrebbe contraddistinguere il battezzato, conosce una nuova fase adeguata al nostro tempo e caratterizzata soprattutto dall’idea di una nuova o seconda evangelizzazione degli antichi paesi di tradizione cristiana, dove la fede rischia di spegnersi e comunque viene vissuta da una minoranza dei cittadini.
Il Papa ha fatto il punto sulla situazione nel recente Messaggio per la giornata missionaria mondiale del 2012: «Anch’io, nell’indire l’Anno della fede, ho scritto che Cristo “oggi come allora, ci invia per le strade del mondo per proclamare il suo Vangelo a tutti i popoli della terra” (Lett. ap. Porta fidei, 7); proclamazione che, come si esprimeva anche il Servo di Dio Paolo VI nell’Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, “non è per la Chiesa un contributo facoltativo: è il dovere che le incombe per mandato del Signore Gesù, affinché gli uomini possano credere ed essere salvati. Sì, questo messaggio è necessario. È unico. È insostituibile” (n. 5). Abbiamo bisogno quindi di riprendere lo stesso slancio apostolico delle prime comunità cristiane…».
Tuttavia il Papa ricorda, nello stesso messaggio, che non si deve concepire la missione come qualcosa di limitato agli specialisti, cioè ai missionari che partono per le missioni ad gentes, ma questa deve diventare un impegno di tutta la Chiesa, deve cioè «coinvolgere tutta l’attività della Chiesa particolare, tutti i suoi settori, in breve, tutto il suo essere e il suo operare. Il Concilio Vaticano II lo ha indicato con chiarezza e il Magistero successivo l’ha ribadito con forza. Ciò richiede di adeguare costantemente stili di vita, piani pastorali e organizzazione diocesana a questa dimensione fondamentale dell’essere Chiesa, specialmente nel nostro mondo in continuo cambiamento».
Cristo unico Salvatore
Fare penetrare nelle comunità cristiane uno spirito missionario era lo scopo principale del Concilio Vaticano II, così come indica il beato Giovanni XXIII nel discorso inaugurale dell’11 ottobre 1962, definito da Giovanni Paolo II l’inizio della nuova evangelizzazione. Questa cosa comporta una prima conseguenza: bisogna cercare di comunicare a chiunque il Vangelo perché Cristo è l’unico Salvatore del mondo. Se non si ha la convinzione che gli uomini si salvino soltanto attraverso il sacrificio di Cristo (che ne siano o no consapevoli) è impossibile che nasca uno spirito missionario, sia rivolto ad gentes (cioè ai popoli ancora da evangelizzare), sia ai cristiani che hanno perduto la fede (nuova evangelizzazione). Per questo, nel 2000, la Congregazione per la Dottrina della Fede emanò la famosa Dichiarazione Dominus Jesus, appunto per ricordare l’unicità e l’universalità del sacrificio di Cristo e del suo valore salvifico. D’altra parte, uno spirito missionario comporta un atteggiamento da minoranza evangelizzatrice, simile a quella di chi annuncia il Vangelo in nazioni o in ambienti che non lo conoscono. È un atteggiamento molto diverso da quello che può assumere una Chiesa in un Paese ancora a maggioranza cristiana, poco o nulla scristianizzato, come poteva essere ancora l’Italia al termine della Seconda guerra mondiale. Problemi, anche gravi, esistevano anche allora, ma esisteva un tessuto familiare e sociale solido riguardo ai valori. In quell’epoca, così come in genere nelle situazioni di cristianità, quello che oggi viene definito il primo annuncio del Vangelo era sostanzialmente assente o, meglio, avveniva attraverso la famiglia e in generale tramite il respiro della vita pubblica.
Missionari in un mondo in frantumi
Oggi bisogna convincersi dell’importanza di essere apostoli o missionari anche a casa nostra, nell’Occidente dove coesistono religioni, culture e ideologie diverse e avverse. La convinzione che il cristianesimo sia la vera religione perché fondata sull’incarnazione del Figlio di Dio è la premessa indispensabile per l’efficacia dell’apostolato. D’altra parte, bisogna essere consapevoli che anche in Occidente oggi il cristianesimo è percepito come una proposta accanto a tante altre ed è molto utile, per chi si dedica alla nuova evangelizzazione, leggere come si comportava in questo senso la minoranza cristiana dei primi secoli. L’umiltà, l’assenza di arroganza, la dolcezza del modo e la fraternità dei cristiani fra loro, conquistarono pagani ed ebrei, così come non bisogna trascurare la finezza nel ragionare e l’intelligenza che accompagnò i Padri della Chiesa dell’epoca, sia greci sia latini, nella polemica che li oppose alla cultura pagana e al mondo ebraico.
Una proposta, su questo il Papa insiste spesso, che deve esprimere la gioia di chi la avanza, senza la quale difficilmente riuscirà ad apparire convincente: «Occorre rinnovare l’entusiasmo di comunicare la fede per promuovere una nuova evangelizzazione delle comunità e dei Paesi di antica tradizione cristiana, che stanno perdendo il riferimento a Dio, in modo da riscoprire la gioia del credere».
Senza la gioia sul volto del missionario, difficilmente la nuova evangelizzazione potrà cominciare.
Per saprne di più…
Il Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata missionaria mondiale del 2012 si può leggere sul sito www.vatican.va
Sulla missione cfr. l’enciclica di Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, sulla permanente validità del mandato missionario, del 7 dicembre 1990.
Per riflettere sul rapporto fra i cristiani e l’Impero romano cfr. Marta Sordi, I cristiani e l’impero romano, nuova ed. riveduta e aggiornata, Jaca Book, 2004.
IL TIMONE N. 111 – ANNO XIV – Mrzo 2012 – pag. 58 – 59
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