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13.12.2024

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La “Familiaris consortio” trent’anni dopo
31 Gennaio 2014

La “Familiaris consortio” trent’anni dopo

 


In un tempo segnato da grande avversione alla famiglia, la Chiesa risponde nel 1981 con un documento prezioso. Col quale matrimonio e famiglia entrano nel “cuore” delle attenzioni del mondo cattolico

 

Nel 1980, papa Giovanni Paolo II partecipa al Sinodo dei vescovi dedicato alla famiglia, dal quale uscirà l’anno successivo l’esortazione apostolica post-sinodale Familiaris consortio. Il documento si fonda su un principio semplice ma non frequentemente utilizzato nella pastorale sulla famiglia, che rischia spesso di essere ridotta al luogo dei sentimenti e degli affetti oppure a quello dell’utilità sociale, peraltro veri, ma non fondativi.

Matrimonio e famiglia nel progetto di Dio
Giovanni Paolo II ricorda che matrimonio e famiglia esprimono la natura più autentica della persona, l’amore. Il progetto di Dio sull’uomo si fonda sull’amore perché Dio è amore e nell’amore comunicano le tre Persone della SS Trinità. Matrimonio e famiglia sono nel progetto iniziale di Dio l’espressione naturale della comunicazione dell’amore: «Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza (cfr. Gen 1,26s): chiamandolo all’esistenza per amore, l’ha chiamato nello stesso tempo all’amore. Dio è amore (1Gv 4,8) e vive in se stesso un mistero di comunione personale d’amore. Creandola a sua immagine e continuamente conservandola nell’essere, Dio iscrive nell’umanità dell’uomo e della donna la vocazione, e quindi la capacità e la responsabilità dell’amore e della comunione (cfr. Gaudium et Spes, 12). L’amore è, pertanto, la fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano» (n. 11).
Questo progetto iniziale viene ferito dal peccato originale, ma rimane nella memoria e nel desiderio dell’uomo, sia pure in lotta con le tendenze disordinate provenienti dalla caduta originaria trasmessa di generazione in generazione. Creazione, peccato, Redenzione: quest’ultima, la terza tappa della storia dell’umanità, prevede un intervento con cui Dio restaura il rapporto con l’uomo ferito dal peccato addirittura elevandolo a un livello superiore a quello del Paradiso terrestre, per mezzo della Grazia sacramentale. Questo è il segno lasciato dalla morte e dalla Resurrezione di Cristo, fondamento della nostra Fede. Ogni considerazione sulla famiglia si basa su questo triplice passaggio. Esiste un modello originario di famiglia, legato alla Trinità e al fatto che l’uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio. L’imitazione di questo modello diventa difficile dopo il peccato originale, ma può e deve essere continuamente tentata con l’aiuto della Grazia guadagnataci dal sacrificio di Cristo.
Prima di essere tutto quello che sono sul piano del perfezionamento personale come via alla santità, come fondamento della vita sociale, e come Chiesa domestica e missionaria, il matrimonio e la famiglia sono il “segno” del Dio Uno e Trino e il “luogo” dove l’uomo e la donna realizzano una comunione completa nella reciproca fedeltà. In essa l’uomo e la donna si donano completamente, senza riserve di sorta, per sempre. Ecco perché il matrimonio deve essere aperto alla fecondità e fondarsi sull’indissolubilità. Quanto era evidente e di senso comune fino a trent’anni fa, oggi diventa problematico e oscuro.

Un approccio teologico alla famiglia
Nel 1981, la Familiaris consortio suscitò una certa attenzione, anche perché il Pontefice era stato eletto soltanto tre anni prima, nell’ottobre 1978. Essa manifestò un approccio non soltanto giuridico, morale o politico al tema del matrimonio e della famiglia, ma soprattutto teologico, ossia fondato sulla famiglia come immagine di Dio, del Dio cristiano soprattutto, la SS Trinità. Certo, matrimonio e famiglia hanno un ruolo nel progetto divino che anche la ragione umana è in grado di cogliere, ma al Papa premeva mettere in risalto in modo particolare il ruolo e il compito dei coniugi cristiani.
Gli sposi vennero così investiti di una grande responsabilità ma anche di un compito entusiasmante: sposarsi doveva diventare ciò che era originariamente nel piano divino, una vocazione, una chiamata a testimoniare l’azione di Dio attraverso l’amore umano e così costruire una società migliore.
Non era e non è una cosa facile. Il 1981 era stato un anno terribile per la Chiesa e per la cristianità italiana: il 13 maggio il Papa subiva l’attentato che rischiò veramente di ucciderlo e quattro giorni dopo l’esito del referendum sulla legalizzazione dell’aborto segnava la sconfitta delle forze per la vita. Si comprese così, dopo l’esito infausto del referendum contro il divorzio, nel 1974, che l’Italia non era più una società cristiana, una cristianità, perché il senso comune dei suoi abitanti era ormai a larga maggioranza ostile al sentire della Chiesa. Fu in quei giorni che si cominciò a riflettere sul fatto che non c’era più una cristianità da difendere, ma un m o n d o da riconquistare, e che bisognava trasformare l’atteggiamento del guardiano con quello del missionario. Il processo di scristianizzazione continuò ad avanzare e a colpire la famiglia; soprattutto, come ha fatto notare lo statistico Roberto Volpi, togliendo dal cuore dei giovani il matrimonio come un ideale da realizzare e la famiglia come un bene da costruire. Così diminuiranno i matrimoni nei trent’anni successivi alla Familiaris consortio e aumenteranno i divorzi dopo il referendum del 1974.

