Matteo ha visto e subito scritto, quando i testimoni oculari erano ancora vivi e potevano smentirlo. Ma non l’hanno fatto. Un’altra prova della storicità dei Vangeli.
Tre frammenti piccolissimi di papiro, su cui sono scritti in greco alcuni passi del Vangelo di Matteo, sono stati datati intorno agli anni 60-66 dopo Cristo. Questo è lo straordinario risultato a cui è approdato pochi anni fa il papirologo tedesco Carsten Peter Thiede, studiando i tre frammenti custoditi al Magdalen College di Oxford. C’è di più. Poiché questi reperti derivano da un “codice” (sono infatti scritti sul “recto” e sul “verso”), l’originale del Vangelo di Matteo, scritto su “rotolo”, deve essere ancora più antico. Il codice, infatti, incomincia ad essere utilizzato nelle comunità cristiane solo poco prima dell’anno 70.
Questo significa che l’ex pubblicano compone la sua “cronaca” in un periodo di tempo vicinissimo ai fatti narrati, quando molti testimoni oculari erano ancora vivi e potevano smentirlo.
Quale cronista serio si sarebbe arrischiato a raccontare avvenimenti quali, per esempio, i miracoli di Gesù se non fossero stati perfettamente conformi alla verità dei fatti, quando migliaia di persone potevano negarne la veridicità perché vi avevano assistito personalmente? Oltre a ciò, i frammenti suddetti ci forniscono un’altra notizia importante: Gesù, nelle comunità cristiane di allora, era già considerato Dio incarnato. Infatti, le parole sacre “Gesù” e “Signore” sono abbreviate in “IS” e “KE”, seguendo la tradizione ebraica allora corrente, secondo la quale il nome di Dio non veniva mai scritto per esteso. Emerge anche la conferma storica della divinità di Cristo. È la profezia fatta da Gesù circa la distruzione del tempio di Gerusalemme, avvenuta effettivamente nell’anno 70. Dato che il Vangelo di Matteo, che la riporta (24,1-2), risale a un periodo anteriore, risulta provato il potere di Gesù di profetizzare. I risultati ottenuti da Thiede assestano un altro duro colpo a quanti attribuiscono un contenuto “mitico” più che reale e storico alle vicende riferite dai Vangeli. Per costoro, i racconti dei miracoli, in particolare, sarebbero novelle edificanti, scritte per rendere più accattivante la figura di Gesù Cristo. E lo stesso Cristo sarebbe un personaggio dalla grande statura morale, certamente, ma un po’ “gonfiato”, a causa degli accenni continui alla sua presunta divinità.
Al contrario, il pregevole lavoro di Thiede conferma ulteriormente che la fede cattolica si basa su fatti realmente accaduti e storicamente fondati.
BIBLIOGRAFIA
Stefano Alberto [a cura di], Vangelo e storicità. Un dibattito, BUR, Milano 1995.
Carsten Peter Thiede, Testimone oculare di Gesù. La nuova sconvolgente prova sull’origine del Vangelo, Piemme, Casale Monferrato (AL) 1996.
Carsten Peter Thiede, Il papiro Magdalen. La comunità di Qumran e le origini del Vangelo, Piemme, Casale Monferrato (AL) 1997.
IL TIMONE n. 5 – Anno II – Gennaio/Febbraio 2000 – pag. 14