Dante è pericoloso per l’ordine costituito “non cristiano”. Abitua i lettori a cercare la verità. Che la pseudo-cultura laicista imperante vuole nascondere.
Gli italiani sono fortunati e non sanno di esserlo, perché hanno avuto un'esperienza che è ricchezza anche se persa o spenta o dimenticata. C'è chi l'ha fatta alla scuola media, prima del 1962 o alle elementari prima del 1974 (l'anno dei Decreti Delegati); chi l'ha studiata al liceo, in anni di piombo tra il '69 e il 77, quando portarla all'esame costituiva una intollerabile provocazione fascista; e chi forse è stato bocciato anche per causa sua; i giovanissimi ne ignorano le meraviglie per colpa di insegnanti impreparati a compiere un vero viaggio: non sono avventurieri né mistici delle cose quotidiane. Si sarà capito che sto parlando di Dante Alighieri e della sua Divina Commedia. Per un miracolo che tenderei ad attribuire a fattori provvidenziali, i maestri del Risorgimento e dell'Italia Unita fondarono l'insegnamento della letteratura, per le “scuole del Regno di ogni ordine e grado”, sulle tre cantiche dell'esule toscano: forse che avessero intuito che in quei quattordicimila versi endecasillabi legati in terzine si celava un grandioso segreto dell'arte e della poesia nel mezzo del cammin di nostra vita!
Come lo si è insegnato
Dante è il poeta sulle opere del quale vale la pena di trascorrere gli anni migliori (cioè tutta la vita): è inutilizzabile a scopi propagandistici, bellici, politici, clericali; e l'antipatia che gli intellettuali provano per lui è dovuta al fatto che si sentono giudicati dalla tempra dell'Alighieri.
Rendere obbligatorio lo studio di Dante fu tutto sommato una buona idea: oggi, però, la lettura della Divina Commedia andrebbe vietata, e resa clandestina. Perché? Perché Dante è davvero pericoloso per l'ordine costituito “non-cristiano” in quanto abitua i lettori a cercare la verità con tutta l'anima, li incoraggia a essere liberi, mette in gerarchia i problemi mondani, mostra che alla fine tutti siamo destinati alla morte dopo la quale saremo giudicati con giustizia dall'amore di Dio.
È un autore difficile, d'accordo, ma che scrive nel linguaggio “delle donnette e di chi non ha potuto studiare” e che scandalizza mostrando che l'Inferno c'è ed è abbastanza pieno di peccatori. Si potrebbe quasi dedurre l'inclinazione dell'anima sulla base della cantica preferita: per esempio De Sanctis, il padre della critica italica, prediligeva l'Inferno. Ciononostante, Dante e il suo sacrato poema resistono alle intemperie ideologiche: negli ultimi cento anni lo abbiamo potuto leggere e capire. La fortuna dell'Alighieri infatti è stata varia; amato dai contemporanei del Trecento, il popolo minuto e gli artigiani fiorentini lo recitavano a memoria, Umanesimo e Rinascimento lo stimarono pur leggendolo poco, e nel Seicento fu del tutto trascurato: nel Settecento, riaperta la polemica prò o contro Dante, gli illuministi fecero a gara per demolirne la grandezza poetica. Ringraziamo il Romanticismo se la Divina Commedia è ritornata alla gloria che le spetta: i poeti e i filosofi tedeschi ne intuirono il valore inestimabile, Foscolo la riscoprì ai primi dell'Ottocento e i filologi ne stabilirono il testo fedele all'originale.
Dalla seconda metà del XX secolo, capolavoro ormai acquistabile per poche lire, il poema dantesco si avvia a un nuovo oblio: perché, come disse Eliot, “abbiamo avuto l'esperienza ma ne abbiamo perso il senso”.
Lasciate che i bambini…
Un insegnamento scolastico valido mette l'alunno in condizione di confrontarsi direttamente con l'opera, d'arte o letteraria: precisamente ciò che non è avvenuto dopo la rivoluzione morale del Sessantotto.
Ma l'attuale situazione di trasformazione scolastica offre anche occasioni e, nel generale abbassamento del livello culturale medio, la grandezza di Dante spicca. Per esempio: nella seconda media nella quale insegno, la storia di un uomo medioevale che in carne e ossa attraversa Inferno, Purgatorio e Paradiso ha suscitato interrogativi sul bene o sul male, su peccato e confessione, su dannazione e salvezza, che gli adulti vorrebbero tacitare. Due alunni, Davide N. e Gabriele Z., hanno eseguito un'ottima lectura Dantis, parlando per due ore del viaggio nel mondo sovrannaturale (consigliati per i ragazzi: Ritorno a Firenze di E. Savino e di L. Gotti-G.F.Radelli // viaggio di Dante) davanti a una classe affascinata. Molte sono state le domande sul nostro destino, suscitate nell'animo dei piccoli dalla selva oscura o dalla candida rosa: ci sono genitori e professori disposti a fare da guida, come Virgilio e Beatrice?
Amici che aprono sentieri
Lungo tutto il Novecento, l'uomo tentò di fondare il paradiso in Terra, spesso ottenendo in cambio l'inferno. Pochi autori hanno capito tale verità spirituale e hanno evitato il peccato mortale degli intellettuali non danteschi, “correre in aiuto del vincitore”. Tra costoro, agli americani Ezra Pound e T.S.Eliot (1888-1965) spetta il merito di aver esortato a leggere la Divina Commedia anche qualora non la si capisca, perché il miracolo del linguaggio innesca il desiderio della comprensione. E nel segno di Dante stanno anche il geniale trattatello di G.K. Chesterton intitolato Ortodossia (Piemme, 1999) e l'epistolario della narratrice Flannery O'Connor, così pieno di dottrina e umanità: 5o/a, a presidiare la fortezza. Lettere (Einaudi, 2001).
In Russia al poeta Osip Mandel'stam toccò una sorte dantesca: ucciso nel 1938 senza alcuna colpa in un gulag sovietico, era autore di una meravigliosa Conversazione su Dante (II Melangolo, 1994). Dopo di lui, lo scrittore Aleksandr Solgenicyn, esule e premio Nobel, sarà il primo a testimoniare dell'orribile realtà comunista “realizzata” con il suo monumentale romanzo, Arcipelago Gulag, che esce ora nella collana Meridiani Mondadori.
In Italia, l'eredità di Dante venne raccolta da pochi grandi autori cristiani ostracizzati dalla cultura gramsciana, come ad esempio Giacomo Noventa (1898-1960), per il quale la storia italiana è “la storia di una cultura che, man mano che si allontana dal cattolicesimo, decade”: idea imperdonabile. Oltre che autori, sono amici che aprono sentieri e s'incamminano: andiamoceli a leggere, per ritornare “puri e disposti a salir le stelle”.
IL TIMONE N. 13 – ANNO III – Maggio/Giugno 2001 – pag. 46-47