Tra le varie forme di preghiera, quella liturgica ha un’importanza centrale nella vita cristiana. Perché? Cos’è la liturgia? Contrariamente a quello che può sembrare in superficie, la liturgia non è semplice rito, o semplice memoria collettiva fatta di formule. È importante capire che la liturgia (Santa Messa, celebrazione dei Sacramenti, …), più che azione dell’uomo, è azione di Dio. Infatti, non solo è stata istituita da Cristo stesso, nella sua vita terrena, tramite gesti e parole che ne sono diventati i segni vivificanti, ma è tuttora celebrata da Lui. Cristo ne è eternamente il celebrante. Il Concilio Vaticano II, nello splendido documento Sacrosanctum Concilium, definisce perciò la Liturgia «azione sacra per eccellenza”, e aggiunge: «Nessun’altra azione della Chiesa, allo stesso titolo ed allo stesso grado, ne eguaglia l’efficacia» (SC 7).
Questo perché ogni azione liturgica è direttamente «opera di Cristo sacerdote». Nella liturgia «Cristo associa sempre a Sé la Chiesa, sua sposa amatissima», e grazie a questo «gli uomini vengono santificati» (SC 7). Ecco perché la liturgia non è paragonabile con altre forme di preghiera (come quella personale), pure importanti: perché la liturgia ha un’efficacia sua, un’efficacia divina, è santificante.
Potremmo dire che la liturgia ha corpo e anima, proprio come un essere vivente. Ha un corpo fatto di materia, riti, formule, gesti, ed un’anima che è lo Spirito Santo stesso in azione, che vivifica tutta quanta la liturgia, operando la trasformazione dell’uomo. Questo insieme di segni visibili e realtà invisibili costituisce il Corpo Mistico di Gesù Cristo, che tramite la Chiesa ancora vive ed opera sulla terra. La liturgia è dunque continuazione della missione di Gesù. Attraverso gli apostoli ed i loro successori viene perpetuato quel «fate questo in memoria di Me», che la Chiesa fedelmente attualizza ancora oggi: la liturgia è, di fatto, la messa in pratica di tutta la sua teologia.
Attraverso i secoli la liturgia si riveste dei tesori dell’esperienza umana, si colora dei codici e dei linguaggi dell’arte, si arricchisce degli apporti delle diverse culture, perché la liturgia è da sempre composta da parti invariabili (l’iniziativa di Dio) e parti variabili (il contributo dell’uomo). In questo intreccio nuziale, i misteri liturgici realizzano costantemente la fusione tra il Cielo e la Terra, donandoci sia la comunione perfetta fra noi sia quella con la Chiesa trionfante del Paradiso. La nostra liturgia è del resto impronta di quella liturgia celeste con cui i beati rendono gloria a Dio (CCC 1137). E già ora «nella Liturgia terrena noi partecipiamo, pregustandola, a quella celeste,… verso la quale tendiamo come pellegrini» (LG 50).
In questo scambio vitale ogni iniziativa viene da Dio: è Dio che si china all’uomo e lo eleva. La Sua discesa (Katàbasi) provoca la nostra ascesa (anàbasi). Prima che l’uomo compia qualcosa per Dio, è dunque Dio che compie qualcosa per l’uomo. Noi possiamo celebrare con Cristo, per Cristo e in Cristo, perché Cristo ha operato con l’uomo, per l’uomo e nell’uomo. Le Sacre Letture, parte integrante della liturgia, ogni volta ci ricordano appunto questo: siamo salvati dalla opus Dei, l’opera di Dio compiuta sulla Terra e che prosegue nell’actio sacra della Liturgia.
L’intero ciclo liturgico ha per centro il Mistero Pasquale, col quale l’Opera di Salvezza giunge a compimento. L’anno liturgico riattualizza sempre l’incarnazione, la passione e la redenzione di Cristo, con un movimento apparentemente circolare (ripetitivo), ma in realtà “a spirale”, cioè tendente verso l’incontro ultimo della storia col suo Redentore (Parusia), cui la liturgia escatologicamente ci prepara. Per questo il Concilio definì la liturgia culmen et fons, «il culmine al quale tende l’azione della Chiesa, e nello stesso tempo la fonte da cui scaturisce tutta la sua virtù» (SC 10).
E al centro di questa azione sacra si staglia come un sole la divina Eucaristia, non solo nella celebrazione dei Sacri Misteri, ma anche come punto di convergenza degli spazi liturgici, del luogo sacro che è la chiesa, ove il Santo Tabernacolo appare non come semplice “riserva eucaristica”, ma come presenza viva di quel Cristo che ancora opera i prodigi della sua salvezza fra noi.
IL TIMONE – N. 75 – ANNO X – Lug/Agosto 2008 – pag. 61