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11.12.2024

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La donna nel “buio” Medioevo
31 Gennaio 2014

La donna nel “buio” Medioevo

 


Il Medioevo non conosce l’atteggiamento “riduzionistico” verso la donna dell’epoca moderna. Ecco alcuni esempi di donne medioevali divenute sante o famose senza aver dovuto nascondere la propria femminilità.

Cercando qualche documentazione sulla donna, sfogliando qua e là si trova «Purché fertile qualsiasi unione, breve o lunga… è approvata»; e altrove: «È una grande grazia essere donna: le donne si salvano più degli uomini». Di primo acchito, seguendo l’opinione comune, verrebbe forse spontaneo leggere la prima frase come un retaggio di misoginia medievale che vedeva la donna solo come madre, un oggetto in balia dell’uomo, e nel secondo una sana rivalutazione moderna del valore femminile. Peccato che la prospettiva sia esattamente opposta: chi vede la donna come utile solo a grembo gravido è l’illuminista Denis Diderot (1713-1784), mentre chi valuta l’essere donna una vera fortuna è il medievale san Bernardino da Siena (1380-1444). È l’età moderna che opera il vero riduzionismo dell’importanza della donna, svalutandola nel suo specifico femminile per ridurla a “produttrice di lavoratori, uomini e soldati”, funzionale alla potenza dello Stato, oppure alla bella statuina tipica di tanta letteratura sette-ottocentesca: bella, eterea, pudica, relegata in un angolo del salotto per intrattenere gli ospiti della nascente famiglia borghese. Il cristianesimo fin dalle sue origini ha mutato profondamente la condizione femminile ovunque sia arrivato a porre radici durature e non poteva essere diversamente, poiché proprio una donna (seppure eccezionale) ha reso possibile l’incarnazione del Signore Gesù e, così facendo, ha dato inizio alla salvezza dell’umanità. «Vergine bella, figlia del tuo figlio, termine fisso d’eterno consiglio…»: così la canta Dante nel XXX canto del Paradiso. E per rimanere ai tempi di Gesù, il Maestro per primo si è fatto promotore di un grande cambiamento nei rapporti con le donne: Maddalena, che non brilla per i suoi costumi, è accolta e amata da Cristo; la Samaritana è scelta come testimone di un grande momento di evangelizzazione, Marta e Maria diventano modello di vita per i cristiani, e infine ancora le donne accompagnano Gesù verso Gerusalemme e sono vicine ai discepoli e agli apostoli.
Il Cristianesimo quindi non si presenta come misogino, anzi muta profondamente la condizione femminile: affermandosi anche sul piano sociale e politico, abolisce il diritto di “vita e di morte” del marito sulla moglie tipico del diritto romano, vieta di obbligare i figli a sposarsi e toglie la necessità assoluta del consenso paterno per le donne, rende l’unione matrimoniale stabile evitando il ripudio e proclama l’assoluta uguaglianza dei figli vietando assolutamente il barbaro uso di uccidere le neonate femmine non desiderate. Uno sguardo seppur veloce al resto del mondo, oggi, ci mostra come questi abusi verso le donne siano ancora presenti dove il cristianesimo non è penetrato: l’islam con la poligamia e il ripudio, la Cina e l’India con l’uccisione delle bambine e, fino a poco tempo fa, con la morte delle vedove sulla pira con il marito. Proviamo a cercare qualche personaggio che sia rappresentativo della condizione femminile nella cultura cristiana vera, non in quella deviata sempre presente nella storia degli uomini in “questa valle di lacrime”. La conversione al cristianesimo dell’imperatore romano Costantino (274-337) si deve in parte a una donna, la madre Elena, come pure un’altra donna è fondamentale per sant’Agostino (354-430), santa Monica, anch’ella sua madre.
Ma tornando al Medioevo, le donne erano relegate in casa o no? Ogni epoca ha una considerazione diversa della donna (e anche del resto) sia se si considera il piano teorico, quello di un ordinamento giuridico non sempre applicato, sia quello della vita di tutti i giorni. Ora, nel Medioevo la donna era certamente più “casalinga” dell’uomo, ma nulla le vietava di assumere ruoli importanti nella società o nella cultura. Non molti si sono dedicati a studiare il ruolo spesso decisivo che le donne hanno avuto nella vita sociale, economica e politica dei secoli cosiddetti “oscuri”, ma vi sono ormai sufficienti ricerche per cancellare il mito del Medioevo antifemminista.
