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9.12.2024

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La civiltà dell’aborto
31 Gennaio 2014

La civiltà dell’aborto

 

 


Sono almeno 400 milioni i bambini uccisi dall’aborto in Cina. Una strage prodotta dalla legge del “figlio unico”. Ma se Sparta piange, Atene tace: anche il mondo occidentale è diventato una spaventosa macchina per l’aborto. Così il comunismo e il liberalismo dichiarano guerra totale al bambino non nato

Ci sono fatti che sono difficili da descrivere, e ancor più da concepire con la fantasia. È impossibile immaginare 400 milioni di esseri umani innocenti che vengono eliminati senza alcuna pietà: la ragione si ribella a un dato che sembra incredibile. Ma chi pensava che con la Shoa si fosse compiuto nella storia il “male assoluto”, ora sarà costretto a ricredersi: 400 milioni di vittime sono una carneficina che fa impallidire i crimini di Hitler, di Stalin, di Pol Pot. Che ridicolizza la terribile mattanza della seconda guerra mondiale, costata 50 milioni di morti. Eppure è successo, e continua a succedere: 400 milioni sono i bambini non nati eliminati con l’aborto nella Repubblica Popolare Cinese. A portare alla luce questa strage è stato il Ministero della Salute di Pechino, secondo il quale negli ultimi trent’anni – da quando esiste la legge sul figlio unico – sono stati praticati in Cina quasi 400 milioni di aborti.

L’aborto obbligatorio…
I contorni di questo spaventoso genocidio sono abbastanza netti: l’agenzia Agi China ha spiegato che gli aborti praticati sono pari ai 336 milioni (13 milioni nel solo 2012), a cui si dovrebbero sommare «403 milioni di donne sottoposte (spesso con la forza) all’introduzione di dispositivi anticoncezionali intrauterini». E com’è noto, la spirale non è un contraccettivo ma un abortivo che impedisce all’embrione di impiantarsi nel corpo della madre. Dunque, 400 milioni rischia di essere una stima per difetto rispetto a quanto è accaduto e accade nel silenzio assordante della stampa occidentale. E tutto questo, nonostante ci troviamo di fronte alla più colossale strage di vite umane pianificata per legge da uno Stato. Perché è spesso l’autorità ad imporre l’aborto per motivi demografici. La Cina ha infatti impegnato molte energie per abbattere la crescita della popolazione, usando le armi più efficaci per perseguire questo obiettivo: sterilizzazione, contraccezione e aborto. Il tutto in un quadro perfettamente coerente con la cultura totalitaria del regime di Pechino, che non propone ma impone le sue scelte al popolo. Ecco così materializzarsi leggi e prassi fortemente ostili alle coppie che si siano macchiate della grave colpa di mettere al mondo più di un figlio. Dal 1980 ad oggi lo Stato cinese ha incassato 380 milioni di dollari per le multe comminate a chi aveva messo al mondo più di un bambino. Inducendo così con la minaccia milioni di padri e di madri a utilizzare l’aborto per evitare guai, oppure per selezionare la nascita dei figli in base al sesso, prediligendo un figlio maschio ed eliminando le figlie femmine.
Il risultato è che nel 2010 in Cina si contavano per ogni 118 maschi solo 110 ragazze. A livello nazionale ciò significa che ci sono 37 milioni di maschi in più rispetto alle donne. Tra pochi anni un quinto degli uomini avrà difficoltà a trovare una donna cinese per sposarsi.
Questa strada ferocemente antinatalista ha portato addirittura – secondo testimonianze riportate da alcuni mass media occidentali – a praticare dei veri e propri aborti coatti e obbligatori, che non hanno lasciato alcuno scampo ai nascituri e alla contraria volontà dei genitori.

