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14.12.2024

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La famiglia alla luce del disegno di Dio
31 Gennaio 2014

La famiglia alla luce del disegno di Dio

 

 

Il legame fra i misteri della fede e la famiglia. L’importanza del Battesimo e dell’Eucaristia nella vita matrimoniale. Ogni famiglia può trovare nel modello di Nazaret la forza per superare l’insidia delle ideologie.



 

 

Un disegno unico

 

Dio non ha due progetti sull’uomo, uno naturale e uno soprannaturale: ne ha – ne ha sempre avuto – uno solo, che ha come suo traguardo la nostra misteriosa ma reale partecipazione in Cristo alla vita di conoscenza, di amore, di gioia che è propria della Trinità. Poiché il Creatore ha un solo progetto, anche ciò che è naturale in una creatura è stato pensato e voluto perché costituisse un’iniziale epifania del nostro destino trascendente e un lontano avvio al suo conseguimento. Perciò una realtà evidentemente naturale nell’uo-mo – qual è la distinzione dei sessi, la vocazione dell’uomo e della donna all’unione feconda nel matrimonio, la famiglia con tutte le sue relazioni interpersonali – è già in se stessa manifestazione di una ricchezza soprannaturale e non può essere adeguatamente penetrata se non con lo sguardo proprio del credente.

Nella grazia dei principali misteri

 

I misteri principali della fede – nei quali tutta l’intelligibilità del disegno divino si compendia – saranno dunque la chiave di una lettura esauriente del matrimonio e della famiglia, che ne faccia emergere tutto il fascino e la sublimità. Il primo, come tutti sappiamo, è la Trinità, e concerne la stessa esistenza eterna e assoluta dell’Essere infinito; il secondo è l’incarnazione redentrice del Figlio di Dio, ed è il centro e il compendio dell’intero piano che di fatto il Creatore ha deciso di attuare. Noi, invertendo l’ordine, invocheremo la luce del secondo sulla sponsalità e la luce del primo sulla realtà familiare.
È possibile che il tipo di analisi, che qui viene tentato, appaia troppo arduo. Ma la ragione prevalente di questa innegabile difficoltà sta nel fatto che i misteri principali della fede non sono più molto presenti alla coscienza dei cristiani anche praticanti. Non si può però continuare così: queste verità fondamentali vanno quotidianamente rievocate da parte di tutti, e bisogna abituare i fedeli – che hanno nel loro cuore lo Spirito Santo, maestro di tutta la verità – a considerare e a valutare ogni dato importante della loro esistenza alla loro luce e in loro riferimento.

Incarnazione e sponsalità

 

«Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio» (Mt 22,1).
Il mistero originario di questo universo concretamente esistente è un mistero sponsale: è il mistero del Verbo eterno del Padre che si unisce indissolubilmente alla natura umana nell’evento dell’incarnazione. E l’evento dell’incarnazione – considerato in tutto il suo sviluppo, che contempla l’intera avventura terrena del Figlio di Dio – è la premessa, il fondamento, l’iniziale realizzazione dell’evento ecclesiale, che è anch’esso un mistero sponsale: il mistero di Cristo che ha amato e ama la Chiesa, e ha dato e dà se stesso per lei (cf. Ef 5,25).
A questa festa nuziale siamo tutti invitati: l’invito si identifica con la stessa nostra chiamata all’esistenza. Il nostro essere uomo o il nostro essere donna è per se stesso una vocazione a entrare in questo gioco ineffabile e a partecipare con tutto il nostro essere a questa realtà primordiale.

Due forme per vivere la «sponsalità»

 

La nostra partecipazione al mistero sponsale originario può avvenire in due forme. O, per così dire, in presa diretta, anticipando già nella vita terrena la condizione escatologica; e questo avviene nella donazione verginale e nel celibato ministeriale. Oppure attraverso la mediazione dell’unione matrimoniale, che nei battezzati diventa la mediazione di un sacramento, del quale l’uomo e la donna che fondono le loro esistenze sono essi stessi i ministri.
Le due forme, come si vede, non solo non si oppongono, ma, nascendo dalla condivisione intima e personale allo stesso mistero del «Christus totus» (Cristo totale), si richiamano reciprocamente e reciprocamente si sorreggono. La santità del matrimonio e la famiglia credente costituiscono il contesto più normale e adatto al fiorire delle vocazioni di speciale consacrazione; e quanto più sarà presente e affermato nella cristianità il carisma della vita verginale tanto più il matrimonio sarà richiamato alla sua vera natura e sarà aiutato nel conformarsi al suo ideale.