Una veloce carrellata di donne, a cui tante altre potrebbero essere affiancate, può essere più eloquente di tanti discorsi generali: Clotilde, moglie del re Clodoveo (466ca-511), ne guida la conversione al cattolicesimo favorendo l’avvicinamento della futura Francia al Papato; Radegonda, moglie di Clotario (511-561), re di Soissons, poi ritiratasi a vita di preghiera, intrattiene una corrispondenza intensa con potenti e uomini di lettere del suo tempo tra cui un fitto carteggio con Venanzio Fortunato, il famoso letterato italiano. Il primo trattato sull’educazione dei bambini in Francia non è di Rabelais (XVI sec.) come molti credono, ma di Dhuoda (IX sec.), né nobile né monaca ma madre di famiglia, moglie di Bernardo di Settimania che le affida la difesa della fortezza di Usèz nella Francia del Sud. Questa donna, preoccupata per l’educazione del suo figlio maggiore, partito con il padre per i campi di battaglia, scrive lasciandoci una sintesi di buon senso materno, di profonda conoscenza scritturale (varie sono le citazioni del Vecchio e Nuovo Testamento), di familiarità con gli scrittori latini e greci. Per restare nel mondo della cultura, a pochi è nota la figura della regina Matilda, madre di Ottone I, fondatrice a Quedlinburg, in Germania, di un centro di educazione per le figlie della nobiltà, ove oltre al latino si impartiva un’educazione alla musica e al teatro, si accoglievano cantori e commedianti. Legata sempre alla famiglia degli Ottoni troviamo Rosvita (m. 1001) autrice di ben otto commedie ispirate all’arte del latino Terenzio, che mettono in scena con vivace humor vite e leggende sui santi, più sette drammi e un documentato Gesta Ottonis. E la prima enciclopedia non è degli empiristi inglesi del XVII secolo, ma di Herrat di Landsberg, badessa del monastero di Monte Sainte-Odile dal 1167 al 1195, che scrive Hortus Deliciarum come compendio della cultura dell’epoca per le sue e le future monache. E non si tratta di cultura religiosa, ma di una vera e propria summa dei progressi tecnici del XII secolo, che comprende anche informazioni sull’economia, la letteratura, la storia e la filosofia, e addirittura sui giochi da tavolo per bambini e adulti come specchio della vita quotidiana.
Vera enciclopedia vivente è santa Ildegarda di Binghen (1098-1179) a cui dobbiamo Scivias (Conosci le vie del Signore) elogiato da Papa Eugenio III (1145-1153) e da san Bernardo, una Vita di San Disibod, una Vita di San Ruperto, il Libro dei meriti della vita, il Libro di medicina semplice o Physica, il Libro di medicina complessa, e il Libro delle opere divine, oltre a un ricco carteggio.
Passando dalla cultura alla politica troviamo donne ben più note come Eleonora di Aquitania (1122-1204ca), moglie prima di Luigi VII (1120-1180) re di Francia e poi di Enrico II Plantageneto (1133-1189), re d’Inghilterra, madre di Riccardo Cuor di Leone (1157-1199) e di Giovanni senza Terra (1167-1216), vera artefice della storia europea per più di mezzo secolo, e Bianca di Castiglia (1188-1252), figlia di Eleonora, e così via fino alla famosissima santa Giovanna d’Arco (1412?-1431) ormai sul finire del Medioevo.
E la vita quotidiana? Non basterebbe un intero libro per citare tutti i documenti che ci testimoniano i casi di donne che tra il VII e il XV secolo hanno assunto funzioni dirigenziali al posto del marito sia nella cura dei campi sia di una bottega, sia nelle trattative commerciali sia nell’importazione di prodotti dal Mare del Nord al Medio Oriente. Due esempi prima di concludere. Il testo di una petizione alla Corona inglese del 1368 contro la competizione dei setaioli lombardi inizia così: «Le artigiane della seta e le corporazioni dell’arte e del mestiere della seta che sono nella City di Londra da tempo immemorabile sì che non è possibile dimostrare il contrario, che sono e sono state corporazioni di donne, pregano e implorano…». E nel 1363, sempre in Inghilterra, il Re e il suo consiglio manifestano l’intento che «le donne e cioè birraie, fornaie, cardatrici, filatrici e che lavorano sia la lana sia il lino o la seta, e tutte altre che sono autorizzate ed eseguono tutti i lavori manuali possano legittimamente e liberamente lavorare come hanno sempre fatto prima di ora, senza nessuna restrizione o imputazione a tenore di questa ordinanza».
 
BIBLIOGRAFIA
Eileen Power, Donne del Medioevo, Jaca Book, 1984.
Jean Leclercq, La donna e le donne in San Bernardo, Jaca Book, 1985.
Regine Pernoud, Immagini della donna nel Medioevo, Jaca Book, 1998.
R. Pernoud, Le donne al tempo delle cattedrali, Rizzoli, 1982.
R. Pernoud, Isabelle comtesse de Paris, Blanche de Castille mon aieule, Robert Laffont, Parigi 1991.
Dhuoda, Educare nel Medioevo, Jaca Book, 1997.
IL TIMONE – N. 47 – ANNO VII – Novembre 2005 – pag. 26 – 27
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