…e l’aborto libero

Ma se Sparta piange i suoi figli abortiti, Atene non ride. E non può ridere perché i Paesi campioni della libertà, i simboli della democrazia da esportazione, i paradisi della tutela dei diritti umani sono praticamente tutti quanti delle gigantesche macchine dell’aborto. Negli Stati Uniti, dal 1973 a oggi sono stati censiti 53 milioni di aborti legali. In Francia, dal 1975 gli aborti volontari sono almeno 8 milioni. In Gran Bretagna le vittime dell’aborto sono circa 190.000 all’anno, il che fa stimare gli aborti dal 1967 ad oggi in una decina di milioni. In Italia, dal 1978 si contano circa 5 milioni e mezzo di aborti da legge 194.
Cifre impietose che dicono una cosa sola: i sistemi liberali da decenni hanno legittimato l’aborto e lo praticano su scala industriale. C’è una differenza: ciò che in Cina è coatto in Occidente è frutto della “libera scelta”. Ma questo, paradossalmente, comporta un coinvolgimento di responsabilità delle singole coscienze ben più massivo ed esteso. In Cina si può sperare che l’orrore coinvolga solo i funzionari di partito e i medici ufficiali, e che dunque l’aborto sia frutto di una volontà perversa dello Stato, alla quale un giorno forse i singoli potranno sottrarsi. Ma nel mondo libero sono gli uomini e le donne che, senza imposizione alcuna, scelgono la morte dei loro figli. Una spaventosa corresponsabilità che genera una cultura di morte capillare e ostinata.

L’imbarazzato silenzio del mondo occidentale

L’Onu non ha speso mezza parola per condannare la mattanza obbligatoria di nascituri in Cina. Silenzio da parte dell’Unicef, che pure dovrebbe occuparsi di bambini indifesi. Bocche cucite dalle parti di Amnesty International, spesso così rumorosa quando si tratta di sottrarre un serial killer alla pena di morte. Barak Obama – premio Nobel per la Pace – gira la testa dall’altra parte; il suo motto elettorale era «we can» (“noi possiamo”), ma evidentemente non può rimbrottare la Cina perché obbliga le donne ad abortire. Encefalogramma piatto per l’Unione Europea (anch’essa Nobel per la Pace), troppo impegnata a minacciare l’Ungheria per la sua costituzione che difende vita prenatale e famiglia naturale. Insomma, nonostante le cifre degli aborti cinesi siano impressionanti, e nonostante il carattere illiberale di questa prassi, il mondo occidentale tace imbarazzato di fronte alla strage degli innocenti che si consuma nella terra di Confucio. E tace per due ordini di ragioni.
La prima: la Cina è una super potenza militare, e soprattutto sta avviandosi a diventare la prima potenza economico-finanziaria del pianeta. I sinceri democratici, di fronte ad argomenti così risolutivi, sono pronti a seppellire i principi e i diritti umani sotto una montagna di realpolitik.
La seconda: il bue non può dare del cornuto all’asino. L’Occidente, in materia di aborto, può solo stare zitto. È vero che nel caso cinese il delitto è reso ancor più abietto per via del suo carattere obbligatorio. Ma è anche vero che per poterlo esecrare bisogna ammettere la natura omicida dell’aborto. Ora, gli Stati liberal-democratici proprio questa verità hanno voluto negare attraverso leggi permissive, seguite da decenni di aborti praticati alla luce del sole negli ospedali dello Stato o autorizzati dal potere costituito. Ecco perché «il cosiddetto mondo democratico – per citare Antonio Socci – digerisce tranquillamente, nella più completa indifferenza, l’orrore».
Siamo diventati un poco per volta una nuova civiltà: la civiltà dell’aborto. Ci siamo spinti troppo in là per poter guardare in faccia il mostro. Perché a questo punto dovremmo ammettere che il re, o il presidente della repubblica, la corte costituzionale e i giudici, tutti sono complici di un colossale programma di eliminazione di massa degli innocenti. Né più né meno che il totalitario sistema cinese. Perché chi permette il delitto – e lo finanzia con i soldi dei contribuenti – non è in fondo molto diverso da chi, quel delitto, lo impone con la forza.

 

 

Ricorda

«Rivendicare il diritto all’aborto, all’infanticidio, all’eutanasia e riconoscerlo legalmente, equivale ad attribuire alla libertà umana un significato perverso e iniquo: quello di un potere assoluto sugli altri e contro gli altri. Ma questa è la morte della vera libertà: “In verità, in verità vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato” (Gv 8,34)». (Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Evangelium vitae, 20).

 

 

 

 

IL TIMONE  N. 123 – ANNO XV – Maggio 2013 – pag. 12 – 13

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