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12.12.2024

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La tavola della Pasqua cristiana
31 Gennaio 2014

La tavola della Pasqua cristiana

 

 


Perché a Pasqua si mangiano la colomba, l’uovo e l’agnello? Il significato di antichissime tradizioni, profondamente intrise di spirito religioso.

Nel 1096 il fiorentino Pazzino de’ Pazzi, crociato agli ordini di Goffredo di Buglione, portò con sé tornando a Firenze due schegge di pietra del Santo Sepolcro di Cristo: da quel momento, ogni anno, la domenica di Pasqua a mezzogiorno viene acceso all’interno della cattedrale il “fuoco sacro” con le scintille scaturite dalle sante schegge. Il fuoco accenderà a sua volta la cosiddetta “colombina”, un petardo a forma di colomba che, scorrendo su un filo di metallo, appiccherà il fuoco ai mortaretti celati fra i drappeggi del carro o “brindellone”, che “scoppierà” così fra il giubilo della folla accorsa. Lo “scoppio del carro”, come viene chiamata la singolare cerimonia, era una volta un rito propiziatorio per il buon raccolto, il benessere e la pace, ma cela un significato più profondo. Il carro può essere interpretato come il Santo Sepolcro, i fuochi simboleggerebbero la resurrezione di Cristo, mentre la “colombina” potrebbe identificarsi sia con lo Spirito Santo che effonde il “fuoco divino” sui fedeli, sia con il Cristo risorto che porta la luce ai cristiani.
Anche il dolce a forma di colomba, che si consuma alla fine del pasto pasquale, può avere diversi significati come diversi sono i simbolismi che la colomba ha assunto nel passato: può essere il simbolo del Cristo risorto che porta la pace agli uomini di buona volontà, ma anche dello Spirito Santo che dona la luce ai fedeli; oppure, come la “Grande Madre” dell’antichità, può significare contemporaneamente l’amore, la fecondità, la pace, il risveglio della natura nella primavera appena arrivata.
Quest’ultimo simbolismo viene sottolineato dai numerosi ingredienti che farciscono il dolciume, come i frutti canditi, l’uvetta, le mandorle: una sinfonia di sapori, chiaro richiamo all’abbondanza di prodotti della bella stagione.
Fecondità e rinascita sono anche simbolismi delle uova che si consumano a Pasqua, tant’è vero che in molte cattedrali si deponeva una volta, il giovedì santo, un uovo di struzzo nel sepolcro rituale insieme con la Eucaristia e lo si ritirava il giorno di Pasqua cantando: “Surrexit Dominus Vere: Alleluia!”. D’altronde già nel IV secolo i cristiani si scambiavano le uova benedette come simbolo del Cristo risorto: l’usanza era talmente diffusa che la Domenica di Resurrezione era chiamata Pasqua dell’Uovo. In ogni caso, dalla specifica funzione dell’uovo come generatore di vita nasce il suo simbolismo pasquale: il mistero del passaggio dalla morte alla vita.
Le uova che si scambiano i cristiani durante le festività pasquali sono dunque un augurio di rinascita: mangiando l’uovo si propizia la vita eterna. Perciò esso è presente in tanti cibi di Pasqua, come ad esempio nella “torta pasqualina” di Genova; oppure nelle “cuddhure” salentine, dolci di Pasqua confezionati a forma di colomba, cestino, gallo, pupazzi, che hanno al centro un uovo sodo col guscio colorato fermato da due strisce di pasta incrociate. Frutto di antichissime credenze è sicuramente il pane pasquale sardo chiamato “angulla”, a forma di serpente acciambellato con un uovo dipinto di rosso o di viola – i colori della vita e della resurrezione – incastonato nel centro. Rosse sono anche le uova che nella Chiesa ortodossa d’Oriente vengono offerte a Pasqua, e infatti a Piana degli Albanesi (Palermo), la città fondata nel 1486 dagli albanesi fuggiti dai turchi, si celebra ancora la Pasqua con la distribuzione in chiesa delle uova sode tinte di rosso.
Quanto agli agnelli tradizionalmente consumati nel pranzo pasquale, l’usanza risale alla “Pesah”, o Pasqua ebraica, quando ne venivano immolati uno per famiglia come aveva ordinato il Signore a Mosè e ad Aronne: “…ognuno si procuri un agnello per famiglia, e se questa fosse troppo piccola per consumarlo si assocerà al suo vicino (…). In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco, con azzimi ed erbe amare (…). È la Pasqua del Signore! Questo giorno lo celebrerete di generazione in generazione, come un rito perenne…”. A quella ebraica si ricollega la Pasqua cristiana: non a caso Gesù morì in occasione della “Pesah”, come vero agnello sacrificale; sicché il significato della pietanza pasquale più tradizionale, non solo in Italia ma in tutto il mondo cristiano, è palese: è simbolo del Cristo sacrificato sulla Croce per la salvezza dell’umanità. D’altronde, già san Giovanni Battista lo aveva profeticamente salutato nelle rive del Giordano con queste parole: «Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo».
Dunque mangiando l’agnello la domenica di Pasqua si commemora il sacrificio divino, ma anche il trionfo del Figlio di Dio risorto e seduto in cielo alla destra del Padre, come narra infatti Giovanni nell’Apocalisse: «Vidi ritto in mezzo al trono, circondato dai quattro esseri viventi e dai vegliardi, un Agnello, come immolato… E l’Agnello giunse e prese il libro dalla destra di Colui che era seduto sul trono… Tutte le creature del cielo e della terra, sotto la terra e nel mare, udii che dicevano: “A colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza nei secoli dei secoli”».
RICORDA

“Il Signore disse a Mosè e ad Aronne nel paese d’Egitto: «(…) Parlate a tutta la comunità di Israele e dite: il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per consumare un agnello, si assocerà al suo vicino, al più prossimo della casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l’agnello, secondo quanto ciascuno può mangiarne. Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell’anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo serberete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l’assemblea della comunità d’Israele lo immolerà al tramonto. (…) È la pasqua del Signore»”.
(Esodo 12, 1-5-11).
IL TIMONE – N. 32 – ANNO VI – Aprile 2004 – pag. 18 – 19
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