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11.12.2024

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La Crociata contro gli Albigesi
31 Gennaio 2014

La Crociata contro gli Albigesi

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel XIII secolo un’eresia si diffonde nel sud della Francia, favorita anche dall’ignoranza del clero. Insegna il disprezzo del matrimonio e conduce all’odio verso la Chiesa. Produce effetti devastanti anche nella vita civile. Verrà repressa nel sangue laddove non fu prevenuta da un’opera religiosa e culturale.

La repressione dell'eresia catara, culminata nella cosiddetta "crociata degli albigesi", è una di quelle pagine da "libro nero della Chiesa cattolica" che ogni anticlericale non manca di citare. In effetti non manca proprio nulla, dai roghi all'inquisizione fino agli eccidi di popolazioni inermi, come quella di Beziéres, con l'immortale commento del vescovo abate di Citeaux, Amaldo Amalrico (t 1225): «Massacrateli tutti: Dio sceglierà i suoi».
Un'avversione sicuramente riduttiva, con molti fatti veri ma che non aiuta a capire cosa accadde otto secoli fa.

 

I fatti
Proviamo a immaginare la società europea del XIII secolo, con una popolazione di gran lunga inferiore a quella attuale e una Chiesa che è il vero collante, l'unico fattore di globalizzazione tra popoli e culture assai diverse e frammentate.
In tale contesto giunge dall'Oriente una nuova eresia, non priva di fascino. Il predicatore, che si presenta come "un buon cristiano", appare vestito in abiti semplici, conduce una vita ascetica, si ciba di vegetali e di pesce, respingendo tutto ciò che ha che fare con la riproduzione sessuata (cosa al tempo esclusa per i pesci). Sicuramente il "buon cristiano" conosce bene le Scritture e, in un dibattito pubblico, avrà facilmente partita vinta col sacerdote locale, spesso ignorante o corrotto, o tutte e due le cose. L'aura di santità che l'asceta esprime è irresistibile e non si farà fatica a recepire il messaggio che questi diffonderà come pars construens della sua predicazione, dopo aver demolito la fede cattolica (pars destruens). Dirà che, all'inizio dei tempi, gli spiriti stavano in Paradiso con Dio, fino a quando il diavolo non persuase gran parte di essi a scendere sulla terra per gustare i piaceri del mondo e del sesso. Dio si arrabbiò moltissimo e mise un piede sul buco dal quale erano fuggiti, impedendo loro di ritornare. Quando gli spiriti si accorsero dell'inganno, il diavolo creò per loro degli abiti che sono i nostri corpi. Così, quando un uomo o una donna muoiono, il loro spirito si reincarna nel primo ventre femminile che trovano, umano o animale, e tale trasmigrazione delle anime dura fino a quando lo spirito non abita il corpo di un "buon cristiano" al quale sia stato imposto il "consolamentum", una specie di assoluzione globale da tutte le colpe, con l'impegno a non peccare più e a non accostarsi alle cose del mondo. E se si pecca di nuovo? Teoricamente il "consolamentum" può essere dato una volta sola: per questo motivo, è amministrato in punto di morte e il beneficiario di tanta grazia è incoraggiato ad affrettare la propria dipartita con l'endura (un digiuno portato alle estreme conseguenze). Le conseguenze logiche di tale dottrina sono chiare: non c'è risurrezione; Cristo era solo spirito con l'apparenza della carne; l'Inferno è la terra stessa; la Chiesa è satanica come satanici sono il battesimo, l'eucaristia e lo stesso matrimonio perché spinge a perpetuare la materia.
Data la natura peccatrice dell'uomo è inevitabile che questi faccia sesso con chi gli pare e piace, ma il matrimonio è sicuramente la cosa peggiore. I bambini poi devono ispirare repulsione e i "buoni cristiani" (o "perfetti" altrimenti chiamati) fanno smorfie di disgusto davanti a un simpatico frugoletto. Il lato positivo è che i "buoni cristiani" sono rigorosamente non violenti verso uomini e animali (altrimenti perpetuano la trasmigrazione), ma i loro sostenitori "imperfetti" sono peccatori e usano bene le armi.

