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14.12.2024

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La città di Dio di Sant’Agostino
31 Gennaio 2014

La città di Dio di Sant’Agostino





È uno dei libri fondamentali della letteratura patristica. Nell’uomo e nella storia si impone una scelta: o amare se stessi più di Dio, o amare Dio più di se stessi. Solo quest’ultimo amore salva…

Sant’Agostino lavorò alla redazione de La città di Dio per una quindicina d’anni, fra il 412 e il 427: tale lavoro, ovviamente non continuativo, produsse come risultato la sua opera più vasta, «uno dei libri fondamentali della letteratura patristica» in grado di chiarire «l’ambigua relazione del cristianesimo con l’ordine temporale», sottolineando «la sua radicale trascendenza rispetto all’Impero romano e, quindi, a tutti i regimi o ordinamenti politici» (Ernest L. Fortin).

La caduta di Roma

La caduta di Roma, da cui l’opera agostiniana prende le mosse, era stata un evento sconvolgente: dopo un lungo assedio, il 24 agosto del 410, Alarico, alla testa dei Visigoti, era entrato nella città e l’aveva messa a ferro e fuoco. Il fatto, di enorme drammaticità, lasciò un segno indelebile nell’animo dei contemporanei, che vennero a trovarsi in una condizione di angoscia e di smarrimento. Agostino non poté e non volle tacere, anche perché da più parti si levavano accuse contro i cristiani, ritenuti responsabili dell’indebolimento dell’Impero romano e dunque della sua caduta nelle mani dei barbari: «Nel frattempo – egli scrive a questo proposito nelle Ritrattazioni – Roma fu abbattuta da un vorticoso assalto dei Goti condotti da Alarico che provocò un grande disastro. I cultori di una moltitudine di falsi dèi, pagani come li chiamiamo abitualmente, cercarono di addossarlo alla religione cristiana e cominciarono a calunniare il vero Dio con maggior violenza e malignità del solito. Onde io, ardendo di zelo per la casa del Signore, decisi di scrivere il libro della Città di Dio contro le loro calunnie e i loro errori».
Queste parole ci fanno chiaramente comprendere che il primo e principale carattere dello scritto agostiniano è apologetico: il Santo Dottore di Tagaste vuole difendere i cristiani e la loro fede, in un momento di crisi profonda e di grande paura; e vuole altresì confortarli quando sembra che tutto stia crollando e che il Signore non intervenga per ristabilire la pace e la giustizia.
Seguendo questa interpretazione, alcuni studiosi hanno ritenuto di poter dividere La città di Dio in due parti: la prima, sino al libro X compreso, finalizzata a confutare le dottrine pagane, la seconda, composta da dodici libri, contenente un’esposizione e una difesa del cristianesimo. Nell’impossibilità di ripercorrere analiticamente tutta l’opera, cercherò di segnalarne soltanto alcune dottrine, le principali e più originali, che, come non sarà difficile notare, nonostante siano trascorsi sedici secoli da quando vennero esposte, mantengo una straordinaria attualità.

I cristiani e lo Stato
Tra le accuse che venivano mosse ai cristiani, vi era quella riguardante la loro carenza di senso civico e la loro scarsa lealtà verso lo Stato; il comandamento dell’amore, poi, poteva diventare una pericolosa causa di debolezza nei confronti dei nemici. Agostino ribatte che ciò non è vero e, richiamandosi costantemente all’insegnamento di san Paolo, ricorda che i cristiani non hanno alcuna intenzione di sottrarsi alle loro responsabilità pubbliche. Certo, nella loro gerarchia di valori la patria terrena non è al primo posto, ma il fatto che essi pratichino con convinzione le virtù li rende cittadini corretti e fedeli ai doveri imposti dalle istituzioni. Il cristiano accetta di obbedire alle leggi vigenti; egli si oppone soltanto a ciò che va contro le regole morali e questo atteggiamento, lungi dall’indebolire lo Stato, lo rafforza, dotandolo di cittadini eticamente irreprensibili.
In tale contesto, Agostino discute la questione del servizio militare, che interessò molto i cristiani dei primi secoli, chiamati a chiarire se l’adesione al Vangelo permetteva o no di entrare e rimanere nelle fila dell’esercito. Ne La città di Dio viene affermato che in nessun passo del Nuovo Testamento è contenuto il divieto esplicito di fare il soldato: il messaggio cristiano invita alla rettitudine e alla bontà, ma non all’arrendevolezza; inoltre esso, pur non condannando la guerra in se stessa, costituisce il miglior antidoto contro l’efferatezza e la crudeltà che trasformano lo scontro militare in una pura e semplice esplosione di odio e di malvagità. Al soldato cristiano è richiesta l’obbedienza ed egli non la farà mancare. A questo punto Agostino giunge a una svolta nella sua trattazione, affermando che se non è stato il cristianesimo a determinare lo sfacelo dell’Impero Romano, è opportuno volgere lo sguardo altrove, per esempio allo stesso mondo pagano, che si è dimostrato del tutto incapace di rimanere fedele alle sue migliori tradizioni. Il santo vescovo africano proverà questo suo deciso atto di accusa, facendo vedere quanto distante sia stato lo spirito dei romani del suo tempo da quello che nei secoli precedenti era stato raccomandato da alcuni grandi intellettuali, primo fra tutti Cicerone. La cultura pagana – sembra dire Agostino – ha predicato bene, ma razzolato male; ovvero, ha indicato teorie valide, ma poi non è riuscita a dar vita a una società veramente giusta. Si può forse dimenticare che all’origine della splendida Roma vi è un fratricidio? Si vorrà tacere che l’Urbe è stata continuamente scossa da dissidi e guerre? Pervenuto a questo momento decisivo del suo argomentare, Agostino affonda il colpo: identifica le cosiddette virtù pagane con dei veri e propri vizi e paragona i regni terreni a bande di ladri e di briganti.

