Secondo alcuni l’ateismo è la condizione di possibilità dell’umanesimo. Ma i dati sociologici documentano al contrario la maggiore generosità, onestà, solidarietà dei credenti rispetto alle altre persone.
In questi ultimi anni stiamo assistendo ad una proliferazione di pubblicazioni secondo cui la religione genererebbe violenza ed intolleranza. Le stragi del terrorismo e le violenze vengono sempre più frequentemente attribuiti alla religione.
Sempre più spesso si sente ripetere che per instaurare una società a misura d'uomo è necessario estirpare la religione.
La tesi non è nuova. Infatti, negli ultimi secoli la critica alla religione si è intensificata a partire dall'Illuminismo, perché già diversi illuministi (non tutti) reclamavano l'ateismo come condizione di possibilità di un vero umanesimo, di una cultura e di una prassi di promozione dell'uomo per l'uomo.
Come valutare questi discorsi? Innanzitutto, bisogna dire che ci sono molte e differenti religioni. Ogni religione comporta dottrine intorno al divino, atti di culto attraverso i quali si esprime il rapporto dell'uomo con il divino e conseguenti condotte di vita, le quali cambiano da una religione all'altra: quindi, in ciascuna di esse, la teologia determina e richiede una corrispondente e diversa condotta. Ciò vale anche per il rapporto tra religione e violenza. Nell'lslam, ad esempio, c'è una possibile interpretazione del jihad che legittima e impone all'islamico il dovere della guerra santa, intesa come distruzione o sottomissione del non islamico. Questa interpretazione non è esclusiva (perché c'è anche l'interpretazione della guerra santa come lotta ascetica), ma è maggioritaria [lo ha messo in luce varie volte, tra gli altri, un islamologo di fama internazionale come Samir Khalil Samir, cfr.: G. Paolucci – C. Eid (a cura di), Cento domande sull'lslam. Intervista a Samir Khalil Samir, Marietti, Genova 2002, pp. 29-43;
http://www.rassegnastampa-totustuus.it/modules.php?name=News&file=article&sid=2017], anche se molti lo negano.
Ma è vero che estirpare il cristianesimo consente di instaurare l'umanesimo ed una società a misura d'uomo? È stato veramente questo il risultato delle ideologie laiciste ed antiteiste? La smentita viene dalla storia del Novecento, dai genocidi moderni e dai totalitarismi, che hanno cercato di cancellare Dio dalla storia ed hanno prodotto le più grandi e mostruose carneficine.
C'è poi una versione più moderata della tesi che stiamo esaminando. C'è, infatti, chi dice che i credenti non sono moralmente migliori rispetto agli altri uomini, che li eguagliano o anzi li precedono nella solidarietà e nella sollecitudine verso gli altri. Ora, le professioni di umiltà fanno sempre bene e, in certi casi, è vero che ci sono atei moralmente migliori dei credenti. Ma, mediamente parlando, le cose non stanno così.
Lo documentano alcune pubblicazioni (cfr. bibliografia) della Heritage Foundation, che hanno preso in considerazione e sintetizzato decine di studi sociologici condotti negli Stati Uniti.
Ci limitiamo a riportare qualche esempio.
La percentuale di coloro che sono stati coinvolti in scontri violenti è del 27,7% tra coloro che hanno una pratica religiosa settimanale, del 33,5% tra coloro che hanno una pratica religiosa mensile e del 37,9% tra coloro che non sono praticanti.
Il 7,7% di coloro che esercitano una pratica religiosa settimanale consuma droghe, contro l’11,2% di coloro la cui pratica religiosa è mensile e il 17 ,9% di coloro che non sono praticanti.
Il 12,7% di coloro che esercitano una pratica religiosa settimanale ha commesso un furto del valore di più di 50 dollari, contro 14,4% di coloro la cui pratica religiosa è mensile e il 18,7% di coloro che non sono praticanti.
La percentuale di coloro che sono stati sospesi da scuola è del 20% tra coloro che esercitano una pratica religiosa settimanale, del 27,6% tra coloro la cui pratica religiosa è mensile e del 38,9% tra coloro che non sono praticanti.
La religione comporta poi una diminuzione di violenza e criminalità.
Tanto per incominciare, quanto più i mariti sono praticanti, tanto più le loro mogli vengono affettuosamente amate. E quanto più i genitori sono religiosi, tanto più amano i loro figli.
Inoltre, tra coloro che hanno una pratica religiosa settimanale c'è una diminuzione del 50% degli atti di violenza verso la moglie o il marito.
Ancora, le persone religiose commettono meno omicidi e meno suicidi.
Tra i figli le cui madri sono religiose c'è una diminuzione del 9% degli atti di delinquenza giovanile.
La religione comporta una diminuzione di criminalità e delinquenza anche perché i credenti divorziano di meno ed hanno famiglie più solide; viceversa, quando la famiglia si sfascia dilaga la violenza. Spesso sentiamo dire che in famiglia avvengono moltissimi delitti. In realtà, la violenza e i delitti in famiglia ci sono, ma sono rari e aumentano clamorosamente quando la famiglia non c'è o si disgrega (per dei dati al riguardo cfr. il Timone, n. 63 [2007], pp. 14-15).
Inoltre, il 67% dei credenti fa del volontariato ogni anno, contro il 44% di coloro che non sono credenti o non sono praticanti.
Da rilevare, inoltre, che più del 90% dei credenti fa della beneficenza ogni anno, rispetto al 67% di coloro che non sono credenti o non sono praticanti.
Questa maggiore generosità dei credenti si riproduce in tutte le situazioni: essi donano il sangue due volte di più, cedono più spesso il posto a sedere, restituiscono più spesso il resto sbagliato ad un cassiere, ecc.
Si obbietta: la differenza dipende dal reddito, dalla razza o dalla regione in cui si vive.
Ma non è vero, perché considerando persone il cui status sociale e il cui reddito sono simili, si rileva che le differenze nella beneficenza e nella generosità perdurano. La differenza dipende, quasi del tutto, dal tasso di religiosità.
Si potrebbero cercare molte spiegazioni della maggiore generosità, onestà, solidarietà dei credenti rispetto alle altre persone.
Ne suggeriamo noi alcune: i credenti sanno di essere visti da Dio anche quando nessuno li vede e agiscono per paura di un castigo nell'al di là e/o in vista di un premio e/o per amore di Dio e/o perché percepiscono maggiormente il valore o il disvalore degli atti umani. Alcuni soggetti sono motivati solo da alcune di queste ragioni, altri da più di una, altri da tutte. Inoltre, i cristiani sono sostenuti ed aiutati da Dio nel compimento di questi atti, mediante la grazia, che ottengono con i sacramenti e la preghiera.
Ad ogni modo, quali che siano le ragioni, ciò che qui ci interessa è un dato di fatto:
la religione ha un notevole beneficio sociale, migliora i costumi e la società. Sappiamo bene che non è un discorso politicalIy correct, e ribadiamo che bisogna restare umili. Ma una cosa è certa: colpire la religione vuoi dire danneggiare gravemente la società.
«Una salda e crescente evidenza proveniente dagli studi delle scienze sociali dimostra che la pratica religiosa regolare è benefica per gli individui, per le famiglie, per le comunità e dunque per lo Stato nel suo complesso".
(
www.heritage.org/Research/Religion/bg1992.cfm, p.18).
IL TIMONE N. 70 – ANNO X – Febbraio 2008 – pag. 14-15