Un anno drammatico
Certamente in Italia, nel 1981, non si cominciava da zero ma almeno da 32, per parafrasare il titolo di un battagliero settimanale cattolico dell’epoca, Il Sabato, che così titolò il commento all’esito del referendum indicando in 32 la cifra in percentuale di chi aveva votato a favore dell’abrogazione della legge abortista. Nello stesso anno, cominciavano le apparizioni della Madonna a Medjugorje che attireranno in trent’anni milioni di persone che vi si recheranno per pregare, confessarsi, convertirsi e cambiare vita, senza peraltro voler anticipare il giudizio della Chiesa. Dio non abbandonò l’umanità, neppure di fronte alle peggiori ferite inferte al corpo delle nazioni, con leggi e un costume sempre più avversi alla morale naturale e cristiana. Come sempre nella storia degli uomini, mentre si veniva a creare un’atmosfera culturale sempre più avversa alla Chiesa e al cristianesimo, la Provvidenza favoriva la nascita di un anticorpo o comunque, come in questo caso, di un “segno” che attirasse le persone ferite alla ricerca della verità e della salvezza. Medjugorje era un “segno” soprattutto per chi era lontano dalla fede, ma anche all’interno della Chiesa avveniva qualcosa di sorprendente, così come ha fatto rilevare papa Benedetto XVI nell’omelia per la beatificazione del suo predecessore. I cattolici, infatti, progressivamente ma in modo sempre più evidente, perdevano quell’atteggiamento di endemica crisi esistenziale che aveva attraversato il cattolicesimo negli anni successivi alla fine del Concilio, per ritrovare l’entusiasmo e la gioia della fede: minoranza certamente, ma una minoranza più consapevole della bellezza della proposta cristiana. Giovanni Paolo II, disse Benedetto XVI, riuscì a rimettere Cristo al centro della scena mondiale, superando i due principali ostacoli rappresentati dalla cultura ideologica del ’900, che da una parte tendeva a ridurre la Fede a un fatto rigorosamente privato, e dall’altra aveva contribuito alla crescita di un cristianesimo “adulto e democratico”, che accettava questa impostazione con la quale ci si limitava ad “accompagnare” il mondo testimoniando il Vangelo senza avere la pretesa di «animare cristianamente l’ordine temporale», come invece scrisse il Vaticano II o di «consacrare il mondo a Cristo», come aveva raccomandato il ven. Pio XII. Il beato Giovanni Paolo II riuscì nella non facile impresa di rimettere la speranza nel cuore dei fedeli, o almeno nei molti che seguiranno con docilità ed entusiasmo il suo Magistero. E lo fece anche passando attraverso la riproposizione di un modello del matrimonio che facesse desiderare i fedeli di “fare una famiglia”.
Così disse a questo proposito Benedetto XVI: «Quella carica di speranza che era stata ceduta in qualche modo al marxismo e all’ideologia del progresso, egli l’ha legittimamente rivendicata al Cristianesimo, restituendole la fisionomia autentica della speranza, da vivere nella storia con uno spirito di “avvento”, in un’esistenza personale e comunitaria orientata a Cristo, pienezza dell’uomo e compimento delle sue attese di giustizia e di pace».

Per saperne di più…

L’esortazione apostolica post-sinodale Familiaris consortio è del 22 novembre 1981. L’omelia di Benedetto XVI per la beatificazione di Giovanni Paolo II è del 1° maggio 2011. L’«animazione cristiana dell’ordine temporale» è una espressione del decreto sui laici del Concilio Ecumenico Vaticano II Apostolicam actuositatem, del 1965.
I tre documenti si possono leggere sul sito della Santa Sede: www.vatican.va.
Il giudizio di Roberto Volpi è nel suo libro La fine della famiglia. La rivoluzione di cui non ci siamo accorti, Mondadori, 2007.

IL TIMONE  N. 106 – ANNO XIII – Settembre/Ottobre 2011 – pag. 58 – 59

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