Le caratteristiche dell’unione tra l’uomo e la donna

 

Con la consapevolezza di questa radice trascendente della loro unità, i coniugi cristiani vivono la loro sponsalità alla luce della sponsalità di cui sono l’immagine, riproducendone le essenziali caratteristiche di fedeltà totale ed esclusiva, di irrevocabilità, di fecondità al servizio della espansione nel creato della vita umana e nelle creature umane della vita divina.
Essi conoscono bene la loro debolezza e la loro inadeguatezza di fronte a così alto modello. Però sanno anche che il mistero sponsale di Cristo – «salvatore del suo corpo» (Ef 5,23) – non è soltanto un’indicazione normativa, ma anche, all’interno del loro matrimonio, una fonte inesauribile di luce, di energia, di perdono, di consolazione, di gioia.

Il battesimo nel sacramento del matrimonio

 

Ciò che fa passare l’unione di un uomo e di una donna dall’essere solo un’allusione e una figura del mistero di Cristo sposo all’esser-ne una partecipazione soprannaturalmente efficace, è il sacramento del battesimo, che non è soltanto un atto compiuto una volta per tutte agli albori dell’esistenza ma è anche una permanente ricchezza della loro stessa profonda intimità. Appunto il battesimo, inserendo vitalmente nel corpo del Redentore, trasferisce il matrimonio dall’Alleanza Antica all’Alleanza Nuova ed eterna, dall’ambito dei puri segni a quello dei segni operativi. Il battesimo dissigilla, per così dire, nei contraenti la fontana di grazie che continuerà a zampillare per tutta l’estensione della loro vita a due.
La memoria assiduamente rinnovata del proprio battesimo e la venerazione piena di gratitudine della sua impronta indelebile nei cuori saranno dunque un elemento importante di una giusta spiritualità coniugale; e, col battesimo, anche il senso della propria appartenenza alla Chiesa – aggregazione santa di uomini peccatori, splendida sposa di Cristo e madre nostra amatissima – nella quale appunto il battesimo irrevocabilmente ci immette. L’appartenenza ecclesiale non sarà perciò avvertita come un’insidia e una concorrenza, ma come un più profondo inveramento della loro reciproca appartenenza personale.

Eucaristia e famiglia

 

Per una piena presa di coscienza della realtà nuziale come partecipazione al mistero sponsale originario, occorre riscoprire e ravvivare il rapporto che lega la famiglia all’Eucaristia, «fonte stessa del matrimonio cristiano»! Infatti è proprio «in questo sacrificio della nuova ed eterna alleanza che i coniugi cristiani trovano la radice dalla quale scaturisce, è interiormente plasmata e continuamente vivificata la loro alleanza coniugale» (Giovanni Paolo II, Familiaris consortio n. 57 -Enchiridion vaticanum, 7/1703). Le famiglie che colgono e assaporano vitalmente le ricchezze intrinseche all’Eucaristia – proprio perché nel mistero dell’Eucaristia è già in sintesi tutto il mistero della Chiesa e la famiglia è, come si è detto, una realtà costitutivamente ecclesiale – arrivano a comprendere la loro caratteristica identità nella Chiesa e ritrovano la sorgente inesauribile di ogni loro operosità esercitata nella comunità dei credenti.

Trinità e realtà familiare

 

In Cristo, Dio si è sorprendentemente rivelato come Trinità, cioè come vita ineffabile di relazione, come realtà trascendente di donazioni interiori, come sinfonia di comunione e di amore. Insomma, in Cristo abbiamo saputo che c’è in Dio, per così dire, una famiglia; o, più correttamente, abbiamo appreso che la famiglia umana ha una radice eterna ed è chiamata a cercare i princìpi ispiratori del suo comportamento nella stessa vita divina.
Rivelandosi come Trinità, Dio ci ha detto che egli non è solo imperturbabile infinità d’essere: è anche e soprattutto vita, cioè interiore fecondità e comunanza di gioia. Questo è stupendo, e non può mai essere lasciato ai margini dei nostri pensieri. Che cosa è la vita in Dio? È essenzialmente conoscenza e amore. Allo stesso modo la famiglia umana è viva quando trova nella verità e nella carità la sua vera ricchezza. La contraffazione della verità è l’ideologia. Mentre la verità è accoglienza in noi e contemplazione dell’essere che si fa trasparente all’umiltà del nostro sguardo, l’ideologia è imposizione all’essere di schemi mentali precostituiti. Per esempio, la verità ci rivela l’uomo e la donna nella loro inconfondibile originalità, nel loro rispettivo valore, nella loro vocazione alla reciproca complementarità; l’ideologia corrente invece li omologa e li somma come due identità.
Le contraffazioni dell’amore sono tante: per esempio, il piacere fine a se stesso, il possesso dell’altro in vista della propria autorealizzazione, la socializzazione estrinseca senza attenzione personale e senza misericordia.

