Nel 1968 comincia una opposizione organizzata dentro la Chiesa contro il Papa. Nasce e si sviluppa un atteggiamento che ha come obiettivo il rifiuto del Magistero ordinario. Invece, ci vuole umiltà e obbedienza per non perdere la fede
Effettivamente il 1968 è stato un anno emblematico, durante il quale sono cominciate tante cose, tutte molto importanti, e particolarmente negative. Mi riferisco naturalmente alla rivoluzione culturale che porterà sempre il nome di quell’anno, il Sessantotto, ma anche, all’interno della Chiesa, all’inizio della contestazione organizzata al Magistero pontificio e dei vescovi in comunione con il Papa, che appunto comincia a manifestarsi proprio contro l’enciclica del beato Paolo VI sul tema della sessualità, l’Humanae vitae, che esce il 25 luglio 1968.
La contestazione organizzata dopo l’Humanae vitae
L’enciclica di Paolo VI è molto di più che il rifiuto della contraccezione come contraria al progetto di Dio sulla sessualità e sul matrimonio. Tuttavia faceva comodo presentarla così, riduttivamente, per favorirne la contestazione, che purtroppo coinvolse anche significativi ambienti cattolici. In realtà, l’enciclica contiene una riflessione sul valore della sessualità nel piano di Dio e sulla bellezza del matrimonio, che poi verrà ripresa e sviluppata nelle catechesi di san Giovanni Paolo II, dal 1979 al 1984, le catechesi sull’amore umano da cui nascerà la cosiddetta “teologia del corpo”, un vero e proprio insegnamento sul tema, con anche una parte, la terza, dedicata esplicitamente a spiegare il valore profetico dell’Humanae vitae.
Da quell’anno il Magistero verrà contestato in diversi modi e con una certa costanza. Il primo e più semplice dei modi è quello di non tenerne conto, semplicemente: molti, anche cattolici autorevoli, fanno finta di niente e continuano a dire e fare quello che ritengono meglio, senza confrontare quello che pensano e dicono con il Magistero. Lo denunciò un vescovo durante il Sinodo del 1985, nel ventesimo anniversario della chiusura del Concilio. Forse ancora più grave è il fatto che molti cattolici non si pongano neppure il problema della consonanza della loro appartenenza alla Chiesa con le indicazioni del Magistero.
Un altro modo è quello che avvenne durante il pontificato di Giovanni Paolo II, quando, nel 1989, diversi teologi europei raccolsero firme contro il magistero del Papa, in particolare quello morale. Anche in questo caso il problema era l’Humanae vitae, accusata di indebita ingerenza della Chiesa nella vita privata dei fedeli. Questi teologi, infatti, sostenevano che il Magistero infallibile è soltanto quello straordinario e su tutto il resto si può dissentire. Era ed
è la giustificazione ideologica per eliminare l’importanza del Magistero ordinario, quello che guida la Chiesa tutti i giorni, aiutando i fedeli a valutare ciò che avviene nel mondo alla luce del Vangelo. È vero che il Magistero ordinario non è infallibile, ma è altrettanto vero che va obbedito, se non vogliamo pensare che gli unici pronunciamenti della Chiesa negli ultimi due secoli meritevoli di obbedienza siano il dogma dell’Immacolata Concezione (1854), quello dell’infallibilità pontificia al Concilio Vaticano I (1870) e quello dell’Assunzione di Maria (1950). Sarebbe un grave errore ridurre l’obbedienza al solo Magistero straordinario e sarebbe anche qualcosa di ridicolo.
La posta in gioco
L’Humanae vitae ha sempre rappresentato un problema, un termine di confronto, quasi uno scandalo che divide. Giovanni Paolo II la riprese dedicandole la terza parte delle sue catechesi e poi in tante altre occasioni.