Come il grano e il loglio…

Contro tali magna latrocinia si erge la Città (il popolo) di Dio, modello di giustizia, frutto dell’adesione alla fede cristiana, i cui cittadini sono coloro che seguono Cristo e amano Dio sino al disprezzo di sé, a differenza degli abitanti della città terrena che amano se stessi fino a disprezzare Dio, vivono secondo la carne e si proclamano autosufficienti. Invece – ricorda Agostino – è necessario sottomettersi al Signore. Qui sulla terra non è dato sapere con precisione chi appartenga all’una o all’altra delle due città (qualche volta, tuttavia, la città di Dio viene da lui identificata con la Chiesa): esse sono confuse come il grano e il loglio della parabola evangelica, e soltanto il giudizio divino interverrà a separarle definitivamente. Fino a quel momento, l’umanità vivrà in uno stato di precarietà, che non permetterà mai l’instaurazione sulla terra di una pace perfetta e duratura. Inoltre, già nel cuore di ogni uomo c’è una lotta e un’interazione tra l’amore egoistico (perché c’è anche un amore giusto di sé) verso di sé, e l’amore verso Dio. Agostino, da autentico credente e da grande teologo qual è, proietta la dimensione della storia e della politica su di uno sfondo escatologico, dove a dominare è Dio con la sua giustizia assoluta ed eterna.

Che cosa ci attende

Oltre a questi cui ho appena accennato, ne La città di Dio vengono affrontati molti altri temi tipici della filosofia agostiniana, quali quelli del tempo, del male, del peccato. L’opera è una specie di sintesi di tutto l’agostinismo, ma, in particolare, ha influenzato la riflessione sulla storia e sulla politica costantemente elaborate lungo i secoli dai pensatori cristiani. In questa sede non è possibile seguire tali sviluppi che hanno comportato innumerevoli discussioni e approfondimenti critici. Qui può essere opportuno concludere con le seguenti parole contenute nell’ultimo libro de La città di Dio, laddove Agostino parla dell’eterna beatitudine che ci attende in Paradiso: «Lassù vi sarà la vera pace e non si patirà male alcuno né da parte di se stessi, né da parte di altri. Premio della virtù sarà Dio stesso, datore della virtù, lui che ha promesso se stesso come la migliore e massima ricompensa che possa esistere».

Ricorda

«Agostino ha incontrato Dio e durante tutta la sua vita ne ha fatto esperienza al punto che questa realtà – che è innanzi tutto incontro con una Persona, Gesù – ha cambiato la sua vita, come cambia quella di quanti, donne e uomini, in ogni tempo hanno la grazia di incontrarlo. Preghiamo che il Signore ci dia questa grazia e ci faccia trovare così la sua pace».
(Benedetto XVI, Udienza generale di mercoledì 30 gennaio 2008).

Per saperne di più…

Un’ottima edizione de La città di Dio si trova all’interno delle Opere complete di Sant’Agostino, pubblicate con testo latino a fronte da Città Nuova Editrice di Roma, cfr. www.augustinus.it.

Nella sterminata messe di studi dedicati a Sant’Agostino segnaliamo:
Etienne Gilson, Introduzione allo studio di sant’Agostino, Marietti, 1983.
Maria Bettetini, Introduzione a Agostino, Laterza, 2008. Alarico, re dei Visigoti.

IL TIMONE N. 113 – ANNO XIV – Maggio 2012 – pag. 32 – 33

Oscar Sanguinetti, La Chiesa e le insorgenze popolari controrivoluzionarie, in AA.VV, Processi alla Chiesa. Mistificazione e apologia, a cura di Franco Cardini, 3a ed., Piemme, 1995, pp. 373-407 (pp. 396-401).
Idem, I “cristeros” messicani (1926-1929), in Voci per un Dizionario del pensiero forte, (www.allenzacattolica.org/ idis_dpf/voci/c_cristeros.htm).
Jean Meyer, Quando la storia è scritta dai vincitori. Insurrezione vandeana e rivolta dei cristeros messicani: due sollevazioni popolari escluse dalla storia ufficiale e dalla memoria nazionale, in AA.VV., La Vandea, Corbaccio, 1995, pp. 234-246.
Alberto Leoni, Dio, patria e libertà! L’epopea dei Cristeros, Quaderni de Il Timone, Edizioni Art, 2010.
Luigi Ziliani, Cristiada. Messico martire, reprint, Amicizia Cristiana, 2012.
Encicliche sulle persecuzioni in Messico, 1926-1937, Amicizia Cristiana, 2012.
Antonio Dragon, Il Padre Pro. Il Santo dei Cristeros, Edizioni Amicizia Cristiana, 2012.

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