 

Le conseguenze della diffusione del catarismo
Le conseguenze pratiche sulla società di allora erano pesanti quanto più questa eresia si diffondeva. Non si poteva giurare, il tasso di natalità si abbassava drasticamente, legami familiari e sociali si dissolvevano. Il problema non fu sentito nei primi anni di diffusione. La prima presenza in Linguadoca è segnalata nel 1145, ma papa Alessandro III (1159-1181) progetta una crociata (mai effettuata) contro i catari già nel 1178. E qui è op1 portuno chiedersi le ragioni di una risposta militare a un problema che, essenzialmente, era di fede.
Secondo la "vulgata" attuale l'uso della forza militare da parte della Chiesa inizierebbe con le Crociate, dimenticando la lotta per la sopravvivenza contro le invasioni barbariche nel IX e nel X secolo, la guerra per le investiture e contro i mori di Spagna. La forza militare serve, nel caso della crociata contro i catari, a piegare la resistenza del potere dei nobili locali affinché collaborino alla persecuzione degli eretici. Lotario di Segni, divenuto papa nel 1198 con il nome di Innocenzo III (1198-1216), cercò di combattere la diffusione dell'eresia prima con missionari cistercensi poi, constatata la loro inadeguatezza, con il nuovo ordine dei Domenicani, fondato proprio in quegli anni da Domenico di Guzman (1170 ca-1221). L'eresia catara, che aveva il suo epicentro in Linguadoca e nel meridione di Francia, aveva i suoi capisaldi in città come Albi (da cui il nome albigese), Carcassonne, Tolosa, ma si era diffusa anche nel nord della Francia e in Italia, soprattutto in Lombardia, costituendo centri di predicazione anche in Umbria e Lazio. Da buon stratega, Innocenzo III diede la priorità alla Linguadoca, inviando come legato Pierre de Castelnau affinché persuadesse il conte di Tolosa, Raimondo VI (1156-1222), a collaborare. Il fatto era che Raimondo e gli altri nobili della zona erano più propensi a cooperare con i catari, dato che avrebbero potuto mettere le mani sui beni ecclesiastici e che la loro opera repressi va sarebbe stata altamente impopolare. Raimondo, quindi, non collaborò e Castelnau gli inflisse la scomunica, ma il 15 gennaio 1208 il legato veniva assassinato da un fedelissimo del conte.
Questo atto inaudito convinse Innocenzo che l'unica opzione rimasta era quella militare e indisse una crociata che trovò entusiastica e interessata approvazione tra i nobili del nord della Francia. Il 18 giugno Raimondo, per evitare di essere travolto dagli avvenimenti, fece pubblica penitenza, ma la guerra era ormai inarrestabile. Il 22 luglio 1209 Beziéres veniva presa d'assalto e, nel corso di un combattimento caotico, i crociati entrarono in città massacrando tutta la popolazione, senza riguardo al sesso e all'età. L'abate di Citeaux, che fungeva da legato papale, probabilmente non disse mai la frase sopra citata: fece di peggio. Scrisse al Papa inneggiando alla vittoria, senza assumersi la responsabilità di non aver trattenuto i saccheggiatori: «I nostri, non risparmiando rango, sesso o età, hanno fatto morire di spada 20.000 persone e, dopo un enorme massacro, tutta la città è stata saccheggiata e bruciata. La vendetta divina ha fatto meraviglie!». Era però necessario che la spedizione avesse un capo militare e a tale carica venne scelto un cavaliere non più giovane ma audace e ambizioso: Simone IV di Montfort (1165 ca-1218). Determinato e impavido, Montfort conquistò Carcassonne e altre fortezze, mandando al rogo tutti i "perfetti" catturati, indipendentemente dal loro pentimento. Peraltro il suo zelo andò oltre gli obiettivi della Crociata, coinvolgendo nel conflitto anche territori i cui feudatari non avevano nulla a che fare con l'eresia. Alla sua spietatezza risposero le rappresaglie dei nobili provenzali, con mutilazione e torture di prigionieri, innescando una serie di vendet. te senza fine.

 

L'intervento militare della corona di Francia
Il conflitto andò estendendosi sempre di più, coinvolgendo anche le terre dei conti di Foix, di Comminges e di Bearns, feudi di Pietro II d'Aragona (1174-1213), uno degli eroi della battaglia di Las Navas di Tolosa, avvenuta il 16 luglio 1212, all'inizio della Reconquista spagnola. Il sovrano spagnolo, che non poteva certo essere tacciato di scarsa fedeltà alla Chiesa, non esitò a impegnarsi militarmente per difendere i propri vassalli, ma venne ucciso nella battaglia di Muret, il 12 settembre 1213. Per il Montfort fu una vittoria strepitosa e, contemporaneamente, l'inizio della fine. La morte di Pietro d'Aragona impressionò Innocenzo 111, che tolse il potere ad Arnaldo-Amalrico di Citeaux, sostituendo lo con il più equilibrato Pietro di Benevento. Il primo risultato fu che, nel concilio Laterano del 1215, venivano mantenuti i diritti del figlio di Raimondo VI. Per Montfort fu uno smacco clamoroso e fu con buon diritto che i due Raimondi, padre e figlio (Raimondo VII, 1197 -1249), riconquistarono le città perdute. Nel 1218 Montfort assediò Tolosa, che resistette valorosamente. Il 25 giugno, preparandosi a guidare un contrattacco, Montfort cinse la spada e disse:"Partiamo e moriamo, se è necessario, per Colui che si degnò di morire per noi». La sua carica travolgente lo portò vicino alle mura e una pietra, lanciata da una catapulta manovrata da donne, gli spaccò la testa, uccidendolo sul colpo.