Lo stesso farà il suo successore Benedetto XVI. Oggi papa Francesco la difende come profetica nell’intervista al direttore del Corriere della Sera e poi ne ha ripreso i temi di fondo recentemente, parlando ai medici cattolici italiani il 15 novembre e in un colloquio organizzato dalla Congregazione per la dottrina della fede sulla complementarietà fra uomo e donna, tenuto due giorni dopo, il 17 novembre. Vi è un collegamento importante fra quanto scrisse il beato Paolo VI in quell’enciclica e il successivo sviluppo dell’ideologia gender, che mette in discussione la stessa differenza sessuale fra il maschio e la femmina, così come un evidente legame si trova nel rifiuto della vita che viene eliminata con l’aborto con la pretesa di averla a ogni costo, attraverso la fecondazione artificiale. In tutti e tre i casi siamo di fronte al rifiuto e alla ribellione contro la realtà.
Questa lotta ideologica in nome di una visione parziale della realtà e dell’uomo in certi casi riesce a penetrare in alcuni cattolici e a portarli a perdere fiducia nella Chiesa, nella Gerarchia e nella funzione del suo Magistero. Si ripete ancora oggi nei confronti del Magistero, quanto accadeva nel 1989 di fronte all’Humanae vitae, che veniva ritenuta non infallibile, appunto perché espressione di un magistero né solenne né straordinario.
La posta in gioco allora come oggi era e rimane non soltanto il tema della contraccezione e della sua collocazione nella teologia morale, ma tutta la vita di fede della Chiesa.
Infatti, mettere in discussione l’autorità dell’enciclica di Paolo VI e in generale mettere in discussione il Magistero ordinario della Chiesa significa vanificare la stessa funzione d’insegnamento divinamente istituita da Gesù Cristo e affidata al Pontefice e ai vescovi in comunione con lui, che è il modo abituale di intervenire da parte dell’autorità nella vita concreta della Chiesa. All’origine c’è una mancanza di fiducia e di obbedienza che provengono dal Sessantotto, quando appunto inizia la contestazione anche all’interno della Chiesa, con il rigetto dell’enciclica Humanae vitae che si ripeterà nel tempo.
Prima che intellettuale e dottrinale, il problema riguarda l’umiltà e il realismo dei fedeli.
Si tratta di accogliere tutto quanto la lunga storia della Chiesa ci ha affidato e di volere essere in comunione con essa, con i suoi pastori, quelli che concretamente la Provvidenza ci ha affidato. Bisogna continuare a porsi e a porre tante domande, ma senza la pretesa di capire tutto, di saper rispondere a qualsiasi quesito. Bisogna ragionare, ma non pretendere di risolvere illuministicamente ogni cosa con la sola ragione.
La ragione va usata ma non adorata, come invece pretesero di fare i rivoluzionari a Parigi dopo il 1789. E, d’altra parte, la stessa ragione va sottomessa a Dio, suo Signore. â–
Ricorda
«Tutto dipende da come viene interpretata l’Humanae Vitae. Lo stesso Paolo VI, alla fine, raccomandava ai confessori molta misericordia, attenzione alle situazioni concrete. Ma la sua genialità fu profetica, ebbe il coraggio di schierarsi contro la maggioranza, di difendere la disciplina morale, di esercitare un freno culturale, di opporsi al neo-malthusianesimo presente e futuro. La questione non è quella di cambiare la dottrina, ma di andare in profondità e far sì che la pastorale tenga conto delle situazioni e di ciò che per le persone è possibile fare. Anche di questo si parlerà nel cammino del Sinodo».
(Intervista di papa Francesco al direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli, 5 marzo 2014).
Per saperne di più…
Francesco, Discorso all’Associazione Medici Cattolici Italiani, 15 novembre 2014.
Idem, Discorso al Colloquio sulla complementarietà tra uomo e donna promosso dalla Congregazione per la dottrina della fede, 17 novembre 2014.
Pietro Cantoni, Il Magistero contestato, in Cristianità, n. 174/1989.
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