Diversità e comunione

 

Nella Trinità c’è una legge di esistenza e di vita che, almeno come ideale, deve risplendere in ogni sua icona creata, cioè in ogni famiglia umana. È la legge dell’assoluta diversità nella pienezza della comunione.
Il Padre è totalmente altro, nella sua paternità, dal Figlio; il Figlio, nel suo essere Figlio, è totalmente altro dallo Spirito. Ma la loro comunione è tanto assoluta e perfetta da essere – Padre e Figlio e Spirito Santo – la stessa unica infinita realtà. Analogamente, nella famiglia umana come è stata pensata da Dio, lo sposo è totalmente diverso dalla sposa ed esse-re genitori è totalmente diverso dall’essere figli; ma sposo e sposa, genitori e figli devono essere un’unica cosa nell’unità della casa. Il rispetto della singolarità e dell’irripetibilità delle persone non deve insidiare l’unità, e la ricerca quotidiana dell’unità non deve soffocare l’originalità inedita di ciascuno dei componenti. Ciascuno ha un volto, un cuore, un’anima sua, e dall’unità dei volti, dei cuori, delle anime nasce e sussiste il miracolo della famiglia.

Le alterazioni del progetto

 

Dio dunque vive così: nella diversità delle persone e nell’asso-luta unità dell’essere, della potenza, dell’azione. E alla divina realtà si ispira il disegno che Dio ha pensato per noi.
Ma noi siamo sempre tentati di sovrapporre al disegno del grande Artista i nostri scarabocchi, che spesso sono rovesciamenti integrali della prospettiva originaria. Invece di avvalorare i pregi della singolarità personale ci proponiamo il livellamento; invece di mirare a fonderci nell’unità, esasperiamo l’individualismo. Così, mentre dovremmo sforzarci di capire e apprezzare la diversità nella comunione, arriviamo a enfatizzare l’uguaglianza nell’estraneità.
L’uomo, si dice, è uguale alla donna: devono avere le stesse funzioni, gli stessi compiti, lo stesso tipo di vita, in modo da essere interscambiabili. I padri e i figli devono essere messi sullo stesso piano: tutti devono giudicare, decidere, comportarsi esattamente nello stesso modo.
In questa maniera il progetto divino è capovolto, e la famiglia, uscita dai binari che sono stati predisposti per lei, procede nella storia tra crescenti disagi. La sua salvezza starà nel ritrovare il disegno nativo, che ha la sua fonte nella Trinità eterna e la sua esemplare attuazione creata nella famiglia di Nazaret.

La famiglia di Nazaret

Il Figlio di Dio, facendosi uomo, ci ha rivelato il segreto della vita intima di Dio come vita interpersonale per far entrare incredibilmente anche noi nel concerto ineffabile delle divine relazioni. Ma, proprio in vista di questo scopo, si è abbassato a partecipare della nostra povertà, immettendosi personalmente nell’umile realtà della famiglia umana. Così l’ha manifestata a se stessa e le ha dato una significazione più trasparente.
Nella contemplazione della famiglia di Nazaret la lettura di tutti i valori soprannaturali delle nostre compagini familiari diventa più agevole e si fanno più facilmente imitabili le prerogative (che non dovrebbero mancare mai nelle case) dell’amore vicendevole, della pace, della ricerca affettuosa di Dio e della sua volontà, dell’attenzione ai fratelli. Lo sguardo orante alla Santa Famiglia non sarà dunque per le nostre famiglie una delle tante devozioni: offrirà un mezzo efficacissimo di pensarsi e di vivere secondo la propria soprannaturale identità.

 

IL TIMONE – N.65 – ANNO IX – Luglio/Agosto 2007 pag. 48-49

 

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