giovedì 25 aprile 2024
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di Giulio Meotti
il Timone N. 223 di Dicembre 2022

La grande truffa del capitalismo woke

Uguaglianza di genere, antirazzismo, diritti Lgbt, integrazione dei migranti e, ovviamente, lotta per l’ambiente. Non c’è praticamente istanza cara al progressismo occidentale che, ormai da anni, non sia fatta propria da multinazionali e colossi del capitalismo. Ne consegue la comparsa sulla scena di figure mai viste prima d’ora: quelle di imprenditori e amministratori delegati di grandi aziende che, per ciò che dicono, sembrano politici.

Giulio Meotti, penna libera e controcorrente del giornalismo italiano, svela però al Timone l’incredibile rovescio della medaglia di quello che chiama il «capitalismo woke», vale a dire le contraddizioni di aziende e società che da un lato – come si diceva – sposano in modo incondizionato le citate istanze di giustizia sociale, o presunte tali, e, dall’altro si autocensura, pur di concludere affari con la Cina, gigante economico cui i diritti umani non stanno notoriamente a cuore.

Ne esce il graffiante ritratto di un sistema economico che ama presentarsi come filantropico ed evoluto, ma si fatto si muove ancora ispirato da una logica fin troppo nota: quella del pecunia non olet. Al punto che si rende forte il sospetto che tutti, o comunque molti proclami sul versante dei diritti altro non siano che uno specchietto per le allodole.

 

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