Banner_Il Sabato del Timone_14 dic 24_1920x280

11.12.2024

/
La luce che folgorà Andrè Frossard, a 100 anni dalla nascita
7 Febbraio 2015

La luce che folgorà Andrè Frossard, a 100 anni dalla nascita

La luce che folgorò André Frossard

Entrò in una chiesa di Parigi per caso, nel 1935. Incontrò per la prima volta il Signore nel pane consacrato e dopo pochi minuti, da ateo che era, ne uscì credente. In ricordo della conversione choc del grande giornalista e accademico di Francia, a 100 anni dalla nascita

La conversione di Andrè Frossard (1915-1999), giornalista e saggista, figlio di uno dei fondatori del Partito comunista francese, divenne un caso quando la raccontò nel suo libro Dio esiste. Io l’ho incontrato, uscito nel 1969, negli anni caldi della contestazione studentesca. Tutto avvenne l’8 luglio 1935, quando stanco di aspettare un amico che era entrato in una cappella di rue Gay-Lussac a Parigi, Frossard pensò di raggiungerlo. «Entrato alle cinque e dieci – raccontò – ne sono uscito alle cinque e un quarto in compagnia di una amicizia che non era di questa terra. Entratovi scettico ed ateo di estrema sinistra, anzi, più ancora che scettico e più ancora che ateo, indifferente e preoccupato da ben altre cose che da un Dio che non pensavo neppur più a negare, tanto mi pareva ormai passato da un’infinità di tempo nel conto profitti e perdite dell’inquietudine e dell’ignoranza umane, ne sono uscito qualche minuto dopo “cattolico, apostolico, romano” trascinato, sollevato, ripreso, risucchiato dall’onda d’una gioia inestinguibile».
Ed ecco cosa vide di preciso Frossard, in quei minuti che cambiarono la sua vita: «La navata è nettamente divisa in tre parti. La prima, accanto all’entrata, è riservata ai fedeli, che pregano nella penombra. Le vetrate, indebolite nella luminosità dalle costruzioni che circondano la cappella, proiettano un po’ di luce su alcune statue e su un altare laterale ornato di fiori. La seconda parte è occupata da un gruppo di religiose, con la testa coperta d’un velo nero, che formano come ordinate file di uccellini annidiati nelle nicchie di legno verniciato. Verrò a sapere più tardi che si tratta delle suore dell’“Adorazione riparatrice”, una congregazione fondata dopo la guerra del 1870 in pia risposta a certi eccessi della Comune. Relativamente poco numerose, esse appartengono ad uno di quegli ordini contemplativi che hanno scelto la clausura per renderci liberi, l’oscurità perché abbiamo la luce; uno di quegli ordini che la morale materialistica – la mia ancora, per un minuto o due – giudica che non servano a niente. Esse recitano una specie di preghiera sottovoce che risponde a se stessa da un lato all’altro della navata per risolversi ad intervalli regolari nell’esclamazione: Gloria Patri et Filio, et Spiritui sancto, prima di ricominciare lo scorrere alternato della sua pacifica navigazione. Non so che si tratta di salmi, del mattutino, e che sono come cullato dal rullio lieve delle ore canoniche.
Il fondo della cappella è illuminato di vivida luce. Sopra l’altare maggiore con la tovaglia bianca, un ampio apparato di piante, candelabri ed ornamentazioni è dominato da una grande croce di metallo lavorato che porta in centro un disco d’un bianco smorto. Tre altri dischi della stessa dimensione, ma con una sfumatura impercettibilmente diversa, sono fissati alle estremità della croce. Sono già entrato in altre chiese, per amore dell’arte, ma non ho mai visto ostensori abitati e neppure, credo, un’ostia, ed ignoro di trovarmi di fronte al Santissimo Sacramento, verso il quale salgono due file di
candele accese. La presenza dei dischi supplementari e le complicazioni dorate dell’ornamentazione mi rendono più difficile ancora l’identificazione di quel sole lontano. Il significato di tutto quell’apparato mi sfugge completamente, e con tanta maggior facilità perché non mi preoccupo affatto di afferrarlo. In piedi accanto alla porta, cerco con gli occhi il mio amico, ma non riesco a riconoscerlo tra le forme inginocchiate che mi stanno davanti. Il mio sguardo passa dall’ombra alla luce, ritorna sui fedeli senza portarsi dietro alcun pensiero, va dai fedeli alle religiose immobili, dalle religiose all’altare, poi, non so perché, si ferma sulla seconda candela che brucia a sinistra della croce. Non sulla prima né sulla terza: sulla seconda. E allora, d’improvviso, si scatena la serie di prodigi la cui inesorabile violenza smantellerà in un istante l’essere assurdo che sono per far nascere il ragazzo stupefatto che non sono mai stato. Dapprima mi vengono suggerite queste parole: “vita spirituale”. Non dette, e neppure formate da me stesso: sentite come se fossero pronunciate accanto a me sottovoce da una persona che veda ciò che io non vedo ancora.
L’ultima sillaba di questo preludio sussurrato raggiunge appena in me il filo della coscienza, che comincia la valanga a rovescio (…) C’è un ordine, nell’universo, ed alla sommità, al di là di questo velo di nebbia risplendente, l’evidenza di Dio, l’evidenza fatta presenza e l’evidenza  fatta persona di colui che un istante prima avrei negato, colui che i cristiani chiamano “Padre nostro”, e del quale sento tutta la dolcezza, una dolcezza diversa da tutte le altre, che non è la qualità passiva designata talvolta sotto questo nome, ma una dolcezza attiva, sconvolgente, al di là di ogni violenza, capace di infrangere la pietra più dura e, più duro della pietra, il cuore umano». â–

 
Il Timone – Febbraio 2015

I COPERTINA_dicembre2024(845X1150)

Per leggere l’articolo integrale, acquista il Timone

Acquista una copia de il Timone in formato cartaceo.
Acquista una copia de il Timone in formato digitale.

Acquista il Timone

Acquista la versione cartacea

Riceverai direttamente a casa tua il Timone

I COPERTINA_dicembre2024(845X1150)

Acquista la versione digitale

Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone

Resta sempre aggiornato, scarica la nostra App:

Abbonati alla rivista