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15.12.2024

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La porta del Cielo
31 Gennaio 2014

La porta del Cielo

 

 


«Giacobbe partì da Bersabea e si diresse verso Carran. Capitò così in un luogo, dove passò la notte, perché il sole era tramontato; prese là una pietra, se la pose come guanciale e si coricò in quel luogo. Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco, gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa. Ecco, il Signore gli stava davanti e disse: “Io sono il Signore, il Dio di Abramo, tuo padre, e il Dio di Isacco. A te e alla tua discendenza darò la terra sulla quale sei coricato. La tua discendenza sarà innumerevole come la polvere della terra; perciò ti espanderai a occidente e a oriente, a settentrione e a mezzogiorno. E si diranno benedette, in te e nella tua discendenza, tutte le famiglie della terra. Ecco, io sono con te e ti proteggerò dovunque tu andrai; poi ti farò ritornare in questa terra, perché non ti abbandonerò senza aver fatto tutto quello che ti ho detto”. Giacobbe si svegliò dal sonno e disse: “Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo”. Ebbe timore e disse: “Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo”» (Gen 28,10-17)

Entrando in una chiesa barocca è frequentissimo che, alzando gli occhi, ci si imbatta – in mezzo ad un festoso andirivieni di linee curve che rimangono spezzate, come incompiute – in un cielo aperto. Tutto è scelto ad opera d’arte. Tutto è ricco di senso. In chiesa il cielo si apre sulla terra. Il mondo dell’uomo non è più chiuso in sé stesso ma si apre sul mondo di Dio. E questo mondo è festoso e accogliente, ci guarda con simpatia. Gli angeli sono rappresentati come bimbi: «Se non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 18,3). E lassù, nel mondo rinnovato, saremo proprio «come angeli del cielo» (22,30). Le linee curve sono i percorsi della vita e delle vicende umane: curve perché mosse nel fluire della storia, spezzate perché incompiute. Sempre incompiute davanti all’eterno: «Le cose visibili sono d’un momento, quelle invisibili sono eterne» (2 Cor 4,18). «Le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi» (Rm 8,18). «Il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria» (2 Cor 4,17). Non c’è proporzione, ma c’è direzione: la linea si apre verso il cielo, al cielo allude e al cielo conduce. Le linee della chiesa, di un edificio che è costruito qua in terra, ma in cui abita il Signore del cielo: «Ecco la dimora di Dio con gli uomini» (Ap 21,3). Spesso poi in mezzo agli angeli c’è la loro Regina – Maria Santissima – che essi circondano festosi e quasi in una gara di gloria. Allora, se appena ci si sofferma un momento, sale spontanea una preghiera e la chiesa diventa quello che è: casa di orazione. Luogo santo dove sempre di nuovo si stabilisce quel rapporto misterioso e profondo che lega l’uomo con Dio, la creatura con il suo creatore, il figlio con il Padre. Il rapporto fluisce come fra membri di una famiglia, perché la presenza della Madre crea il calore di una famiglia. Allora dal cuore sale l’incenso della lode e dell’adorazione e la vita dell’uomo trova la chiave del suo senso vero: «L’uomo è creato per lodare, riverire e servire Dio nostro Signore e in questo modo salvare la sua anima» (Sant’Ignazio di Loyola, Esercizi Spirituali, n. 23).
Certo pregare in chiesa è incomparabilmente meglio. Soprattutto se la chiesa è consacrata dalla divina presenza nel mistero dell’eucaristia. La luce (o le luci) della lampada accanto al Santissimo sono sentinelle di una ineffabile presenza che l’anima non tarda a percepire se appena si raccoglie in sé stessa. Quante cose possono succedere in quei momenti di intimità. Una curva spezzata può trovare il suo senso e tornare ad essere parte di un’armonia perduta. Ma anche se la chiesa è lontana dai percorsi della nostra vita e dei nostri impegni, l’anima stessa diventa piccola chiesa quando si rivolge a Dio nella preghiera. Luogo che lo Spirito Santo copre con la sua ombra e dove Maria – amata e cercata – ancora conserva tutte le cose del Figlio suo meditandole nel suo cuore immacolato (cfr. Lc 2,19.51). E la preghiera può diventare talmente abituale che tutto: lavoro, apostolato, gioie e dolori, cose facili e difficili, le banalità più banali della vita quotidiana, tutto, proprio tutto, diventa preghiera.
Ma un’altra chiesa può essere a nostra disposizione, quella che viene chiamata “chiesa domestica”: la famiglia. La famiglia, immagine della Trinità santa, trova la sua verità quando si raccoglie in divino colloquio con Dio. Il colloquio eterno di Dio diventa umano colloquio nel calore di una famiglia. Magari davanti ad una immagine sacra, nel piccolo santuario domestico o angolo della preghiera che la famiglia cristiana ha riprodotto nel suo seno per ovviare al vuoto di sacro di una società sempre più profana.
Mi vengono alla mente queste parole del Catechismo della Chiesa Cattolica, che lascio alla vostra meditazione: «La preghiera cristiana è una relazione di Alleanza tra Dio e l’uomo in Cristo. È azione di Dio e dell’uomo; sgorga dallo Spirito Santo e da noi interamente rivolta al Padre, in unione con la volontà umana del Figlio di Dio fatto uomo» (n. 2564). Questa relazione di alleanza la dobbiamo vivere quotidianamente, in unione con Maria santissima, dove l’Alleanza si realizzò in modo definitivo. Di lì e solo di lì può venire la risposta ai nostri problemi, ai problemi del nostro tempo e le energie per un apostolato difficile sì, ma entusiasmante. Tutte le volte che così viviamo il cielo è aperto sopra di noi e ride compiaciuto.

 

 

 

 

IL TIMONE N. 100 – ANNO XIII – Febbraio 2011 – pag. 60

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