 

Battaglia culturale e/o militare?
La morte del condottiero rianimò i provenzali portandoli a sferrare una grande offensiva e, nel 1224, gli eredi di Montfort furono completamente sconfitti. Il figlio di Montfort, Amalrico (1195-1241), cedette i suoi diritti alla corona di Francia e re Luigi VIII scese in campo con tutta la propria forza, spinto a ciò da papa Onorio III. Tutto il Meridione fu conquistato dalla corona francese e, nel 1228, Raimondo VII, succeduto al padre, veniva privato dei suoi diritti. Da quel momento l'Inquisizione poté operare indisturbata, nonostante re san Luigi IX (1214-1270) fosse costretto ad espugnare gli ultimi capisaldi catari, come Montsegur, nel 1244, e Queribus, nel 1255.
Era possibile evitare un simile bagno di sangue? La risposta può essere rinvenuta nelle modalità di contrasto adottate altrove contro i catari. Secondo Lambert «la scarsa presenza di monasteri femminili nel Mezzogiorno di Francia aveva lasciato un vuoto che sarebbe stato riempito dalle perfette catare […] mancavano le vivaci scuole del nord della Francia che avevano avuto tanta rilevanza nel promuovere lo studio delle Scritture» (Lambert, p. 105). In Italia, nonostante l'alleanza fra catari e ghibellini, i cattolici riuscirono a mantenere distinta la lotta politica da quella religiosa. Vi furono roghi e scontri sanguinosi, ma l'elemento decisivo fu rappresentato da confraternite di laici che, pur essendo sposati e continuando a vivere nel mondo, conducevano una vita di preghiera e di penitenza. Si trattava di associazioni disarmate che, per la cultura elevata dei loro membri, furono lo strumento non violento per impedire il diffondersi dell'eresia. Ancora una volta la "spada spirituale" (o culturale) si dimostrava più efficace di quella materiale, prevenendo guerre civili e di religione.

 

 

 

CRONOLOGIA

 

1145: l'eresia catara inizia a diffondersi in Linguadoca.
1178: papa Alessandro III cerca, senza riuscirei, di organizzare una crociata.
1203: Innocenzo 11I nomina Pierre de Castelnau legato pontificio per sradicare l'eresia in Linguadoca.
14 gennaio 1208: Pierre de Castelnau viene assassinato da uno scudiero del conte di Tolosa, Raimondo VI.
10 marzo 1208: Innocenzo III organizza una crociata.
21 luglio 1209: massacro di Beziéres.
Settembre 1209: Simone di Montfort diventa capo della crociata, visconte di Beziéres e Carcassonne.
12 settembre 1213: re Pietro II di Aragona, che sostiene i baroni provenzali, muore nella battaglia di Muret.
Gennaio 1214: Innocenzo III nomina come nuovo legato Pietro di Benevento
25 giugno 1218: Simone di Montfort resta ucciso davanti a Tolosa.
1222: muore Raimondo VI di Tolosa.
Gennaio 1224: Luigi VIII riprende la crociata.
Novembre 1225: nel concilio di Bourges, Raimondo VII viene scomunicato e le sue terre assegnate al re Luigi VIII.
12 settembre 1226: Luigi VIII conquista Avignone. La corona francese comincia a estendere il suo dominio su tutti i territori della Francia meridionale "segnati" dall'eresia catara.
12 aprile 1229: Trattato di Meaux e resa di Raimondo VII.

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

Alberto Leoni, Storia militare del cristianesimo, Piemme, 2005.
Jean Pierre Cartier, Histoire de la croisade contre les albigeois, Grasset, 1968.
Malcom Lambert, I Catari, Piemme, 2001.
François de Lannoy – Jacques Labrot, La croisade albigeoise, Heimdal, 2002.

IL TIMONE N. 74 – ANNO X – Giugno 2008 – pag. 22-24

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