Qualche considerazione sulla crisi economica e finanziaria in corso. Che nasce dal tentativo spregiudicato di rimediare alla crisi demografica dell'Occidente
Se scienza e fede sono necessariamente inconciliabili, come qualche sciocchino ritiene, la sociologia delle religioni la scriveranno gli atei (come suggerisce Massimo Introvigne) e il senso dell'economia lo stabiliranno i filosofi-economisti accademici che sono riusciti ad occupare cattedre (grazie a donazioni o gratificazioni politiche), ma non sanno neppure distinguere tra fini e mezzi…
L'economia di questi banali interpreti di sé stessi, oltre che incoraggiare comportamenti spregiudicati che ora rinnegano, ha prodotto tre sconfitte sui tre maggiori obiettivi che l'economia (non la morale) deve avere: ottimizzare l'uso delle risorse scarse senza sprechi; assicurare uno sviluppo economico sostenibile; distribuirlo a tutti. Le risorse sono state sprecate. Lo sviluppo economico è stato fittizio e ha distrutto ricchezza. La distribuzione dell'illusorio benessere non è stata realizzata verso i Paesi più poveri, per miope egoismo.
Ci sono un paio di problemi in economia che i filosofi-economisti accademici vogliono ignorare (o non sanno capire). Il primo consiste nei pregiudizi imposti da molte dottrine inquinanti, assunte come dogmi, che pochi economisti hanno il coraggio di negare. Il più importante è il neo malthusianesimo, che ancora oggi insiste ad affermare che siamo in troppi sulla terra e" impone la regolamentazione delle nascite. Il secondo è quello che vuole ed impone, soprattutto nel mondo globale, dove varie culture si confrontano, l'autonomia morale dell'economia. Si sono visti gli effetti di tale autonomia, soprattutto in questa recente crisi economica.
Se poi, come mi succede spesso, cerco di argomentare queste quattro tesi: – che l'economia o è per l'uomo o non sarà mai economia; – che l'economia è un mezzo che senza un fine diventa fine a sé stessa; – che lo sviluppo economico non può prescindere dal tasso di crescita della popolazione; – che la distribuzione della ricchezza è indispensabile per garantire la sopravvivenza della ricchezza stessa, ebbene, se mi trovo ad argomentare ciò con i già ricordati economisti-filosofi, mi sento sempre come quel tipo che indicava ad un interlocutore con il dito un certo oggetto e costui continuava a fissare il dito senza vedere l'oggetto.
Pur ammettendo l'estrema complessità di questa crisi economica, vi sono alcuni punti che sono chiari. Essa non nasce dall'uso cattivo di strumenti finanziari e non è generata dall'avidità dei banchieri o dalla mancanza di controlli; questi sono stati conseguenza di qualcosa d'altro, ben più originale.
Proviamo a domandarci: perché in un certo momento si è deciso di adottare questi strumenti, di lasciarli operare? Per risolvere quale problema? La migliore risposta è: per sostenere una crescita economica insufficiente. Ma perché tale crescita è stata considerata insufficiente? La vera risposta è: per compensare un fenomeno che si vuole ignorare, la natalità insufficiente. In breve, si è inventato un modello economico di sviluppo egoistico e rischioso per l'uomo soltanto per compensare l'insufficienza delle nascite nel mondo occidentale. Se il tasso di crescita della popolazione è zero (cioè due bimbi per coppia, cioè pura sostituzione!), il prodotto interno lordo (il PIL) non cresce più come prima (va cioè surrogato da produttività e minori costi), i costi fissi invece crescono grazie all'invecchiamento della popolazione (pensioni e sanità), non si possono diminuire le tasse, con ciò che ne consegue, e, attenzione, crolla il tasso di crescita del risparmio e perciò delle attività finanziarie. Il risparmio, infatti, è legato alle famiglie che investono nel futuro dei figli, perché le coppie senza figli o i single spendono, ma non risparmiano.
Questa mancata crescita del PIL conseguentemente limita o impedisce l'assorbimento di budget governativi ambiziosi, frena la crescita della ricchezza di un Paese e, conseguentemente, del suo potere a livello di mondo globale, ridimensiona il suo peso politico, ecc.
Così, per cercare di compensare gli effetti del mancato sviluppo sufficiente si sono inventati modelli compensativi mal concepiti e malgestiti. Giovanni Paolo II ha profetizzato, nell'enciclica Sollicitudo rei socialis (1987), che l'uomo tecnologico è molto evoluto per quanto riguarda gli strumenti, ma è insufficientemente saggio e prudente, e così è avvenuto che gli strumenti gli sono sfuggiti di mano.
Ma il problema è l'uomo, non sono gli strumenti! Dimenticando l'uomo, l'economia ha fallito. La "morale cattiva ha scacciato quella buona".
IL TIMONE N. 85 – ANNO XI – Luglio/Agosto 2009 – pag. 54